Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-03-2011) 03-05-2011, n. 17162

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l P.G. Dott. MONETTI Vito che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.O., tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 16.11.2010, con cui il GIP di Roma rigettava la richiesta della ricorrente stessa, volta ad ottenere la di restituzione della somma di Euro 44.150, sequestrata, a fini probatori, all’esito di una perquisizione presso l’abitazione di tale D.V., il quale aveva dichiarato che la somma apparteneva alla odierna ricorrente, sua convivente.

Il GIP motivava il rigetto di detta richiesta rilevando: dal verbale di perquisizione emergeva che il D., pur affermando che il denaro apparteneva alla R., lo aveva comunque consegnato spontaneamente agli ufficiali di P.G. così dimostrando che ne aveva la disponibilità; dai documenti prodotti dalla R., come prova della sua qualità di socia ed amministratrice della società DNIPRO s.r.l., non emergeva che tale società avesse prodotto utili significativi.

La ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:

a)dalle indagini preliminari non risultava in modo certo la provenienza diretta ed immediata della somma sequestrata dal reato, nè il denaro era stato mai identificato o contrassegnato nel corso delle operazioni di P.G.;

b) il GIP non aveva valutato le prove offerte dalla ricorrente a sostegno di detta richiesta, quali i prelievi bancari sul conto della società di cui era socia ed il contratto di locazione intestato alla ricorrente, relativo all’abitazione ove era stato trovato il denaro in sequestro.

Il ricorso è infondato.

La motivazione del GIP posta a fondamento del rigetto di detta domanda della ricorrente è del tutto corretta e conforme alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte che, in materia di richiesta di restituzione di somme sequestrate ha, fra l’altro, ribadito che, ove si tratti di denaro depositato su conto corrente, non sarebbe sufficiente che il richiedente la restituzione sia intestatario formale del conto, occorrendo la prova effettiva dell’appartenenza del denaro sequestrato e dello "ius possidendi" da parte di colui che vanti su di esso una pretesa giuridicamente meritevole (Cfr. Cass. n. 48128/2009; n. 26475/2009).

Il riferimento, nei motivi di ricorso, ai prelievi bancari sul conto della società di cui la ricorrente era socia, non integrava, pertanto, come logicamente osservato nel provvedimento impugnato, una circostanza di per sè "probante della effettiva disponibilità della somma in capo alla O. di quel danaro", soprattutto in considerazione del fatto che dal bilancio di esercizio non emergeva che i soci avessero conseguito utili significativi.

Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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