T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 03-05-2011, n. 3762 Consigliere comunale e provinciale

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Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti, consiglieri comunali di minoranza del Comune di Frasso Sabino, impugnano la delibera n. 68 del 3 luglio 1999 della Giunta comunale di Frasso Sabino recante approvazione della convenzione di lottizzazione n. 186 del 3 luglio 1999 e la conseguente concessione edilizia n. 8 del 19 luglio 1999 all’uopo deducendo violazione degli artt. 1 e seguenti della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere sotto tutte le sue figure sintomatiche

Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in ragione della qualità dei ricorrenti, consiglieri comunali del Comune di Frasso Sabino e comunque affermandone la infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 3458 del 1999 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.

Alla pubblica udienza del 9 marzo 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Tra le condizioni dell’azione processuale, che devono sussistere, a pena di inammissibilità, va annoverata anche la "legitimatio ad causam", che presuppone l’allegazione, da parte dell’attore, di una posizione giuridica soggettiva che si assume lesa dall’azione illegittima della Pubblica Amministrazione.

Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale il consigliere comunale può legittimamente esercitare la generale legittimazione al ricorso solo quando viene in rilievo una lesione diretta delle sue prerogative, ossia del munus che gli viene riconosciuto dall’ordinamento (C.S., sez.V, 19/2/2007, n. 826; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 10 marzo 2009, n. 458; T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 26 novembre 2009, n. 2000; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 10 dicembre 2009, n. 1339).

Nella fattispecie sussiste la carenza di legittimazione attiva delle parti ricorrenti all’impugnazione della deliberazione di giunta, di cui meglio in epigrafe, in quanto tale delibera non incide sulla funzione dei ricorrenti e sui poteri del consiglio (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 30 giugno 2010, n. 2610).

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Il Collegio condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore della resistente Amministrazione, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila).
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore della resistente Amministrazione, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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