Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-08-2011, n. 17167 Spese giudiziali nelle controversie previdenziali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza della Corte d’Appello di Bari del 25 ottobre 2007, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 15 febbraio 2005, l’I.N.P.S. è stato condannato al pagamento in favore di T. A.M. degli interessi anatocistici maturati sugli interessi liquidati dal Tribunale di Bari con la sentenza impugnata, dal giorno della domanda al soddisfo, ed è stato altresì condannato al pagamento di un quarto delle spese del primo grado di giudizio liquidate per l’intero in complessivi Euro 435,57, oltre agli accessori come per legge, e sono state compensate tra le parti le stesse spese per i restanti tre quarti. La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, con la stessa sentenza ha disposto la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello. La Corte territoriale ha motivato tale liquidazione delle spese considerando il valore della causa non superiore ad Euro 258,23, trattandosi di differenze di indennità di disoccupazione di operaio comune riferite ad un periodo di 105 giorni, ed ha motivato l’integrale compensazione delle spese di giudizio relative al grado di appello considerando la natura della controversia e l’unicità della questione devoluta alla cognizione del giudice.

La T. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.
Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e dell’art. 93 cod. proc. civ. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. In particolare si deduce l’illegittimità della compensazione delle spese di lite del secondo grado di giudizio in considerazione della vittoria nel giudizio e della mancata specificazione dei giusti motivi addotti a tale compensazione; si rileva inoltre che comunque, a differenza di quanto affermato dalla sentenza impugnata, la questione devoluta al giudizio della Corte d’Appello non sarebbe unica ma sarebbero viceversa tre.

Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e degli artt. 93, 112 e 115 cod. proc. civ.;

violazione e falsa applicazione delle tariffe forensi approvate con D.M. 5 ottobre 1955, n. 585 e con D.M. 8 aprile 2004, n. 127, e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. In particolare si deduce che la Corte territoriale avrebbe considerato il valore della causa sulla base di mere conoscenze personali, mentre il valore stesso dovrebbe essere considerato indeterminato essendo stata chiesta una condanna generica.

Il secondo motivo, che per ragioni di ordine logico va esaminato per primo, non è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pienamente condivisa dal Collegio, affinchè la causa possa ritenersi di valore indeterminabile non è sufficiente che sia stata chiesta una condanna generica sull’an, potendo ravvisarsi la indeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica (Cass. n. 1118/1985; n. 7757/1999). E la questione relativa al valore della causa, ai fini della decisione sulle spese, doveva essere affrontata anche d’ufficio, nè risulta che sullo specifico punto si fosse soffermato il giudice di primo grado. Tanto precisato, le valutazioni relative al valore della causa, così come determinato dal giudice d’appello, appaiono pienamente giustificate sia con riferimento ad obiettivi e rilevanti dati di fatto (anno di spettanza della prestazione, tabelle salariali del contratto integrativo per la provincia di Bari, qualifica dell’assicurato, numero di giornate lavorate in quell’anno) sia con riferimento alla valutazione relativa alla entità dello scarto tra i due parametri di riferimento – importo del salario congelato al 1995 e importo delle retribuzioni di cui al contratto integrativo provinciale – dal giudice ritenuta notoriamente ancora contenuta, come aveva potuto constatare in moltissime cause aventi identico oggetto (e spesso in favore di lavoratori in possesso di qualifica superiore a quella dell’appellante). Nè appare essersi fatto ricorso a una" nozione di fatto notorio non conforme ai relativi principi. Invero, quale fatto notorio va inteso il fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (c.d. notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività di persone di media cultura (cfr. Cass. n. 9001/2005; n. 4051/2007). Nella specie, si è fatto riferimento a un fatto notorio per gli operatori interessati all’ambito dei trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori agricoli nella provincia di Bari, e non già alla conoscenza, da parte del giudice, di circostanze o vicende particolari. D’altra parte, l’istituzione di sezioni specializzate negli uffici giudiziari è funzionale anche alla possibilità per i giudici addetti alle stesse di utilizzare massime di esperienza e fatti notori dei relativi settori di attività. Parimenti infondato è il primo motivo. Ritiene, invero, questa Corte che il provvedimento di integrale compensazione delle spese del giudizio di secondo grado sia correttamente e logicamente motivato (e ciò, invero, anche nella prospettiva più rigorosa del nuovo regime delle spese introdotto con la L. n. 263 del 2005, art. 2) con il riferimento alla "natura della controversia e dell’unica questione devoluta", essendo, difatti, unica la questione di merito (quella relativa agli interessi anatocistici) devoluta al giudice d’appello, mentre la questione relativa alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, seppure in sentenza esaminata con riferimento alle censure in proposito formulate dall’appellante, doveva, comunque, essere affrontata di ufficio dal giudice dell’impugnazione, dovendo costui procedere al loro nuovo regolamento in conseguenza della riforma, in punto di merito, della sentenza impugnata (vedi, tra tante, Cass. sent. n. 18837 del 2010, n. 15483 del 2008). Del resto, il riferimento alla "natura della controversia" costituisce, già di per sè, valida giustificazione della disposta compensazione delle spese del giudizio di appello, stante il limitato oggetto di tale giudizio e l’esiguità dei valore del credito in discussione.

In conclusione il ricorso è rigettato.

Soccombendo l’assicurato, nulla si dispone sulle spese ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. in quanto il giudizio è stato introdotto con ricorso del 28 marzo 2003, e quindi in epoca anteriore alla modifica di tale norma.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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