Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-03-2011) 03-05-2011, n. 17110

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Varese giudicava con il rito ordinario C. M. G.R. Imputati di concorso nei reati a) sequestro di persona a scopo di estorsione, ex artt. 110 e 630 c.p. perchè sequestravano Co.Ri., prelevandolo con un tranello dalla sua abitazione di Varese e lo conducevano in un appartamento sito in Travedona ove lo tenevano sotto controllo con la minaccia di una pistola, così privandolo della libertà personale per circa quindici ore e liberandolo dopo il pagamento della somma di Euro 50.000 effettuato in favore degli imputati C. e G. da un socio della vittima;

b) detenzione e porto abusivo della pistola – tipo arma da guerra – utilizzata per compiere il sequestro di cui sopra;

Fatti avvenuti in data (OMISSIS);

con l’aggravante ex art. 112 c.p., n. 2 per il C. e con la recidiva specifica e reiterata per entrambi;

al termine del giudizio il tribunale, con sentenza del 01.07.2009, riteneva che nei fatti di cui al capo a) fossero ravvisabili le due distinte ipotesi delittuose di cui all’art. 605 c.p., e art. 629 c.p., comma 2 e, previa equivalenza fra le circostanze attenuanti generiche da un lato e le circostanze aggravanti e recidiva dall’altro, applicata la continuazione tra i reati, condannava ciascuno degli imputati alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 1.000 di multa ciascuno;

La corte di appello di Milano, investita del gravame del PM e della parte civile, in riforma della sentenza di primo grado, riqualificava la condotta di cui al capo A) in quella prevista dall’ari 630 c.p., escludeva la recidiva contestata agli imputati e, riconosciute per entrambi le circostanze attenuanti generiche, prevalenti sull’aggravante ex art. 112 c.p., n. 2 per il C., rideterminava la pena condannando: il C. alla pena di anni 18 mesi 4 di reclusione e il G. alla pena di anni 17 mesi 8 di reclusione;

Il PG e il Difensore degli imputati ricorrono per cassazione con distinti ricorsi, deducendo:

Avv. Titta Madia per gli imputati:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c).

1)-il ricorrente censura la decisione impugnata per avere disapplicato i criteri dell’art. 533 c.p.p., comma 1 che consente la condanna solo ove la prova sia addotta al di là di ogni ragionevole dubbio;

-la sentenza impugnata sarebbe da censurare per non avere valutata una per una le ragioni esposte dal Tribunale nella sentenza di 1^ grado;

-in particolare la Corte di appello avrebbe errato nella valutazione dell’elemento soggettivo del reato che, invece, era stato ben individuato dal Tribunale sulla scorta delle dichiarazioni della parte offesa Co., laddove aveva evidenziato che il denaro era stato richiesto per compensare le spese sopportate dai sequestratori ma non sarebbe stato mai indicato come condizione per la sua liberazione;

-la sentenza impugnata era da censurare per avere valorizzato solo alcuni passaggi delle dichiarazioni del Co., incorrendo così nel vizio di travisamento della prova avendo omesso di valutare l’intera dichiarazione del teste, facendo così risultare un elemento probatorio diverso da quello emergente dall’atto processuale;

-la decisione era erronea per non avere riscontrato l’obiettiva contraddittorietà degli elementi indiziari acquisiti, sicchè non poteva darsi per certo che il versamento del denaro fosse condizione necessaria per la liberazione della vittima, circostanza dirimente a fini della qualificazione del fatto secondo l’ipotesi dell’art. 605 c.p. come ritenuto dal tribunale ovvero secondo quella di cui all’art. 630 c.p. come ritenuto dalla Corte di appello;

PG:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e);

1 )-il PG ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge ed illogicità avendo ritenuto che non fosse stata contestata la recidiva specifica e reiterata che, invece, era contestata ed era anche obbligatoria ex art. 997 c.p., comma 5, avendo gli imputati commesso un nuovo delitto incluso fra quelli indicati dall’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a);

-la sentenza impugnata era da censurare, sia per aver ritenuto che la recidiva contestata fosse facoltativa, così da poterla escludere, e sia per omessa motivazione, non avendo indicato le ragioni per tale esclusione;

2)-il ricorrente censura, inoltre, la motivazione impugnata per manifesta illogicità riguardo al trattamento sanzionatorio, avendo applicato le attenuanti generiche nella loro massima espansione ritenendone anche la prevalenza sull’aggravante mentre, per la gravità del fatto e le modalità dell’azione, avrebbe dovuto contenere il giudizio di comparazione nell’ambito dell’equivalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti;

Entrambi CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

C. e G.:

I ricorrenti lamentano che la sentenza di appello avrebbe trascurato gli elementi probatori dimostrativi della mancanza dell’elemento soggettivo del reato contestato ex art. 630 c.p., illogicamente sminuendo le ragioni esposte dal Tribunale nella sentenza di primo grado, ma si tratta di un motivo che non coglie nel segno atteso che la Corte territoriale, lungi dal trascurare la motivazione del giudice di primo grado ne ha analizzati, punto per punto, i vari passaggi in piena uniformità al principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità. (Cassazione penale, sez. 6, 29/04/2009, n. 22120).

Riguardo al reato contestato al capo A), la corte territoriale dopo avere esaminato la condotta degli imputati alla stregua dei principi del sequestro di persona, ha sottolineato di non potere condividere la tesi del tribunale laddove motivava che "il C. fin dalle prime battute del sequestro aveva dichiarato al Co. che i 50.000 Euro sarebbero serviti alla copertura delle spese affrontate dal quartetto … senza esplicitamente affermare che, in caso contrario, l’ostaggio non sarebbe rientrato in casa";

La Corte di appello sottolinea, invece, che al di là dell’atteggiamento apparentemente rispettoso assunto dai sequestratori e della versione del "rimborso spese" riferita dal Co. nei passaggi segnalati, andava valorizzata la deposizione del socio di quest’ultimo, a nome: S., incaricato dal primo per provvedere al pagamento, il quale aveva riferito che in una comunicazione telefonica ricevuta da uno degli autori del delitto costui "continuava a ribadire la richiesta (di pagamento di Euro 50.000;, dicendo che in questo modo R. ( Co.; sarebbe tornato a casa in serata o domani";

opportunamente la Corte di appello sottolinea che tale circostanza era nota anche allo stesso Co. il quale, chiamando al telefono il S., gli ricordava che: "se il socio non avesse consegnato i 50.000 Euro, non sarebbe stato rilasciato dalle persone con le quali in quel momento si trovava" (pag. 6 motivaz.).

Si tratta di una motivazione congrua, perchè evidenzia appieno tutti gli estremi del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, segnalando, in conformità ai canoni di comune conoscenza, gli elementi di prova dai quali emerge che il pagamento della somma, indipendentemente dalla motivazione di un eventuale rimborso spese, era da effettuarsi allo scopo di ottenere la liberazione del sequestrato, essendo evidente "Il collegamento funzionale fra sequestro e richiesta di denaro perla liberazione dell’ostaggio" (pag. 8 motivaz.).

E’, questo, un passaggio decisivo della sentenza: – perchè conforme ai principi in materia di reato ex art. 630 c.p. e: – perchè fondato su dati precisi di prova, analizzati anche alla luce della motivazione di primo grado;

la Corte di appello si esprime in termini di precisa ricostruzione dei fatti, effettuata sulla scorta di certezza degli elementi probatori, sicchè restano del tutto superati, sia i motivi relativi al principio della concordanza – riferibile solo al compendio indiziario – e sia i motivi relativi al principio dell’ai di là di ogni ragionevole dubbio – chiaramente escluso dalla motivazione impugnata -.

Parimenti infondati risultano i motivi relativi al dedotto travisamento della prova, atteso che in tema di ricorso per cassazione, alla luce della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è sindacabile il vizio di "travisamento della prova", che si realizza solo allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia,(Cassazione penale, sez. 2 28 maggio 2008. n. 25883) circostanze che, per le ragioni sino ad ora esposte, non ricorrono nella specie;

al riguardo, risulta evidente che i ricorrenti, sotto l’apparente deduzione del travisamento, deducono interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale. sez. 4 29 gennaio 2007. n. 12255 Ricorso PG. Il ricorso del PG risulta fondato in linea di principio ma è ugualmente da rigettare per i motivi in appreso indicati.

Come dedotto dal ricorrente, dal capo di imputazione emergeva in maniera chiara la contestazione della recidiva "specifica e reiterata" per entrambi gli imputati sicchè, in presenza del reato di cui all’art. 630 c.p., andava ritenuta l’obbligatorietà della recidiva e dell’aumento di pena previsto dall’art. 99 c.p., comma 5;

La Corte del merito aveva l’obbligo di uniformarsi ai principi espressi dalla Giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha riconosciuto la legittimità costituzionale della recidiva obbligatoria, nella pare in cui il legislatore l’ha stabilita unicamente per i delitti ex art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), come nella specie. (Corte costituzionale, 06/06/2008, n. 193);

principio ripreso dalla Giurisprudenza di legittimità, anche di questa sezione, che ha affermato che, nel caso in cui il condannato, già recidivo, abbia commesso uno dei delitti di cui all’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), ricorre la recidiva reiterata obbligatoria, di cui all’art. 99 c.p.p., comma 5., a nulla rilevando se i precedenti rientrino o meno nell’elenco di cui alla citata disposizione.( Cassazione penale, sez. 2, 11/06/2009, n. 27599, conforme: -Cassazione penale, sez. 5, 30/01/2009, n. 13658 – Cass. pen. n. 4221 del 2009, – Cass. pen. n. 45065 del 2008, – Cass. pen. n. 37169 del 2008, – Cass. pen. n. 14045 del 2008, – Cass. pen. n. 46243 del 2007).

La sentenza impugnata è incorsa nella violazione dell’art. 99 c.p., comma 5, ma la questione non rileva in questa sede, atteso che il PG non poteva interporre gravame sul punto;

invero, anche in base al reato ritenuto dal Tribunale ricorreva l’ipotesi dell’obbligatorietà della recidiva ex art. 99 c.p., comma 5, avendo affermato il Tribunale la responsabilità il reato ex art. 629 c.p., comma 2, parimenti ricompresso nell’elenco dell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), e, ciò nondimeno, il Tribunale ha ritenuto l’equivalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e sulla recidiva, disattendendo erroneamente il principio di obbligatorietà della recidiva; al riguardo, tuttavia, il PM non ha interposto gravame sicchè su tale punto la decisione è passata in giudicato.

Risulta, pertanto, tardiva la censura sull’obbligatorietà della recidiva, proposta solo in questa sede dal PG e l’accoglimento del ricorso comporterebbe, invero, anche la violazione dell’indefettibile principio del divieto di "reformatio in peius".

Anche i motivi inerenti il trattamento sanzionatorio sono da rigettare atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dal PG ricorrente, la decisione impugnata è assistita da sufficiente motivazione, avendo richiamato le argomentazioni espresse dal primo giudice ed avendo modulato la pena in maniera diversa tra due imputati, in ragione della diversa gravità della condotta.

Segue il rigetto di entrambi i ricorsi con condanna delle parti private alle spese del giudizio.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna C.M. e G. R. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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