Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-03-2011) 03-05-2011, n. 17111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.O., tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 30.9.2010, con cui la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza 20.10.2009 del Tribunale di Milano che aveva condannato il L. alla pena di anni 6, mesi 6 di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa per i reati, unificati dalla continuazione, di usura pluriaggravata, estorsione aggravata e tentata estorsione, con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici,interdizione legale durante l’esecuzione della pena e confisca di quanto in sequestro. Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche; la Corte di merito non aveva tenuto conto dell’età dell’imputato (ultrasettantenne), delle sue condizioni di salute precarie e del fatto che i precedenti penali erano datati nel tempo e riguardavano reati di scarso allarme sociale, non risultando, peraltro, collegamenti del L. con ambienti criminali;

2) mancata assunzione di prova decisiva, avendo la Corte d’Appello escluso l’escussione della madre della parte offesa, unico teste presente ai fatti di cui al capo 2) dell’imputazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il diniego delle attenuanti generiche risulta congruamente motivato in relazione alla gravità dei fatti ascritti ed alle numerosissime condanne subite dall’imputato, recidivo specifico e con una personalità criminale espressione "di una radicata e non modificabile scelta di vita".

Secondo la giurisprudenza in materia, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati dall’art. 133 c.p., potendo assolvere al suo obbligo motivazionale, limitandosi a fare riferimento, nella determinazione della pena, alla consistenza dei fatti contestati ed alla pericolosità dell’imputato, come avvenuto nella specie (Cfr. Cass. n. 42688/08; n. 1666/97).

Del tutto genericamente il ricorrente qualifica come "decisiva" la testimonianza della madre della persona offesa,lamentandone la mancata escussione, in assenza di valide indicazioni idonee a superare il compendio probatorio posto a base della decisione impugnata. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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