T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 03-05-2011, n. 3783

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nza.
Svolgimento del processo

Con atto n. 5945/2004 il sig. H.E.G., cittadino tunisino residente in Sant’Elpidio a Mare (AP) ha adito l’intestato Tribunale per l’annullamento del decreto del Ministero dell’interno con cui è stata respinta la sua istanza, presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f) della legge 5.2.1992, n. 91, volta ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Avverso il provvedimento anzidetto il sig. E.G. ha dedotto le seguenti censure:

a) Violazione dell’art. 8 della legge n. 91 del 1992; eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei presupposti e per carenza d’istruttoria.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorrente, cittadino tunisino, residente in Italia da più di un decennio, chiede l’annullamento del provvedimento ministeriale con cui è stata respinta la sua istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f) della legge n. 91 del 1992.

La disposizione de qua sancisce, infatti, che la cittadinanza possa essere concessa allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio dello Stato italiano.

Giova osservare che l’istanza presentata dal ricorrente nell’anno 2001 è stata respinta in quanto dalla certificazione prodotta a relativo corredo risultava che l’interessato nell’anno 2001 aveva percepito redditi denunciati pari a lire 17.804.000, avendo peraltro a proprio carico il coniuge e due figli; secondo l’Amministrazione detto ammontare sarebbe inferiore alla misura reddituale minima prevista pari a lire 24.000 con insussistenza per il ricorrente di mezzi di sostentamento sufficienti ed adeguati.

Parte ricorrente lamenta in primo luogo la violazione dell’art. 8, comma 2 della legge n. 91/1992, asserendo che il provvedimento di diniego sarebbe stato adottato successivamente al decorso del termine di due anni dalla presentazione dell’istanza.

Lamenta, sotto altro profilo, l’illegittimità del disposto diniego, in quanto espresso in ragione della ritenuta insussistenza di risorse economiche sufficienti per il suo sostentamento. A tale proposito, afferma di svolgere la professione di pescatore da tredici anni con regolare contratto di lavoro, con redditi percepiti previsti dal C.C.N.L. del personale imbarcato sulle navi adibite alla pesca marittima con livelli retributivi tali da non poter configurare uno stato di indigenza. Conferma il possesso di un’adeguata capacità economicoretributiva, comprovandola con il deposito in atti di documentazione attestante l’acquisto di un’autovettura, di un immobile ad uso abitativo con relativo contratto di mutuo ipotecario stipulato con la Cassa di Risparmio di Fermo S.p.A..

Con il primo motivo di doglianza si invoca l’applicazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 2 della succitata legge n. 91/1992 che preclude l’adozione di un provvedimento di rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza allorquando siano trascorsi due anni dalla presentazione della domanda corredata dalla prescritta documentazione, nel caso di specie proposta in data 19.2.2001.

Il motivo di ricorso non è suscettibile di positiva definizione.

Giova rilevare, a tale riguardo, che la disposizione di cui all’art. 8, comma 2, sopra citata, non può ritenersi applicabile alla fattispecie in esame, in cui la domanda di concessione della cittadinanza sia stata presentata dal cittadino straniero il cui coniuge non sia in possesso della cittadinanza italiana, in virtù di quanto disposto dal precedente comma 1 dello stesso art. 8 che rinviando agli artt 6 e 7 della stessa legge n. 91/1992, tende a riferirsi ai soli casi in cui la concessione della cittadinanza sia richiesta dal coniuge di colui che è cittadino italiano. Ciò, non può che farla ritenere inapplicabile alle ipotesi prescritte dall’art. 9 della medesima legge (In tal senso T.A.R. Lazio Sez. I, 4.3.2010, n. 3320; T.A.R. Lazio, Sez. I, 4.3.2009, n. 2234; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 7.6.2006, n. 7735).

Con il secondo motivo di doglianza il sig. E.G., asserisce l’illegittimità del provvedimento ministeriale, poiché adottato in ragione della ritenuta insussistenza di adeguate risorse economiche per il proprio sostentamento.

La censura è fondata.

Osserva il Tribunale che dalla premessa del provvedimento impugnato il ricorrente risulta in possesso di una capacità retributiva relativa all’anno 2001 pari a lire 17.804.000, tenuto conto dello svolgimento, fin dall’anno 1998, della professione di pescatore con mansioni di marinaio, esercitata presso la ditta "M/P Ennio Calderoni" di Marino Calderoni e C. s.n.c., in virtù di apposita convenzione di imbarco prevista a norma dell’art. 6 del succitato C.C.N.L., depositata presso le locali autorità marittime.

Orbene, il Collegio, pur conoscendo quel consolidato insegnamento giurisprudenziale del giudice amministrativo, secondo cui il provvedimento di concessione o di diniego della cittadinanza italiana, concernendo il conferimento di uno status di rilevante importanza pubblicistica, ha una valenza di alta amministrazione ed implica, in quanto tale, un elevato tasso di discrezionalità, sia nell’accertamento dei presupposti ex lege n. 91/1992, sia nella valutazione dei fatti acquisiti al procedimento involgenti l’avvenuta integrazione dello straniero in Italia e l’accertamento di un interesse pubblico da valutarsi anche in relazione ai fini propri della società nazionale e non già solo sul semplice riferimento dell’interesse privato di chi si risolve a domandare la cittadinanza per il soddisfacimento di personali esigenze (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474; Sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6066; Sez. I, parere 14 gennaio 2004, n. 5267/2003 e TRGA Bolzano, 10 agosto 2001, n. 216; 22 gennaio 2002, n. 22; 17 giugno 2003, n. 252 e 19 agosto 2003, n. 343; C. Stato, Sez. IV, 7.11.2002, n. 6063, Sez. IV, 17.7.2000, n. 3958), ritiene, tuttavia, che la valutazione della sussistenza o meno dei predetti presupposti, attenga anche al rilevante profilo della capacità di inserimento sociale dello straniero a cui non può essere estranea la produzione di un reddito che accresca le risorse del Paese stesso sotto il profilo sia produttivo che contributivo, e non gravi sugli oneri di solidarietà sociale previsti per i soggetti indigenti (cfr. in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 17.7.2000, n. 3958, 17.6.1998, n. 3145 e 28.7.1998, n. 2254).

A tale ultimo riguardo, deve ritenersi legittimo il diniego della cittadinanza nei confronti di chi sia titolare di redditi annui inferiori a quelli previsti dall’art. 3 del D.L. n. 382/1989, convertito con modificazioni dalla legge n. 8/1990, ossia inferiore alla soglia di esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per i cittadini italiani titolari di pensione di vecchiaia (ovvero Lire16.000.000) (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2000, n. 3958;T.A.R. Lombardia, Milano, 7 marzo 2002, n. 988; T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 12 luglio 2004, n. 344).

Nel caso di specie, risulta, per tabulas, che il ricorrente per l’anno 2001, periodo temporale per il quale l’Amministrazione lo ha ritenuto sprovvisto di un reddito adeguato al sostentamento suo e del suo nucleo familiare (composto dalla moglie e da due figli), ha percepito un reddito complessivo superiore alla predetta soglia di esenzione, derivante dall’attività lavorativa svolta in qualità di marinaio nel rispetto delle disposizioni e dei parametri retributivi contenuti nel contratto collettivo nazionale di categoria, rispetto al quale anche la consistenza di un nucleo familiare a carico del sig. E.G. non può ravvisarsi, ad avviso del Tribunale, secondo criteri di comune ragionevolezza, quale elemento decisivo sul quale fondare l’adozione di un provvedimento di diniego, ex art. 9 della legge n. 91/1992.

Ne discende, pertanto, che il ricorso deve essere accolto nei limiti innanzi riferiti.

Le spese e gli onorari di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati nella parte motiva.

Condanna il Ministero dell’interno al pagamento in favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida in complessivi euro 3000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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