Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-08-2011, n. 17141 Legittimazione a ricorrere ed a resistere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 6 luglio 2000 G.N., assumendo di essere proprietaria di un fabbricato in territorio del comune di Bernalda, località di Metaponto Lido, ha chiesto l’annullamento della concessione edilizia ottenuta da E.E., proprietaria di un fondo confinante, in quanto la costruzione progettata sarebbe sorta: 1) a distanza inferiore di dieci metri dal confine, in violazione dell’art. 9 del d.m. n. 144/1968 e dall’art. 41 quinquies della legge urbanistica; 2) con un’altezza superiore a quella massima prevista dalle NTA e dalla legge n. 10/1977; 3) con una superficie superiore a un sesto di quella del lotto, sempre in violazione delle NTA; 4) senza specificazione degli spazi destinati a parcheggio; 5) in violazione della tipologia di costruzioni previste dalle NTA ("mantenere inalterato rimpianto urbanistico e tipologico di zona residenziale estiva e villette isolate immerse nel verde");

6) in difetto di parerei dell’Ufficiale sanitario.

Con sentenza del 6 febbraio 2001 il t.a.r. della Basilicata ha annullato la concessione edilizia e il Consiglio di Stato, con decisione del 31 gennaio 2006, ha confermato il provvedimento osservando, preliminarmente, che erano inammissibili i motivi aggiunti all’appello originario, con i quali la E. ha contestato la legittimazione attiva della G., in quanto sprovvista di un titolo giuridico sull’area confinante con quella sulla quale avrebbe dovuto sorgere la costruzione, in primo luogo perchè si trattava di circostanza che doveva essere fatta valere con l’appello, non rilevando che la parte l’avrebbe conosciuta "in tempi recentissimi" e, comunque, perchè l’eccezione era infondata, non essendo sufficiente dedurre che il suolo di cui si tratta e del quale l’originaria ricorrente si è dichiarata superficiaria, era di proprietà del demanio, in considerazione della genericità dell’espressione, compatibile anche con la natura di bene appartenente al patrimonio disponibile, essendo inoltre sufficiente a legittimare l’impugnazione della concessione anche la mera detenzione dell’immobile confinante. Inoltre erano irrilevanti le eventuali illegittimità della costruzione della quale la G. assumeva di essere proprietaria. Nel merito il giudice amministrativo ha affermato che: a) sussisteva la rilevata difformità della costruzione progettata rispetto alla tipologia consentita dagli strumenti urbanistici, non potendo considerarsi "villetta immersa nel verde" una costruzione di quattro appartamenti su tre o quattro piani e non configurandosi come volume tecnico la costruzione eseguita sul terrazzo comune; b) la costruzione era di altezza superiore ai dieci metri, considerando anche il locale costruito sul terrazzo, non avente natura di volume tecnico; c) considerando le scale esterne, il loggiato e il pergolato la costruzione progettata supera il sesto dell’area del loto; d) la distanza della costruzione progettata dalla parete della costruzione confinante e munita di finestre era inferiore ai dieci metri previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, comma 1, n. 2.

Avverso la decisione del Consiglio di Stato la E. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 16 marzo 2007, articolato in due motivi ai quali resiste la G. con controricorso illustrato con memoria.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente, deducendo la nullità delle decisione impugnata, violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., e vizio di motivazione, critica il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’originaria ricorrente, avendo il tribunale di Potenza accertato con sentenza n. 10016 del febbraio 2003, successiva all’atto d’appello notificato nel maggio 2001, che G.G., padre di G.N., era occupante abusivo del terreno di proprietà demaniale e che la costruzione eseguita su tale area, essendo stata acquisita per accessione da parte del Demanio, doveva essere rilasciata, previo pagamento di una somma pari al valore delia costruzione o al maggior valore conseguito dal terreno.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce gli stessi vizi della decisione impugnata nonchè la violazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, criticando nel merito l’accoglimento dell’impugnazione della G., in quanto la tipologia d’immobile realizzabile sull’area di cui è causa non prevederebbe una "vocazione residenziale estiva", l’altezza dell’edificio non sarebbe superiore alla chioma dei pini circostanti, il piano regolatore comunale, anteriore di dieci anni al D.M. del 1968, prevede una distanza minima delie costruzioni dal confine di quattro metri e quindi una distanza minima tra costruzioni di otto metri.

2. La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto non contiene censure di violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo ma critiche al merito della decisione.

L’eccezione è fondata.

Come è noto, i motivi inerenti alla giurisdizione – in relazione ai quali soltanto è ammesso, ai sensi dell’art. 111 Cost., u.c., e dell’art. 362 c.p.c., il sindacato della corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di stato – vanno identificati con l’ipotesi in cui la sentenza del consiglio di stato abbia violato (in positivo o in negativo) l’ambito della giurisdizione generale o i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione – ossia quando abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione nell’erroneo convincimento che essa appartiene ad altro giudice, ovvero ancora quando, in materia attribuita alla propria giurisdizione, limitatamente al solo sindacato di legittimità abbia compiuto un sindacato di merito.

Le censure di cui al ricorso principale, perfino nella loro formale intestazione, sono dirette a contestare la violazione di norme processuali e sostanziali e la correttezza, logica e giuridica, nonchè la sufficienza della motivazione e pertanto deducono violazioni dei limiti interni della giurisdizione del Consiglio di Stato.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese con Euro 4.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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