T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 03-05-2011, n. 3771 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

parte ricorrente, cui è stata rilasciata licenza di porto di fucile in data 12.5.2010, si è gravato, con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, avverso il provvedimento col quale il Questore di Roma, – (appurata la segnalazione del ricorrente stesso, l’1.10.1997 ed il 5.3.2000, per detenzione di sostanza stupefacente per uso personale nonché appurata la frequentazione (in quegli anni e sino al 24.4.2005) dello stesso ricorrente con soggetti dediti all’assunzione di sostanze stupefacenti e non immuni da pregiudizi penali) – ha disposto la revoca del predetto titolo di polizia;

Considerato che il ricorrente, pur lealmente ammettendo (ma solo nella memoria prodotta in esito alla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo conclusosi con l’atto oggi impugnato) una "turbolenta adolescenza", ha rimarcato il cambio di rotta impresso alla propria condotta negli ultimi cinque anni e, quindi, fra l’altro, sottolineato che la propria remota condotta non rende plausibile la prognosi di inaffidabilità (circa il pericolo di abuso dell’arma) formulata dall’Autorità competente a supporto della determinazione revocatoria gravata;

Considerato che, ai sensi dell’art. 39 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne e, parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi: disciplina, quella racchiusa nelle disposizioni appena citate, che è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo dell’arma;

Considerato pertanto ed in sintonia con detti principi:

– che i provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di essi sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati;

– che i provvedimenti di ricusazione (categoria che include sia il diniego del titolo che il diniego della sua rinnovazione nonché la revoca, facoltativa od obbligatoria, dello stesso), avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto. Al riguardo si ricordi che la Corte Costituzionale, già con sentenza nr. 24 del 1981, ha affermato che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto rappresentando, invece, un’eccezione al normale di vieto di portare le armi e che può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il buon uso delle armi stesse, in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera massa restante dei consociati dall’assenza di pregiudizi (di qualsiasi genere) per la loro incolumità;

Considerato, peraltro, e sempre con riferimento ai provvedimenti di ricusazione (quale quello oggetto del corrente giudizio), che rimane fermo in capo all’amministrazione l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi medesime.

Considerato che nella fattispecie per cui è causa il provvedimento di revoca pur essendo stato giustificato in relazione ad una pregressa condotta del ricorrente non offre contezza, nel suo apparato motivazionale, dell’inversione comportamentale registrata dopo il 24.4.2005 (data dell’ultimo rapporto che riscontra la frequentazione del ricorrente con persone non immuni da pregiudizi penali e dediti all’assunzione di stupefacenti), omettendo così di apprezzare, nell’ambito del giudizio valutativo e prognostico di competenza della pubblica Autorità, il rilievo da attribuire a tale mutamento;

Considerato che la coerenza dell’Ordinamento, invece, impone all’amministrazione quanto meno di procedere ad una prognosi concreta che tenga conto del tempo trascorso e della condotta serbata successivamente a quella ritenuta pregiudizievole con l’onere di esternare le ragioni che essa amministrazione ritenga espressive del non avvenuto totale ravvedimento dell’interessato: valutazione questa da effettuarsi in concreto, con riguardo a tutti gli elementi a carico ed a favore dell’interessato che presentino interesse e rilevanza, e che, nell’ipotesi in cui è risalente nel tempo la condotta cui si riferisce, deve essere più articolata al fine di rendere plausibile il giudizio prognostico circa la mera probabilità di abuso dell’arma da parte dell’interessato;

Considerato che, come già puntualizzato e come correttamente dedotto dal ricorrente, il giudizio valutativo esternato nel provvedimento impugnato si rivela carente del valore da attribuire alla condotta tenuta dall’interessato dopo il 24.2.2005 e dunque delle ragioni in forza delle quali l’interessato, nonostante tale sopravvenuto mutamento comportamentale, continui ad essere ritenuto non affidabile nell’uso dell’arma;

Considerato, pertanto, che il ricorso in relazione al predetto motivo di doglianza si rivela fondato, e che a tanto accede l’annullamento del provvedimento impugnato ferma restando la facoltà della p.a. di rideterminarsi al riguardo in sintonia con le normae agendi sopra delineate;

Considerato che essendo, per le ragioni appena rassegnate, immediatamente definibile il contenzioso con sentenza in forma semplificata, il Collegio ha sentito in ordine a tale eventualità le parti costituite e preso atto che nessuna parte ha dichiarato l’intendimento di voler proporre alcuna delle iniziative racchiuse nell’art.60 del C.p.a.;

Considerato che il ricorso è, con riguardo al profilo dianzi scrutinato, manifestamente fondato e che le spese di lite possono compensarsi tra le parti in causa attesa la peculiarità della fattispecie originatrice del gravame;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) pronunciandosi ai sensi dell’art.60 del c.p.a. accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Salvi gli ulteriori provvedimenti della p.a.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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