T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 03-05-2011, n. 3756 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.T., agente della Polizia di Stato in congedo, è stato assunto nella Polizia di Stato con decorrenza 25.1.1973 ed è cessato dal servizio nel 1987 a seguito di provvedimento di destituzione di diritto, per intervenuta condanna irrevocabile, con sentenza della Corte di Cassazione che ha definito il procedimento penale a suo carico. Entrata in vigore la legge 7.2.1990 n. 19 il T. ha presentato istanza di riammissione in servizio, che è stata respinta a seguito di procedimento disciplinare posto in essere ai sensi di tale normativa, in esito al quale è stata comminata la sanzione della destituzione. L’interessato ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, ma l’impugnazione è stata respinta dal TAR Lazio con sentenza confermata dal Consiglio di Stato.

Successivamente, il T. ha presentato istanza di accesso agli atti del procedimento con cui l’Amministrazione, a seguito di una domanda analoga a quella presentata dal ricorrente, aveva riammesso in servizio il collega E.D., coimputato con il T. e come lui destituito di diritto e condannato. Tale istanza di accesso è stata, però, respinta dall’Amministrazione con provvedimento che il TAR Lazio, adito dal T. ex art. 25 della legge n. 241/90, ha ritenuto legittimo sul presupposto della carenza d’interesse del ricorrente. Il Consiglio di Stato, in sede di appello, ha confermato la sentenza di primo grado, confermando la carenza d’interesse del ricorrente rispetto alla possibile disparità di trattamento in quanto vi sarebbero per il T. ed il D., situazioni non identiche, posto che i reati per i quali il T. è stato condannato sono "più gravi di quelli contestati al collega".

Con atto notificato il 18.6.2010 il T. ha avanzato una nuova domanda di accesso agli atti in questione, ritenendo la riproponibilità dell’istanza in base ad elementi autonomi e distinti rispetto a quelli già valutati, consistenti nella diversità delle imputazioni e condanne rilevata dal Consiglio di Stato ed, in particolare, nell’esigenza di accertare la responsabilità disciplinare autonomamente rispetto alla responsabilità penale, sicché il T. avrebbe interesse a verificare, esaminando gli atti richiesti, se il diverso esito del procedimento disciplinare si giustifichi in base a diverse autonome valutazioni della responsabilità disciplinare, ovvero non si giustifichi per intero in base alle sole diverse imputazioni con la conseguenza che si possa sostenere una illogicità della valutazione in sede disciplinare, attesa l’origine comune della vicenda sotto il profilo di fatto.

Quindi, il T. ha chiesto l’accesso agli atti del procedimento disciplinare ex art. 10 della legge n. 19/90 nei confronti di D.E., con particolare riferimento a: 1) istanza di riammissione in servizio; 2) contestazioni di addebito; 3) giustificazioni; 4) verbali di audizione ed atti dell’inchiesta disciplinare; 5) acquisizioni istruttorie documentali e testimoniali; 6) pareri espressi in corso del procedimento; 7) provvedimento finale; 8) ogni altro atto del procedimento.

Con la nota 5.7.2010 n. 333D/0143261 indicata in epigrafe, il Ministero ha respinto l’istanza di accesso.

Di tale determinazione negativa il T. ha chiesto il riesame, ex art. 25 l.n. 241/90, alla Commissione per l’accesso agli atti amministrativi la quale, con decisione 14.9.2010, ha confermato il diniego d’accesso.

Ritenendo illegittime le citate determinazioni negative, l’interessato ha proposto ricorso al TAR del Lazio chiedendone l’annullamento osservando che: – nella domanda in data 18.6.2010 il ricorrente ha specificato che il suo interesse all’accesso non risiede nella possibilità di far valere la disparità di trattamento, già posta a base della prima domanda ed esclusa dal Giudice amministrativo, ma nella possibilità di verifica se il diverso esito del procedimento disciplinare si giustifichi come dovuto in base a diverse autonome valutazioni delle responsabilità disciplinare, ovvero non si giustifichi in base alle sole diverse imputazioni; – in questo secondo caso si potrebbe sostenere una illogicità della valutazione in sede disciplinare, attesa l’origine comune della vicenda sotto il profilo di fatto; – nell’escludere che in ciò vi siano profili di tutela diversi ed autonomi rispetto alla precedente domanda, l’Amministrazione ha omesso di valutare che l’accesso odierno darebbe al ricorrente la possibilità di chiedere un riesame del provvedimento di destituzione sulla base di elementi che non hanno formato oggetto del giudicato; – quindi, non è esatto sostenere che il T. intenda tutelare la medesima posizione giuridica già precedentemente oggetto di un diniego confermato in sede giurisdizionale.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha affermato l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere rigettato in quanto, come correttamente osservato dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi con il provvedimento in data 14.9.2010, non assume particolare rilievo l’argomento svolto dal ricorrente (per sostenere il proprio attuale interesse ad acquisire la documentazione richiesta) secondo cui si potrebbero tuttora assumere iniziative per contestare le determinazioni precedente assunte dall’Amministrazione in ordine alla destituzione dal servizio, posto che nella fattispecie non sarebbe possibile neanche proporre ricorso per revocazione, ex art. 395, n. 4, c.p.c., avverso la decisione (depositata in data 19.8.2007) con cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello avverso la sentenza del TAR Lazio che aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento di destituzione dal servizio emesso nei confronti del T.. Infatti, la revocazione ordinaria, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è un rimedio diretto a denunciare un errore di fatto oggettivamente risultante dai documenti e dagli atti di causa, esperibile nei confronti di una sentenza non ancora passata in giudicato, ai sensi dell’art. 396 c.p.c..

Inoltre, va considerato che (secondo la prospettazione del ricorrente) l’errore in cui potrebbero essere incorsi l’Amministrazione, prima, ed il giudice amministrativo, dopo (in sede di giudizio di legittimità sul provvedimento di destituzione) non sarebbe qualificabile come errore di fatto (da porre a base di un giudizio revocatorio), essendo relativo alla valutazione della consequenzialità logica tra l’esito del procedimento disciplinare e le imputazioni penali.

Quindi, l’istanza di accesso del ricorrente in data 18.6.2010 appare, effettivamente, una mera reiterazione dell’istanza del 12.4.2006, non emergendo nuovi e diversi profili di tutela della situazione giuridica fatta valere dal ricorrente.

Sicché appare legittimo, congruamente motivato e adottato all’esito di una adeguata istruttoria, il provvedimento in data 5.7.2010 n. 333D/0143261 con il quale il Ministero ha respinto l’istanza di accesso osservando che "Al riguardo si osserva che la richiesta è finalizzata a tutelare una situazione giuridica ormai cristallizzata per decorso dei termini di impugnativa del relativo provvedimento; pertanto, l’interesse vantato dal richiedente, in relazione alla documentazione a cui si chiede di accedere, difetta dei requisiti di attualità e concretezza richiesti quale imprescindibile presupposto legittimante la pretesa dagli artt. 22, comma 1, lett, b) della l.n. 241/1990 e 2, comma 1, del dPR. n. 184/2006. Vieppiù, l’odierna richiesta di accesso, costituisce, da un punto di vista sostanziale, una mera reiterazione della precedente richiesta del 12 aprile 2006, oggetto di diniego da parte di questa Amministrazione, anch’essa formulata al fine di tutelare la medesima posizione giuridica, come sopra individuata; l’atto di diniego, come è noto, confermato dalla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi, è stato oggetto di un giudizio definito in senso favorevole a questa Amministrazione, in occasione del quale gli Organi di giustizia amministrativa aditi hanno evidenziato che la posizione giuridica vantata dall’istante è insuscettibile di ricevere ulteriore tutela".

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo respinge;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00);

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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