Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-08-2011, n. 17173

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Catania, confermando la sentenza di prime cure, accoglieva la domanda proposta da C.P.G. nei confronti di D.A. e R.F., avente ad oggetto la condanna dei convenuti al pagamento in suo favore di differenze retributive concernenti il rapporto di lavoro con costoro intercorso dal mese di ottobre del 1992 alla prima settimana del mese di gennaio del 1995.

A fondamento del decisum la predetta Corte poneva il rilievo fondante secondo il quale la espletata istruttoria dimostrava che i datori di lavoro della C. erano entrambi i convenuti a favore dei quali la lavoratrice svolgeva, nell’ambito dello stesso studio professionale, mansioni di segretaria per la cui attività il primo giudice aveva correttamente riconosciuto le reclamate differenze retributive, calcolate utilizzando in via parametrica l’invocato CCNL degli studi professionali.

Avverso questa sentenza D.A. ricorre in cassazione sulla base di sei censure.

Le parti intimate non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso il D. deduce omessa motivazione e violazione dell’art. 2094 c.c. e dell’art. 116 c.p.c..

Con la seconda censura il ricorrente denuncia omessa motivazione e violazione dell’art. 116 c.p.c..

Con la terza critica il D. allega violazione dell’art. 2094 c.c..

Con il quarto motivo il ricorrente prospetta violazione dell’art. 2697 c.c. e contraddittoria motivazione.

Con la quinta censura il D. assume violazione dell’art. 115 c.p.c. e contraddittoria motivazione.

Con l’ultima critica il ricorrente denunzia violazione del CCNL ed omessa motivazione.

Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Infatti, trattandosi di sentenza di appello pubblicata il 16 aprile 2009 trova applicazione, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ex art. 27, comma 2, la richiamata norma di rito secondo la quale nei casi previsti dsall’ art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1,2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’illustrazione del motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Nè ratione temporis è applicabile la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) che ha abrogato il precitato art. 366 bis c.p.c., trovando tale norma, ai sensi della predetta L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5, applicazione relativamente alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente (ossia dal 4 luglio 2009) alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 69 del 2009 (Cass. 13 gennaio 2010 n. 428).

Nella specie difetta del tutto il quesito di diritto nonchè la specifica indicazione del fatto controverso, intesa quale sintesi logico giuridica della censura che s’intende sottoporre al giudice di legittimità (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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