Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 03-05-2011, n. 17081 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 14 giugno 2010 la Corte di appello di Salerno confermava la sentenza emessa il 15 giugno 2007 dal Tribunale di Nocera Inferiore con la quale S.A. e C. G. erano stati dichiarati colpevoli del reato di concorso in truffa continuata e aggravata ( artt. 110, 81 e 640 c.p., art. 61 c.p., n. 7), commesso in (OMISSIS) fino al settembre 2003, ed erano stati condannati, per il solo C. con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, il S. alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 800,00 di multa e il C. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa nonchè in solido al risarcimento dei danni, da liquidarsi separatamente, e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, cui veniva assegnata una provvisionale di Euro 94.271,93, oltre interessi dal dovuto al soddisfo. La Corte territoriale, preso atto del pagamento della provvisionale disposta con la sentenza di primo grado, disponeva con separata ordinanza la revoca del sequestro conservativo.

Secondo la tesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, il S., amministratore unico della società I Tesori di Capri s.r.l., e il C., titolare della società Assin Natura con sede in (OMISSIS), si erano impegnati ad effettuare in favore della società Finage Mar Lda di A.M.S.B., con sede in (OMISSIS), una fornitura di olio alimentare, traendo in errore sul buon esito dell’operazione commerciale l’intermediario internazionale T.V.Z. da cui avevano ricevuto la somma di 125.259,12 dollari U.S.A., senza provvedere mai alla consegna della merce nè alla restituzione della somma ricevuta e rilasciando, inoltre, alla persona offesa due assegni dell’importo ciascuno di 40.000,00 sterline inglesi, mai pagati in quanto emessi su conti correnti già chiusi.

Avverso la predetta sentenza gli imputati hanno proposto, il S. tramite il difensore e il C. personalmente, separati ricorsi per cassazione.

Con il ricorso presentato nell’interesse del S. si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, di cui la difesa aveva fatto richiesta anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale, e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; in particolare il ricorrente si duole dell’attendibilità attribuita alla persona offesa, costituitasi parte civile, senza che il giudice di primo grado avesse avvertito la necessità, come sollecitato ai sensi dell’art. 507 c.p.p. anche dalla parte civile, di esaminare come testi M.E. (la fornitrice dell’olio – titolare della Seattle e non dall’azienda olearia di (OMISSIS) visitata dal V.Z. – alla quale il S. avrebbe anticipato, stante l’inadempimento del V. Z., il prezzo della fornitura e rimasta a sua volta inadempiente quanto alla consegna della merce tanto da costringere l’imputato a intentare un’azione civile nei suoi confronti), F.A. e C.G. (responsabili della Finage Mar dichiaratisi disponibili a comporre bonariamente la controversia, in ordine al comportamento di V.Z. il quale – secondo la versione difensiva – non aveva rispettato i termini contrattualmente stabiliti per il pagamento del prezzo), R.C. e A.G. (rispettivamente presidente e amministratore della società Excalibur, che avrebbero potuto riferire sulla personalità sia degli imputati che della persona offesa), V.H. (menzionato dalla difesa di parte civile per screditare l’affidabilità commerciale del S.), M.P. (citato dal teste A.V., che l’aveva indicato come responsabile dell’azienda olearia); nel ricorso si evidenzia il comportamento del S. il quale, mentre era in corso il giudizio di primo grado, si era offerto di risarcire totalmente il preteso danno al V.Z., comportamento che contraddiceva la tesi accusatoria di una condotta truffaldina e che avrebbe dovuto indurre a ritenere la vicenda rilevante solo sotto il profilo civilistico.

Con il ricorso del C. si deduce:

1) l’erronea applicazione dell’art. 157 c.p.p., comma 1 e l’inosservanza dell’art. 179 c.p.p., comma 1, in relazione anche all’art. 111 Cost. e art. 6, comma 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, quanto alla ritenuta infondatezza dell’eccezione difensiva riguardante l’omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello (la notifica sarebbe stata fatta a persona diversa dall’imputato, senza indicazione nella relata di notifica della persona che aveva materialmente ricevuto l’atto e la sua qualità);

2) la mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alla dichiarazione di inammissibilità, da parte del Tribunale di Nocera Inferiore, della richiesta difensiva di disporre ai sensi dell’art. 507 c.p.p. l’esame delle persone indicate nel corso del dibattimento dai vari testi esaminati e, in particolare, dalla persona offesa;

3) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione sull’elemento soggettivo del reato, non avendo il giudice di merito considerato che la persona offesa aveva avuto rapporti con il solo S., il quale aveva dichiarato che il C. non parlava nè comprendeva la lingua inglese usata nel corso delle trattative;

del resto lo stesso coimputato S. aveva ammesso di aver avuto diretti rapporti con il V.Z. e di aver ricevuto sul conto corrente della società I Tesori di Capri la somma dallo stesso versato in pagamento della fornitura di olio; mancherebbe quindi, con riferimento alla posizione del C., intervenuto solo successivamente alla conclusione del contratto tra la persona offesa e il S., l’elemento soggettivo del reato di truffa.

Nell’interesse del C. è stata depositata in data 4 febbraio 2011 una memoria difensiva in cui si ribadisce l’eccezione di nullità derivante dall’"omessa citazione del decreto che dispone il giudizio all’imputato", nullità ritenuta preliminare e assorbente rispetto agli ulteriori e fondati motivi di ricorso.

I ricorsi sono inammissibili.

Quanto al ricorso presentato nell’interesse del S., la Corte osserva quanto segue.

Il ricorrente tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. Nel caso in esame il giudice di merito, nel riportarsi legittimamente per relationem alla sentenza di primo grado che aveva già compiutamente esaminato le questioni dedotte con l’appello da entrambi gli imputati, ha ineccepibilmente osservato che la prova della responsabilità dell’imputato S. si desumeva dalla ricostruzione dei fatti operata dalla persona offesa V.Z., che appariva lineare, logica e coerente ed aveva trovato significativi elementi di riscontro nella documentazione acquisita in relazione alla conclusione del contratto e ai pagamenti effettuati, alla contraffazione delle certificazioni relative all’olio, al rilascio dei due assegni dell’importo di 40.000 sterline inglesi ciascuno non pagati perchè emessi su conti correnti già chiusi. Come evidenziato nella sentenza impugnata, il V.Z. aveva sostenuto di essere stato messo in contatto con il C. e il S. da una società denominata Excalibur e di avere personalmente incontrato in (OMISSIS) gli imputati i quali gli avevano assicurato di essere proprietari di un oleificio in grado di soddisfare la sua richiesta, di essere stato accompagnato dal C. (che l’aveva avvertito di non discutere i dettagli dell’operazione con le persone che li avrebbero ricevuti) presso un’azienda olearia di (OMISSIS) ove erano stati accolti da una donna di nome E. la quale aveva dato l’impressione di lavorare per gli imputati. Il V.Z. aveva aggiunto che solo dopo l’incontro era stato stipulato il contratto, che prevedeva da parte sua il versamento del prezzo tramite una banca off shore con sede nelle isole (OMISSIS) e da parte degli imputati la spedizione al più presto della merce in (OMISSIS). Il giudice di appello non ha mancato, inoltre, di porre in rilievo l’atteggiamento contraddittorio degli imputati, in particolare del S. il quale si era difeso accampando l’inadempimento contrattuale del V.Z. e tuttavia, come il coimputato C., aveva sostanzialmente riconosciuto nei contatti diretti con la persona offesa il proprio inadempimento e l’obbligo di rimborsare le somme ricevute (come si evinceva dalla corrispondenza, anche in forma di posta elettronica, richiamata dal giudice di primo grado: impegno a restituire le somme ricevute, sottoscritto da entrambi gli imputati il 29 gennaio 2003, con le scuse al V.Z. "dell’inconveniente e dell’imbarazzo causato al vostro cliente, il consegnatario Finage Mar Lda a Maputo"; analogo messaggio del C. in data 21 marzo 2003). Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dal giudice di merito, che implicitamente ha condiviso le argomentazioni addotte dal giudice di primo grado circa la superfluità degli approfondimenti istruttori ai sensi dell’art. 507 c.p.p., attraverso una puntuale valutazione delle prove che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. In ordine alla dedotta mancata assunzione di una prova decisiva, la Corte osserva che la relativa doglianza può costituire oggetto di ricorso per cassazione solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2, sicchè non può essere validamente invocata quando il mezzo di prova, sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 c.p.p., non sia stato dal giudice (come nel caso in esame) ritenuto necessario ai fini della decisione (Cass. Sez. 1^ 3 maggio 2010 n. 16772, Z.; sez. 6^ 8 luglio 2003 n. 33105, P.G. in proc. Pacor; sez. 6^ 12 ottobre 2000 n. 12539, Porcacchia; sez. 1 28 febbraio 2000 n. 4464, Ilacqua).

Quanto al ricorso dell’imputato C., la Corte rileva che il primo motivo è manifestamente infondato.

Correttamente nella sentenza impugnata si è ritenuta regolare la notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello in quanto non vi era motivo di ritenere che la firma apposta nell’avviso di ricevimento sotto la dicitura "destinatario", anche se illeggibile, non appartenesse all’imputato, a meno di non ritenere l’atto falsificato, eventualità questa contraddetta dalla mancata proposizione di querela di falso da parte dell’interessato. La mera difficoltà di lettura della sottoscrizione apposta sulla relata di notificazione non può, peraltro, determinare una causa nullità in quanto l’indicazione della qualità della persona che ha ricevuto la copia – che nel caso di specie era lo stesso destinatario dell’atto notificato, del quale erano indicate le generalità sull’avviso di ricevimento – e la relazione di detta persona con il luogo in cui la notifica è stata eseguita attestano in maniera inequivocabile l’avvenuta consegna dell’atto direttamente all’imputato.

Il secondo motivo è manifestamente infondato per le ragioni già esposte nel l’esaminare l’analogo motivo di ricorso del coimputato S..

Il terzo motivo introduce censure di mero fatto, inammissibili in questa sede, e riguarda in particolare il ruolo svolto nella vicenda dall’imputato C. il quale – come dettagliatamente riferito nella sentenza impugnata sulla base di un’attenta e rigorosa ricostruzione dei fatti fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, ma anche sulla documentazione acquisita – non solo aveva incontrato insieme con il S. il V.Z. nella fase delle trattative, ma lo aveva anche accompagnato presso l’azienda olearia di (OMISSIS) (impedendogli di fatto di rivolgersi alle persone presenti per parlare della fornitura) e, a seguito della mancata consegna della merce, nella corrispondenza con la controparte aveva sostanzialmente riconosciuto come il coimputato la fondatezza delle rivendicazioni del V.Z., sottoscrivendo peraltro personalmente i due assegni, non pagati perchè emessi su un conto corrente già chiuso, ceduti a garanzia dell’adempimento del contratto. La Corte territoriale ha pertanto fornito una motivazione esauriente e logicamente coerente circa il coinvolgimento del C. nell’operazione truffaldino.

Alla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00. I ricorrenti vanno condannati inoltre a rifondere le spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla parte civile T. V.Z., liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla parte civile T.V.Z., liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *