Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-03-2011) 03-05-2011, n. 17158

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 14.10.2010 il Tribunale del Riesame di Roma confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma nei confronti di C.G. e D.F.M. per associazione per delinquere, riciclaggio, usura e millantato credito, e contestualmente dichiarava l’incompetenza funzionale ex art. 11 c.p.p. del GIP presso il Tribunale di Roma in favore del GIP presso il Tribunale di Perugia e per l’effetto ordinava l’immediata trasmissione degli atti al P.M. presso detta A.G..

Avverso l’ordinanza ricorrono per Cassazione i difensori degli indagati.

In particolare il difensore di C.G. deduce:

1. la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di riciclaggio. Contesta la ricostruzione operata dai giudici del merito e allega il testo di conversazioni intercettate al fine di dimostrare che il C. non ha mai posto in essere attività finalizzata ad ostacolare la provenienza delittuosa di denaro versatogli dal L..

2. mancanza o comunque carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato associativo e della sua partecipazione.

3. mancanza o comunque carenza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. il difensore di D.F.M. deduce:

1. mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.

2. mancato riconoscimento della desistenza volontaria con riguardo al reato di cui al capo AA).

3. insussistenza della struttura associativa.

I ricorsi sono inammissibili poichè l’ordinanza impugnata, a prescindere dalla rinnovazione o meno nel termine stabilito dall’art. 27 c.p.p., ha perso ogni efficacia e, per tale motivo, le valutazioni sono, senza preclusione alcuna, del giudice cui è stata attribuita la competenza. Del resto, il giudice del riesame che ha pronunciato l’ordinanza impugnata non può avere alcuna cognizione su un’eventuale revoca o conferma della misura, là dove l’ordinanza impugnata fosse annullata da questa Corte. La perdita di efficacia dell’ordinanza, dopo decorso fruttuosamente o meno il periodo dei venti giorni, non determina alcuna preclusione o giudicato cautelare e il giudice competente per territorio è titolare della cognizione senza limitazione alcuna.

Deve aggiungersi che il giudice del riesame, una volta che dichiari la propria incompetenza, non può riformare e annullare il provvedimento impugnato, salva una valutazione nei limiti del fumus sulla legalità del provvedimento adottato e sulla sussistenza delle ragioni d’urgenza, unico presupposto cui è condizionato l’adozione del provvedimento di custodia cautelare e la temporanea efficacia della durata di venti giorni per assicurare l’intervento del giudice competente.

I ricorsi sono, dunque, inammissibili per carenza di interesse.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

sono, senza preclusione alcuna, del giudice cui è stata attribuita la competenza. Del resto, il giudice del riesame che ha pronunciato l’ordinanza impugnata non può avere alcuna cognizione su un’eventuale revoca o conferma della misura, là dove l’ordinanza impugnata fosse annullata da questa Corte. La perdita di efficacia dell’ordinanza, dopo decorso fruttuosamente o meno il periodo dei venti giorni, non determina alcuna preclusione o giudicato cautelare e il giudice competente per territorio è titolare della cognizione senza limitazione alcuna.

Deve aggiungersi che il giudice del riesame, una volta che dichiari la propria incompetenza, non può riformare e annullare il provvedimento impugnato, salva una valutazione nei limiti del fumus sulla legalità del provvedimento adottato e sulla sussistenza delle ragioni d’urgenza, unico presupposto cui è condizionato l’adozione del provvedimento di custodia cautelare e la temporanea efficacia della durata di venti giorni per assicurare l’intervento del giudice competente.

I ricorsi sono, dunque, inammissibili per carenza di interesse.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M. Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro ciascuno alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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