Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-02-2011) 03-05-2011, n. 17167 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 20 aprile 2010 il Tribunale di L’Aquila, provvedendo sull’accordo delle parti, ha applicato a S.I. C., in ordine ai contestati reati di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi al test per accertare il detto stato, la pena concordata con il pubblico ministero.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di L’Aquila eccependo l’assoluto difetto di motivazione sul punto della concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Rileva preliminarmente la Corte che l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza per la quale il Sima è stato giudicato, con la sentenza qui impugnata, è quella di cui all’art. 186 C.d.S., comma 1, lett. a) (guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8), fattispecie che è stata depenalizzata ai sensi della L. 30 luglio 2010, n. 120, art. 33, comma 4. Tanto deriva logicamente dal fatto che non è stato possibile effettuare l’alcoltest, come contestato al capo b) della rubrica.

L’intervenuta "abolitio criminis" (nel senso della intervenuta trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo) comporta che deve essere emesso un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato, provvedimento che può essere emesso da questa Corte, essendo lo "ius superveniens" applicabile di ufficio anche in Cassazione (v. sez. 5^ 15.2000 n. 769 rv 215996) e deponendo in tal senso evidenti ragioni di economia processuale.

Non ritiene il Collegio di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa, in considerazione del principio di legalità – irretroattività operante sia per gli illeciti penali ( art. 2 c.p.), sia per gli illeciti amministrativi ( L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1 richiamata dall’art. 194 codice della strada), e non rinvenendosi nella legge 120 del 2010 una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il suddetto principio di irretroattività (v. Sez. Un. 16.3.1994 n. 739 rv 197698).

2. Deve pertanto, relativamente a tale capo, essere annullata la sentenza impugnata senza rinvio perchè il fatto non è previsto come reato.

3. Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.

Ed invero, premesso che l’obbligo della motivazione, richiamato dall’art. 111 Cost. e art. 125 c.p.p., comma 3, riguarda tutte le sentenze, compresa quindi anche quella resa nel procedimento speciale disciplinato dagli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., è peraltro pacifico che in tale ultimo caso tale obbligo va ragguagliato alla particolare conformazione di tale sentenza e deve ritenersi assolto ogni qual volta il giudice dia atto, ancorchè succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi all’uopo richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e il giudizio di comparazione di eventuali circostanze, la congruità della pena patteggiata, la concedibilità del beneficio della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia a tanto condizionata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’ art. 129 cod. proc. pen.).

In particolare, il giudizio sulla concedibilità delle attenuanti generiche può ritenersi positivamente esplicitato, allorchè, come nella specie, si verta in ipotesi delittuose di non rilevante gravità, nell’avere il giudice, ad un tempo, preso atto dell’accordo delle parti, e dunque del parere positivo del pubblico ministero anche sul punto in esame, e tenuto conto dei fatti, quali risultanti dal capo di imputazione, senza che sia necessario un esplicito riferimento alle ragioni per le quali tali circostanze sono state positivamente concesse.

La peculiarità del rito induce peraltro a ritenere che il controllo sulla motivazione della sentenza di patteggiamento debba essere esercitato anche da questa Corte in limiti estremamente ristretti e soltanto laddove vi sia una effettiva violazione di norme o lesione di diritti, ciò che il presente ricorso non evidenzia in alcun modo, risultando dunque anche sotto tale aspetto inammissibile in quanto generico.
P.Q.M.

– Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena di Euro 300,00; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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