Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-02-2011) 03-05-2011, n. 17087

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente: V.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa in data 19.05.2010 dalla Corte di appello di Torino che aveva confermato la sentenza di condanna emessa in data 24.11.2008 dal Tribunale di Cuneo nei confronti del ricorrente, imputato del reato di truffa in danno di C.A.M. che traeva in errore mediante l’artificio di offrire in pagamento un assegno postale privo di copertura assicurando nel contempo la provvista del medesimo, procurandosi così l’ingiusto profitto di una stufa, acquistata con tale metodo senza effettuare il pagamento; in (OMISSIS);

Nel presente ricorso il ricorrente deduce:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c).

1) – il ricorrente censura di illogicità la decisione impugnata per avere disapplicato i criteri dell’art. 192 c.p.p. ritenendo sufficienti gli indizi relativi all’identificazione dell’imputato;

-la motivazione sarebbe illogica:

-per avere ritenuto rilevante la circostanza che l’imputato si sarebbe attribuito dei nomi sempre diversi, mentre tale elemento, a parere del ricorrente, non integrerebbe un indizio grave ed univoco;

-per avere valorizzato la circostanza che l’agente aveva utilizzato il furgone di proprietà del V. senza considerare che tale elemento non era univoco, atteso che il furgone poteva essere utilizzato da terzi;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi, che risultano vagliate dalla Corte di appello, con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La sentenza impugnata risulta provvista di analitica e congrua motivazione, avendo ricavato la sicura identificazione del V. dalle circostanze:

-che l’agente aveva mostrato alla parte offesa la carta di identità a nome V.;

-che l’agente aveva utilizzato un furgone intestato al V.;

-che la parte offesa aveva effettuato il riconoscimento fotografico del V.;

quanto agli artifici e raggiri, la sentenza osserva che la prova dei medesimi rinviene dalle circostanze:

-che l’agente aveva rassicurato la parte offesa sulla copertura dell’assegno dato in pagamento per la stufa mentre, al contrario, il titolo era privo di copertura;

-che l’agente aveva sottoscritto dinanzi alla parte offesa con la firma apocrifa di R.D.;

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti;

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Cassazione penale , sez. 4 29 gennaio 2007. n. 12255.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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