Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-02-2011) 03-05-2011, n. 17150 Nullità e sanatoria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Così i dati processuali sono riassunti nel ricorso: in data 6.2.20009 il P.M. presso il Tribunale di Siena emetteva decreto di citazione a giudizio nei confronti di G.F. disponendone la citazione per l’udienza del 1.7.2009 con l’imputazione del delitto di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7 e art. 11 c.p.;

all’udienza del 1.7.2009 il Giudice, dichiarava la nullità del decreto a citazione diretta disponendo la trasmissione degli atti al P.M. per la riformulazione del capo d’imputazione ex art. 429 c.p.p., comma 2; quest’ultimo provvedimento veniva impugnato avanti la Suprema Corte per "abnormità" del provvedimento di prime cure; nelle more del giudizio in data 15.10.2009 il P.M. emetteva un secondo decreto di citazione a giudizio formulando il medesimo capo d’imputazione di cui al precedente decreto e fissando l’udienza del 20.5.2010; la Suprema Corte in data 7.4.2010 annullava senza rinvio l’ordinanza impugnata disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Siena per l’ulteriore corso. All’udienza del 20.5.2010 la difesa del ricorrente eccepiva il ne bis in idem ex art. 649 c.p.p. in quanto erano pendenti, dopo la decisione della Suprema Corte, due procedimenti aventi gli stessi fatti. Il Tribunale, con l’ordinanza impugnata, rigettava l’eccezione rilevando che il procedimento allo stato doveva considerarsi in quanto unico era il fascicolo d’indagini era unico il procedimento attivato aveva un medesimo numero di ruolo. Peraltro dopo la sentenza della Suprema Corte non vi era stato ancora alcun provvedimento del Presidente del Tribunale.

Ricorre il G. che allega l’abrormità del provvedimento in quanto si era consentito di mantenere in vita due autonomi procedimenti aventi lo stesso fatto, posto che il P.M. aveva esercitato pacificamente due volte l’azione penale per gli stessi fatti e che il principio del ne bis in idem andava applicato anche prima di eventuali decisioni di merito, proprio allo scopo di prevenire situazioni di irrazionale duplicazione di accertamenti giudiziari per gli stessi fatti.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile. Come già correttamente osservato dal P.G. non esistono elementi per ritenere che sia stata esercitata una seconda volta l’azione penale per i medesimi fatti in quanto il numero di registro del P.M. è unico e, dopo la sentenza della Corte di cassazione, il Presidente del Tribunale non ha emesso ancora alcun provvedimento, per cui non risulta fissata una ulteriore udienza .

Pertanto l’azione penale deve ritenersi esercitata una sola volta e la formazione di due fascicoli un mero errore in quanto gli stessi sono destinati ad essere riuniti. Il provvedimento impugnato non appare pertanto abnorme e conseguentemente non poteva essere impugnato in cassazione.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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