Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-05-2011, n. 2601 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

, e l’avvocato dello Stato Vitale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana n. 809/2000, il dr. A. V., ricercatore in servizio presso l’Università degli studi di Firenze, impugnava il provvedimento n. 2132 in data 23 febbraio 2000, con il quale il Rettore aveva disposto la sua cessazione dal servizio, nonché il presupposto verbale della commissione per i giudizi di conferma in ruolo dei ricercatori, gruppo P01, in data 24 gennaio 2000.

Egli lamentava la violazione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza con la quale lo stesso Tribunale aveva annullato un primo provvedimento di mancata conferma, lamentando che la commissione interna di valutazione ha operato, nella rinnovazione degli atti, in composizione diversa dalla precedente, in violazione del giusto procedimento in quanto dopo l’annullamento, da parte del Consiglio di Stato, della misura cautelare disposta nel corso del primo giudizio l’Amministrazione ha continuato il procedimento anziché sospenderlo, ed eccesso di potere sotto vari profili, avendo la commissione nazionale equivocato sui titoli da valutare ed in particolare nell’individuazione di quelli già valutati nel triennio di riferimento, chiedendo quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo della Toscana, Sezione I, respingeva il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza propone appello il dr. A. V., contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato per le Amministrazioni appellate, chiedendo il rigetto del gravame.

L’appellante ha depositato memoria.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 5 aprile 2011.

3. Le argomentazioni dedotte con l’appello in epigrafe non possono essere condivise.

3a. L’appellante sostiene in primo luogo l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto la commissione interna all’Università di Firenze, che ha esaminato la sua istanza di conferma in servizio nel rinnovo del relativo procedimento dopo l’annullamento, da parte del Tribunale amministrativo della Toscana, di un precedente provvedimento di diniego, ha agito in composizione diversa da quelle nella quale aveva provveduto in precedenza, in quanto un docente era stato, nel frattempo, trasferito ad altra Università.

Ad avviso dell’appellante ciò costituirebbe violazione del giudicato, in quanto il procedimento doveva essere condotto dall’organo con la partecipazione degli stessi soggetti che ne avevano fatto parte in precedenza.

La tesi non può essere condivisa.

La commissione interna, così composta, ha espresso il giudizio non favorevole sulla conferma dell’odierno appellante.

Quest’ultimo rileva che il primo annullamento è stato motivato con riferimento ad un errore nella composizione della commissione interna, che il TAR aveva ritenuto inficiasse l’atto conclusivo.

Anche in quella occasione la commissione aveva espresso parere non favorevole alla conferma.

Il TAR aveva affermato il rilevo assorbente dell’interesse del ricorrente alla rinnovazione degli atti, in vista dell’acquisizione di una chance di ottenere il provvedimento favorevole.

Ossetva al riguardo il Collegio che, per la consolidata giurisprudenza (C. di S., V, 25 febbraio 2004, n. 764), "la sostituzione dei componenti della commissione esaminatrice, in un pubblico concorso, è facoltativa nei confronti di chi ha perso lo "status" di dipendente, in base al quale era stato chiamato a far parte della stessa commissione, se ciò avviene quando la procedura concorsuale è ancora in atto, mentre è obbligatoria se alcuni di essi non sono più legittimati a far parte della commissione".

Di conseguenza, la sostituzione di un componente della commissione, resa necessaria dal suo trasferimento ad altro ateneo, non inficia la determinazione conclusiva del collegio.

L’argomentazione deve, in conclusione, essere disattesa.

3b. L’appellante riferisce poi che nel corso del precedente giudizio il provvedimento negativo era stato sospeso in primo grado, e l’Università aveva conseguentemente ripreso il procedimento.

A suo avviso, illegittimamente l’Amministrazione non lo ha interrotto dopo che l’ordinanza del Tribunale amministrativo era stata riformata in appello.

La tesi è infondata in quanto l’Amministrazione, così facendo, ha attribuito all’appellante un’utilità alla quale non aveva diritto, attribuendogli la possibilità di ottenere la conferma nonostante l’assenza di un provvedimento giurisdizionale esecutivo.

In altri termini, l’ordinanza di questo Consiglio n. 1902 del 22 ottobre 1999 aveva respinto l’istanza cautelare viceversa accolta dal TAR ed aveva fatto venire meno il dovere dell’Amministrazione di riesaminare la posizione dell’appellante: questi non si può dolere del fatto che – sua sponte – l’Amministrazione abbia inteso rinnovare il procedimento, per la rivalutazione della sua posizione (peraltro poi conclusasi in senso negativo, con la conferma del giudizio di inidoneità).

3c. L’appellato sostiene infine che la Commissione centrale ha errato nel valutare le sue pubblicazioni edite nel triennio rilevante per il procedimento di cui si tratta.

La commissione centrale ha infatti affermato che tre lavori sono mere "integrazioni di precedenti scritti" e "l’apporto dei tre lavori integrativi è sicuramente inferiore a quello dei tre lavori di riferimento".

L’uso del plurale dimostrerebbe l’errore in quanto l’appellante, nel precedente triennio, ha prodotto una sola pubblicazione.

L’Amministrazione, quindi, non avrebbe correttamente delimitato il novero delle pubblicazioni da prendere in considerazione.

L’argomentazione va respinta, in considerazione della documentazione acquisita.

E’ vero che nel triennio precedente l’appellante ha presentato solo una pubblicazione a stampa e due dattiloscritti.

Nel rinnovo delle operazioni la commissione ha preso in esame anche questi ultimi, erroneamente qualificandoli pubblicazioni.

Peraltro, l’appellante non ha dimostrato l’incidenza dell’errore semantico, molto probabilmente dovuto ad un semplice refuso, sulla correttezza del ragionamento della commissione.

Invero, il fatto che la commissione abbia allargato l’esame alla complessiva produzione scientifica del candidato costituisce scelta per lui favorevole, salvo che nell’ipotesi in cui lavori meno riusciti siano illegittimamente inseriti fra quelli da considerare allo scopo di controbilanciare il peso di opere di maggiore spessore.

Nel caso di specie, la commissione non ha rinvenuto alcuna opera indicativa del raggiungimento, da parte dell’appellante, della maturità scientifica necessaria per ottenere la conferma nel ruolo dei ricercatori.

I lavori dattiloscritti non possono essere lavori di gran peso, posto che non hanno acquistato la dignità di pubblicazioni.

Essi sono stati rielaborati e presentati come pubblicazioni nel corso del procedimento di cui si tratta, e la commissione li ha qualificati mere integrazioni, evidentemente di lavori di non grande pregio.

Sulla base di tali osservazioni appare evidente che la commissione non ha ravvisato elementi di interesse in nessuna delle pubblicazioni dell’appellante, e tale giudizio rientra, evidentemente, nella sfera di valutazione discrezionale della commissione.

Afferma, in conclusione, il Collegio che l’appellante non ha dimostrato l’illogicità, o l’errore sui presupposti, del giudizio sfavorevole della commissione.

4. L’appello deve essere respinto, essendo risultate infondate le censure dedotte.

Le spese del secondo grado devono essere poste a carico dell’appellante, contenute nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 3608/06, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento di spese ed onorari del giudizio che liquida in complessivi Euro 500,00 (cinquecento/00), oltre agli accessori di legge, se dovuti, in favore delle parti appellate, in solido.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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