T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 03-05-2011, n. 617 Associazioni mafiose Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla Regione Calabria ed al Ministero dell’Interno, presso il domicilio legale dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, depositato nella Segreteria del Tribunale il 17 maggio 2010, la T.S. S.r.l. ha impugnato il decreto n. 2116 del 2 marzo 2010, prot. n. 56, del dirigente della Regione Calabria, Dipartimento Turismo – Beni Culturali – Sport e Spettacolo – Politiche Giovanili, con il quale è stato revocato il decreto n. 8729 del 19 maggio 2009 di concessione di un contributo in conto capitale di Euro 242.120,00, pari al 40% dell’investimento, pari ad Euro 605.300,00, per l’ammodernamento dell’impianto di climatizzazione del nuovo fabbricato delle Terme e per l’ammodernamento di centro estetico da realizzarsi in Comune di Galatro.

La Società ha impugnato, altresì, la nota del 2 febbraio 2010 della Prefettura di Vibo Valentia, alla base del menzionato provvedimento di revoca, recante informativa prefettizia ai sensi dell’art. 4 del D.L.vo 8.8.1994, n. 490, ed art. 10 del D.P.R. 3.6.1998, n. 252, con la quale la società T.S. s.r.l. è stata ritenuta interdetta dei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

La ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti indicati e ne ha chiesto l’annullamento. La stessa ha richiesto, altresì, la condanna dei resistenti in solido al risarcimento dei danni subiti dalla società T.S. s.r.l. a causa dell’attività provvedimentale posta in essere dalle Amministrazioni, da liquidarsi in via equitativa.

Si è costituito il Ministero dell’Interno, resistendo al ricorso.

Con ordinanza istruttoria n. 152 dell’11 giugno 2010 è stata disposta l’acquisizione dei verbali di polizia cui si fa riferimento nell’informativa prefettizia. La Prefettura di Vibo Valentia ha inviato quanto richiesto.

Con ordinanza n. 571 del 23 luglio 2010 è stata respinta la domanda cautelare proposta da parte ricorrente.

Con un primo ricorso per motivi aggiunti la Società ricorrente ha esteso l’impugnazione alle informative – atti di P.G. depositate dall’Avvocatura di Stato portante il n. di prot. 32166/010, alla relazione del 31 maggio 2010 della Prefettura di Vibo Valentia indirizzata all’Avvocatura di Stato, alla nota prefettizia n. 3394 del 2 febbraio 2010, al rapporto n. 131139/9 del 15.04.2009 del Comando Provinciale della Guardia di Finanza; l’informativa n. 081844/205 "P" del 13.05.2009 del Comando Provinciale Carabinieri, alla nota cat. Q2. 2/Div. 2^/09MP del 03.03.2009 della Questura di Vibo Valentia. alla nota cat. Q2. 2/09/CA del 24.10.2003 della Questura di Reggio Calabria, all’informativa n. 3575 del 05.05.2009 del Corpo Forestale dello Stato.

Si è costituita, quindi, la Regione Calabria, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 724 del l’8 ottobre 2010 è stata accolta la domanda cautelare proposta da parte ricorrente con i motivi aggiunti.

A seguito della produzione di memorie e documenti la ricorrente ha proposto ulteriori motivi aggiunti, impugnando l’informativa del 28 settembre 2010, n. 081844/245 "P" della Legione Carabinieri Calabria, Comando Provinciale di Vibo Valentia e la relazione del 16.11.2010, rif. n. CT 3184/10 della Prefettura di Vibo Valentia.

Alla pubblica udienza del 7 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Con decreto n. 8729 del 19 maggio 2009 del dirigente della Regione Calabria, Dipartimento Turismo – Beni Culturali – Sport e Spettacolo – Politiche Giovanili è stato concesso alla Società T.S. un contributo in conto capitale di Euro 242.120,00, pari al 40% dell’investimento di Euro 605.300,00, per l’ammodernamento dell’impianto di climatizzazione del nuovo fabbricato delle Terme e per l’ammodernamento di centro estetico da realizzarsi in Comune di Galatro.

Con decreto n. 2116 del 2 marzo 2010 la detta Amministrazione ha disposto la revoca del precedente decreto n. 8729 del 19 maggio 2009, di concessione del finanziamento, a seguito di nota del 2 febbraio 2010 della Prefettura di Vibo Valentia, recante informativa prefettizia ai sensi dell’art. 4 del D.L.vo 8.8.1994, n. 490, ed art. 10 del D.P.R. 3.6.1998, n. 252, implicante interdizione della Società T.S. S.r.l. dai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Si legge nella nota, a firma del Prefetto, che quanto emerso negli accertamenti disposti induce a ritenere il pericolo di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa nella Società, in quanto a carico dell’amministratore sig. A.R. risultano rapporti di frequentazione con persone pregiudicate e censite penalmente, nominativamente individuate. Si specifica che l’altro amministratore, sig. Giuseppe Smedile, risulta imparentato, anche se indirettamente, con esponenti della cosca Pesce di Rosarno.

A seguito di ordinanza istruttoria, la Prefettura ha inviato i rapporti di polizia su cui è basata l’informativa.

Da un rapporto del 13 maggio 2009 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Vibo Valentia risultano riguardo al sig. R., oltre una serie di precedenti penali, i seguenti rapporti di frequentazione, che sono l’elemento considerato ai fini dell’informativa interdittiva:

– "01.10.1988: bivio "Papatolo" località Timpa di Nicotera, in autovettura unitamente BUCCAFUSCA Giuseppe, nato a Nicotera il 02.08.1938, pluripregiudicato, già sorvegliato speciale di PS. Controllo eseguito nel corso di un servizio predisposto dall’Arma di Tropea in occasione del matrimonio di M.L., nato a Limbadi il 16.03.1954, pluripregiudicato. Nella circostanza hanno entrambi dichiarato spontaneamente che si stavano recando alla predetta cerimonia;

– 09.06.1997: ore 11.00, il R. A.M.E. si è presentato presso gli uffici della Stazione dei Carabinieri di Nicotera Marina, pregando l’allora Comandante affinché venisse restituito al figlio di M.D., nato a Limbadi il 18.02.1953, pluripregiudicato, un ciclomotore precedentemente sequestrato da personale dipendente dell’Arma;

– 12.08.1997: ore 12,30. M.S., nato a Limbadi il 27.01.1972, pluripregiudicato, è stato notato entrare nel villaggio turistico in argomento, alla guida di un’autovettura, seguito da altro veicolo con alla guida il R. A.M.E.;

– 05.05.1999: ore 09.55, in Nicotera, via La Corte, in autovettura unitamente a M.A.N., nato a Nicotera il 18.12.1958, pluripregiudicato, già sorvegliato Speciale di P.S.;

– 25.01.2000: ore 10,30, in Nicotera fraz. Marina,a piedi unitamente a B.F.F., nato a Nicotera l’1.01.1967, pregiudicato, F.S., Nato a Nicotera il 05.04.1960, pregiudicato e M. Pantaleone, nato a Limbadi il 27.08.1961, pluripregiudicato:

– 07.10.2000: ore 17.10, in Nicotera fraz. Marina, a piedi unitamente a B.F.F., nato a Nicotera l’1.01.1967, pregiudicato, B.G., nato a Nicotera il 7.04.1970, pregiudicato".

Da una nota del 3 marzo 2009 dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Vibo Valentia si evince che, dall’intercettazione di un colloquio, era emersa la possibilità di condizionamenti delle scelte nella conduzione del villaggio turistico denominato S. di cui il R. era amministratore delegato da parte di esponenti della famiglia M. per il tramite di un personaggio non identificato. Nella stessa nota si precisa che lo Smedile è residente nel Comune di Rosarno.

Riguardo allo Smedile, da una nota del 24 ottobre 2009 della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Reggio Calabria, si desume che a carico di questi non si rilevano condanne e/o procedimenti penali pendenti, per i reati inquadrabili nelle fattispecie previste dall’art. 10, comma 7, DPR n. 252/1998, ma che egli è imparentato con esponenti della cosca Pesce di Rosarno, in quanto il fratello, Smedile Pietro Rocco, è coniugato con Pesce Costanza, cugina del defunto Pesce Giuseppe, ex boss dell’omonimo clan mafioso operante in Rosarno.

2. Occorre ricordare, innanzi tutto, che la normativa vigente, accanto alle informative ricognitive di cause di per sé interdittive – che sono quelle previste dall’art. 4, comma 4, del d.lgs. 8 agosto 1990 n. 490 – contempla le informative relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o delle imprese interessate.

Sono informative con efficacia interdittiva, relative a quei tentativi di condizionamento mafioso che si identificano con gli elementi emersi dagli accertamenti di cui alla lettera c) del comma 7 dell’articolo 10 del D.P.R. n. 252/1998 (accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’Interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia).

L’informativa in questione rientra in questa seconda categoria (è noto che le norme prevedono anche una terza categoria, quella delle informative atipiche, che in questa sede non vengono in considerazione).

Il Prefetto di Vibo Valentia, infatti, ha precisato che gli elementi acquisiti attraverso i competenti organi di polizia evidenziano il pericolo di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa nella Società.

3. Con un primo, articolato, motivo del ricorso introduttivo la Società ricorrente deduce eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità ed incongruità funzionale, irragionevolezza, difetto di istruttoria, tautologia ed apoditticità della motivazione e della conclusione interdittiva, violazione dell’art. 3 legge 15/05 e del principio di proporzionalità.

Le censure della ricorrente risultano sostanzialmente incentrate sul difetto di motivazione in ordine alla sussistenza delle richiamate "relazionifrequentazioni" ed alla significatività di esse ai fini del pericolo di infiltrazioni.

La ricorrente sottolinea che il fatto storico delle frequentazioni con soggetti pregiudicanti non è univocamente conducente al giudizio di contiguità o di permeabilità rispetto alla criminalità organizzata.

Con specifico riferimento poi all’amministratore Smedile Giuseppe, la Società ricorrente pone in rilievo che nell’informazione Prefettizia viene evidenziato il semplice fatto che lo stesso risulterebbe indirettamente imparentato con esponenti della cosca Pesce di Rosarno. La relazione di parentela sarebbe inidonea a ritenere sussistente il pericolo di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa Il sig. Smedile Giuseppe avrebbe avuto da sempre rapporti con la pubblica amministrazione e mai rapporti di frequentazione e sarebbe stato, anzi, vittima di attentati sia presso i locali della T.S. che presso la sua abitazione

La società T.S. S.r.l. avrebbe in prevalenza rapporti con la Pubblica Amministrazione, in particolare con l’Azienda Sanitaria Provinciale e con altri Enti pubblici, poiché eroga servizi per cure termali agli utenti residenti sia nella Regione Calabria che fuori Regione, in regime di accreditamento.

Riguardo al socio amministratore R. Antonio l’informativa sarebbe una ripetizione di altro atto di eguale natura emesso dalla Prefettura di Vibo Valentia, rispetto al quale è stato proposto gravame che ha trovato accoglimento in sede cautelare.

Con il primo motivo dei primi motivi aggiunti si evidenzia che dai documenti acquisiti sarebbe dato desumere che nessun rapporto hanno i soci amministratori con le organizzazioni criminali diretto a giustificare concretamente l’interdizione della T.S. nei rapporti con la pubblica amministrazione

Si rileva che nei confronti di R.A.E., già amministratore delegato del Villaggio Turistico denominato "S. S.r.l.", sono state segnalate nelle informative violazioni in materia fiscale. Quanto alle frequentazioni parte ricorrente richiama i contenuti dell’ordinanza di accoglimento dell’appello n. 5869/2004 nella quale è dato leggere che la nota della Prefettura fa riferimento a fatti risalenti nel tempo, non ritenuti ostativi alla concessione dei contributi.

I fatti concernenti il R. di cui alla nota interdittiva della Prefettura di Vibo Valentia del 2 febbraio 2010 sarebbero, infatti, gli stessi rispetto ai quelli sui quali era stata emessa la nota interdittiva della Prefettura di Vibo Valentia del 5 ottobre 2004 con la quale il "Villaggio S.", di cui R. risultava essere l’amministratore, veniva interdetto nei rapporti con la pubblica amministrazione, rispetto ai quali si è pronunciato favorevolmente con ordinanza del 7 dicembre 2004, Reg. Ord. 5869/2004, il Consiglio di Stato che ha accolto l’appello sulla sospensiva.

Lo stesso Tribunale Amministrativo Regionale di Catanzaro ha accolto il ricorso con sentenza n. 1170/2005. Vi sarebbe, quindi, una chiara violazione del giudicato.

Tali argomenti sono sostanzialmente ripresi nel primo motivo degli ulteriori motivi aggiunti, con i quali parte ricorrente ha esteso l’impugnazione agli atti sopra indicati.

4. Osserva il Collegio che le censure di parte ricorrente, brevemente richiamate, sono fondate.

I tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunti da una serie di circostanze riguardanti, da un lato, il sig. A.R. e, dall’altro, il sig. Giuseppe Smedile, amministratori della Società ricorrente.

Iniziando dalla posizione del R., è senz’altro da escludere la rilevanza, ai fini che interessano in questa sede, dei precedenti penali a carico dello stesso, che concernono fattispecie diverse, che non sembra siano state prese in considerazione ai fini dell’informativa interdittiva.

Gli elementi considerati sembrano, invece, essere esclusivamente quelli relativi alle frequentazioni del R. nelle circostanze rilevate dagli organi di polizia e sopra riportate.

A tale proposito va subito evidenziato che la Sezione, con la sentenza n. 1170 dell’11 luglio 2005, ha già avuto modo di pronunziarsi su quelle stesse circostanze prese in considerazione riguardo alla posizione del R., all’epoca amministratore della Società S..

Si legge nella sentenza che "Nel caso in esame la ragione per la quale l’amministrazione ritiene sussistenti i tentativi di infiltrazione mafiosa nelle scelte della Società ricorrente è individuabile nella circostanza che in una telefonata, oggetto di intercettazione, due appartenenti ad una organizzazione mafiosa, estranei alla compagine sociale, parlavano della possibilità di produrre pressioni sulla società a mezzo di una persona la cui identificazione non era avvenuta tuttavia avvenuta al momento della redazione della nota prefettizia. Nella nota successiva i fatti vengono individuati nel fatto che in cinque circostanze in cui l’amministratore delegato è stato controllato in compagnia di pregiudicati (controlli distribuiti in un arco di tempo che va dal 1997 al 2000) e nel fatto che nel 1997 sempre l’amministratore delegato ha chiesto alla polizia il dissequestro di un motorino appartenente al figlio di un boss mafioso".

Si tratta, indubitabilmente, delle stesse circostanze prese in considerazione con la nota interdittiva relativa alla Società T.S..

Al riguardo il Collegio non ha che da ribadire quanto già espresso con la richiamata sentenza n. 1170/2005.

In primo luogo, nessun addebito può essere mosso alla società per il mero desiderio, espresso da terzi estranei alla compagine sociale, di poter esercitare pressioni sull’attività svolta dalla società medesima, soprattutto in considerazione del fatto che nessuna prova ulteriore è addotta per sostenere la concretizzazione del proposito espresso, non essendosi neanche pervenuti ad identificare il soggetto e, almeno a grandi linee, le modalità in base alle quali il controllo avrebbe dovuto essere attuato. Non univoche e non sufficientemente significative appaiono le segnalazioni di episodi in cui l’amministratore delegato è stato controllato in compagnia di appartenenti a un clan mafioso.

Gli episodi citati sono risalenti nel tempo (il più recente è del 2000, dieci anni prima della redazione della nota) e in quanto tali privi di significativa attualità.

Nulla è detto circa i comportamenti tenuti dai soggetti all’atto del controllo, così che nulla se ne può desumere circa l’eventuale grado di confidenza o familiarità tra i controllati.

La sporadicità degli episodi segnalati, rapportata al pur non breve periodo in esame, è ben lungi dall’integrare una sostanziale frequentazione, circostanza questa che avrebbe ragionevolmente dovuto essere considerata allarmante.

Quanto infine al ritiro del motorino la vicenda, in sé isolata e risalente al 1997, non appare idonea a concretizzare quella specificità del fatto costantemente richiesta dalla giurisprudenza sul punto.

I fatti presi in considerazioni non sono quindi in grado di dare conto del tentativo di infiltrazione, giacché non emerge l’inequivoca possibilità dell’organizzazione criminosa di condizionare le scelte e gli indirizzi sociali.

La giurisprudenza ha, infatti, precisato che l’informativa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendosi basare su indizi ottenuti con l’ausilio di particolari indagini che possono risalire anche a eventi verificatisi a distanza di tempo, in quanto riguardano la valutazione sull’idoneità morale del concorrente e non producono l’esclusione automatica dalla gara (tra le altre, Cons. St., sez. VI, 28 aprile 2010 n. 2441).

Potrà trattarsi anche di fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza, ma che, valutati nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di probabilità riguardo al fatto che l’attività dell’impresa possa, anche indirettamente, agevolare attività delle organizzazioni criminali o esserne condizionata.

È chiaro, tuttavia, che gli elementi posti alla base dell’informativa non devono essere semplici sospetti o congetture e deve essere assistiti da una congrua motivazione ed adeguata istruttoria anche in ordine in relazione all’esito dei procedimenti penali indicati quali elementi sintomatici del rischio di infiltrazione mafiosa (così, Cons. St. n. 2014/2008).

Risulta, quindi, sussistente il vizio di difetto di motivazione rilevato dalla Società ricorrente.

Lo stesso può dirsi con riferimento alla posizione dello Smedile.

Al riguardo, l’informativa sembra basarsi solo sul rapporto di parentela indiretta con esponenti di un clan mafioso. Il fratello dello Smedile, infatti, è coniugato con Pesce Costanza, cugina del defunto Pesce Giuseppe, ex boss dell’omonimo clan mafioso operante in Rosarno.

La giurisprudenza, com’è noto, che pur nega che il rapporto di parentela costituisca in sé indizio sufficiente del tentativo di infiltrazione mafiosa, è incline ad attribuire rilevanza al rapporto di parentela quando al dato dell’appartenenza familiare si accompagni la frequentazione, la convivenza o la comunanza di interessi con l’individuo sospetto, tali da palesare la contiguità con gli ambienti della criminalità (per tutte, TAR Campania, Napoli, sez. I, 1 dicembre 2010 n. 26527).

Nel caso di specie non viene dedotto alcun elemento ulteriore oltre quello dell’esistenza di un rapporto di parentela, peraltro molto indiretto. Non vengono registrate frequentazioni, contatti o presenza di interessi comuni.

5. In conclusione, il provvedimento di revoca delle agevolazioni e l’informativa prefettizia risultano illegittimi e devono essere annullati, restando assorbiti i motivi non esaminati.

Quanto alla domanda di risarcimento del danno, essa è formulata in termini affatto generici, non essendo indicati i pregiudizi di cui si chiede ristoro. Essa, pertanto, deve essere rigettata.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

accoglie in parte il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto annulla il decreto n. 2116 del 02.03.2010, prot. n. 56, del dirigente della Regione Calabria, Dipartimento Turismo – Beni Culturali – Sport e Spettacolo – Politiche Giovanili e la nota del 2 febbraio 2010 della Prefettura di Vibo Valentia, recante informativa prefettizia. Rigetta la domanda di risarcimento dei danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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