T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 03-05-2011, n. 3813 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con domanda n. 405 del 17/12/04, il ricorrente ha chiesto al Comune di Campagnano di Roma il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 32 della L. 326/03 e della L.R. n. 12/04 con riferimento ad un immobile di sua proprietà realizzato abusivamente nel Comune di Campagnano di Roma, Via Cavalieri s.n.c., distinto in catasto al foglio 41, part. 270108 p. – 312p. destinato ad abitazione e ricovero attrezzi.

Con altra domanda, rubricata con il n. 406, presentata anch’essa lo stesso giorno 17/12/04, il ricorrente ha chiesto il rilascio della sanatoria delle opere edilizie realizzate su un manufatto destinato ad abitazione, sito anch’esso nel Comune di Campagnano di Roma, Via Cavalieri s.n.c., distinto in catasto allo stesso foglio 41, part. 270108 p. – 312p.

Con i provvedimenti prot. n. 25392 del 26/11/08 (pratica n. 405/04) e prot. 25398 del 26/11/08 (pratica 406/04), entrambe le domande di sanatoria sono state respinte.

L’Amministrazione ha infatti accertato che le opere oggetto di sanatoria sono state realizzate oltre il termine del 31 marzo 2003, che il ricorrente ha presentato due domande di condono per lo stesso fabbricato al fine di eludere il limite volumetrico previsto dalla L.R. 12/04, e che il richiedente non ha neppure provveduto a presentare la documentazione integrativa a corredo della domanda.

Avverso detti provvedimenti il ricorrente ha proposto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Eccesso di potere per presupposto erroneo.

Sostiene il ricorrente che dalla documentazione fotografica si evincerebbe l’esistenza dei fabbricati in data antecedente al 31 marzo 2003; egli avrebbe infatti ottenuto nel 2000 una concessione edilizia in sanatoria per la realizzazione di manufatti agricoli.

2. Violazione, falsa e/o errata applicazione della L.R. Lazio n. 12/04.

Contesta il ricorrente il superamento dei limiti volumetrici in quanto, ai sensi dell’art. 2 comma 1 b) della L.R. n. 12/04, sussisterebbe per gli immobili non destinati a prima abitazione il limite di 300 mc per ciascuna domanda e di 600 mc per l’intero fabbricato.

Né la normativa nazionale, né quella regionale vieterebbe di presentare più richieste di sanatoria da parte dello stesso soggetto per il medesimo fabbricato e quindi il suo fabbricato, avente la volumetria di mc. 429,36 sarebbe sanabile.

3. Violazione falsa e/o errata applicazione della L. 326/03 e della L.R. n. 12/04.

Deduce il ricorrente che la mancata presentazione della documentazione non costituirebbe motivo sufficiente per poter disporre il diniego della sanatoria.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

Il Comune di Campagnano di Roma si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 4836/09 la domanda cautelare è stata respinta.

All’udienza pubblica del 24 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Con i provvedimenti impugnati, il Comune di Campagnano di Roma ha negato il condono edilizio richiesto dal ricorrente sulla base di tre presupposti: mancata realizzazione dell’opera abusiva entro la data del 31 marzo 2003, eccesso di volumetria rispetto ai parametri previsti dall’art. 2 comma 1 lett. b) della L.R. n. 12/04, mancata presentazione della documentazione integrativa necessaria per la disamina della domanda.

Con il primo motivo di impugnazione lamenta il ricorrente l’erroneità del primo presupposto sulla base del quale sarebbero stati adottati i provvedimenti di diniego di sanatoria.

Sostiene, infatti, il ricorrente che le opere sarebbero state realizzate entro il termine del 31 marzo 2003, ed il fotogramma aereo richiamato dall’Amministrazione nel provvedimento di diniego di sanatoria dimostrerebbe l’esistenza del manufatto prima di quella data.

Il fabbricato sarebbe stato realizzato in epoca antecedente, ed avrebbe già beneficiato della concessione in sanatoria n. 9 del 2000.

La censura è infondata.

Occorre innanzitutto rilevare che ai fini del conseguimento della sanatoria per costruzioni abusive, l’onere di fornire la prova in ordine alla ricorrenza del presupposto temporale richiesto per la concessione del beneficio in questione incombe sul soggetto che ha compiuto l’abuso edilizio, mentre sull’Amministrazione grava l’onere di controllare l’attendibilità dei fatti dedotti ex adverso, compiendo ogni opportuna verifica istruttoria ed, eventualmente, contrapponendo ad essi le risultanze di proprie verifiche ed accertamenti d’ufficio (T.A.R. Marche 11/3/95 n. 118).

La dichiarazione sostitutiva di notorietà dell’intervenuta ultimazione delle opere entro la data di scadenza non ha alcuna valenza privilegiata. Ai fini della condonabilità delle opere abusive la stessa rappresenta solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere (T.A.R. Campania Napoli Sez. VI 2/1/06 n. 7); detta dichiarazione sostitutiva non preclude all’Amministrazione, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest’ultima l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato (T.A.R. Lazio Sez. Latina 29/7/03 n. 675).

In estrema sintesi, quindi, la prova sulla realizzazione delle opere entro la data del 31 marzo 2003 grava sul richiedente la sanatoria, che può avvalersi – se non vi è contestazione – della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ma a fronte di elementi di prova a disposizione dell’Amministrazione che attestino il contrario – quali il rilievo aerofotogrammetrico – il responsabile dell’abuso è gravato dall’onere di provare, attraverso elementi certi, quali fotografie aeree, fatture, sopralluoghi, e così via, l’effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio, non potendo limitarsi a contestare i dati in possesso dell’Amministrazione senza fornire alcun elemento di prova a corredo della propria tesi, in quanto l’Amministrazione – in assenza di elementi di prova contrari – non può che respingere la domanda di sanatoria.

Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che dalla disamina delle riprese aeree del 12 luglio 2003 si evincerebbe chiaramente l’esistenza del fabbricato, tenuto conto che era stato realizzato già da tempo ed era stato condonato nel 2000.

La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Dal confronto tra le due fotografie aeree, quella del 12 luglio 2003 e quella del 2008, emerge un’evidente difformità tra i fabbricati sia dimensionale che strutturale, in quanto il manufatto fotografato nelle riprese aeree del luglio 2003 è un piccolo manufatto con annesso portico, mentre quello che fotografato nell’immagine acquisita mediante Google maps nel 2008, è un ben più grande edificio ad uso residenziale con annesso magazzino.

Il manufatto fotografato nel 2003 è sicuramente il precedente fabbricato agricolo condonato con provvedimento n. 9 del 2000, poi demolito dal ricorrente al fine di realizzare il ben più grande edificio ad uso residenziale con annesso magazzino oggetto delle domande di sanatoria ex L. 326/03 e L.R. 12/04.

E’ del tutto evidente, quindi, che il fabbricato oggetto di domande di sanatoria n. 405 e 406 del 17/12/04 non esisteva alla data del 12 luglio 2003 e che quindi non può beneficiare della sanatoria ai sensi della L. 326/03 e della L.R. 12/04, in quanto realizzato oltre i termini previsti dalla legge nazionale e regionale.

La reiezione della prima doglianza è sufficiente a decretare il rigetto del ricorso, in quanto secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in presenza di un provvedimento sostenuto da più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, è sufficiente che sia verificata la legittimità di uno di essi per escludere che l’atto possa essere annullato in sede giurisdizionale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 29 luglio 2010, n. 17066); il giudicante, in tal caso, è esonerato dall’onere di esaminare le censure residue (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 15 luglio 2010, n. 26067).

Ritiene, però, il Collegio per completezza espositiva, di dover esaminare anche il secondo motivo di impugnazione con il quale il ricorrente contesta il superamento della volumetria condonabile.

Secondo la sua tesi, infatti, né la legge nazionale né quella regionale vieterebbero di presentare più domande di condono per lo stesso abuso: pertanto, sarebbe possibile eludere il limite della cubatura di 300 mc previsto dalla L.R. 12/04 mediante il ricorso al semplice frazionamento e duplicazione delle domande di sanatoria.

La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Il Legislatore nazionale nel 2003 ha introdotto il cosiddetto "terzo condono", ma lo ha sottoposto a restrizioni rispetto alle precedenti sanatorie; a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 196 del 28 giugno 2004, le Regioni sono intervenute anch’esse a disciplinare detta sanatoria prevedendo – come nel caso della Regione Lazio – la riduzione delle cubature sanabili.

Sicchè nella regione Lazio è stato introdotto il limite di 300 mc per le nuove opere abusive non destinate a prima abitazione.

La norma sulla cubatura si riferisce evidentemente a ciascun intervento abusivo realizzato dal richiedente il condono, non potendosi accogliere la prospettazione del ricorrente in quanto verrebbe eluso il limite della cubatura previsto dal Legislatore, frustrandosi così la finalità perseguita dal medesimo di consentire la sanatoria soltanto per gli abusi di entità limitata.

Nel caso di specie è incontroverso che si tratti di un unico fabbricato, e quindi la duplicazione delle domande di sanatoria – come correttamente rilevato dal Comune – è stata effettuata al solo di fine di eludere i limiti di cubatura.

Ne consegue l’infondatezza della censura.

Il ricorso deve essere pertanto respinto potendo esimersi il Collegio dall’esaminare il terzo motivo di impugnazione tenuto conto che il provvedimento è adeguatamente sorretto dai primi due presupposti (tardività nella realizzazione delle opere e superamento dei limiti di cubatura).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dall’Amministrazione resistente che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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