Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-01-2011) 03-05-2011, n. 17190 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 14 ottobre 2010 il Tribunale del riesame di Genova, confermando il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale de La Spezia, ha disposto che T.G. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indagato per il delitto di associazione per delinquere e per il concorso in una serie di reati fine, comprensivi di quattro episodi di truffa, consumata o tentata, falsità in atti pubblici, corruzione, concussione, violenza privata e calunnia.

Dopo avere esposto le ragioni fondanti il giudizio di gravità indiziaria, sulle quali non è necessario soffermarsi in questa sede, il Tribunale si è dedicato alla valutazione delle esigenze cautelari. In argomento ha osservato, quanto al pericolo di reiterazione dei reati, che l’avere il T. cessato di rivestire la carica di direttore dell’ufficio tecnico comunale di Riomaggiore non impediva la sua possibile recidivanza in delitti della stessa specie, per tali intendendosi quelli che offendono lo stesso bene giuridico.

Quanto al pericolo di inquinamento delle prove ha considerato quel collegio che il T., come e più degli altri coindagati, una volta avuta conoscenza delle indagini in corso si era adoperato per occultare o distruggere le prove dell’attività illecita, eliminando documenti, alterando lo stato dei luoghi e tentando di condizionare testimoni e coindagati al fine di predisporre falsi alibi: tanto era emerso dalle conversazioni intercettate.

Ha proposto ricorso per cassazione il T., per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente denuncia carenza di motivazione in ordine al pericolo di reiterazione criminosa, per omessa disamina della molteplici questioni sollevate sul punto dalla difesa; insiste nel sostenere che, venute meno le prerogative pubbliche in capo all’indagato, non è ragionevolmente pensabile la futura commissione di altri reati della stessa specie, neppure nella più ampia accezione fatta propria dal Tribunale.

Col secondo motivo denuncia analogo vizio di motivazione in ordine al pericolo di inquinamento della prova, lamentando che il giudice del riesame non abbia adeguatamente spiegato le ragioni per cui la relativa esigenza cautelare non sarebbe tutelabile attraverso misure diverse dalla detenzione carceraria.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Il giudice del riesame, invero, ha adeguatamente motivato il proprio convincimento circa la sussistenza delle esigenze cautelari, individuate nel duplice pericolo di reiterazione della condotta criminosa e di inquinamento delle prove.

Sotto il primo profilo ha valorizzato la gravità dei fatti commessi, le modalità del loro svolgimento e l’elevato numero di illeciti consumati in un limitato arco di tempo, costituenti la dimostrazione di un modus vivendi e di un consolidato sistema di gestione del potere; siffatte circostanze, unitamente all’utilizzo di una struttura organizzativa complessa e ad una personalità dell’indagato caratterizzata da mancanza di scrupoli (evidenziatale attraverso le progettate ritorsioni, anche fisiche, nei confronti degli oppositori politici), hanno indotto quel collegio a giudicare fondato il pericolo che il T., pur privato delle funzioni pubbliche già rivestite nel Comune di Riomaggiore, possa dedicarsi alla realizzazione di altri reati lesivi della stessa categoria di interessi o di valori, anche al di fuori dell’esercizio delle potestà pubbliche precedentemente esercitate. Siffatta linea argomentativa, ineccepibile sotto il profilo della consequenzialità logica, resiste al controllo di legittimità anche dal punto di vista della conformità a legge: infatti il referente normativo dell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c) è attestato sulla probabile commissione di reati che offendono o possono offendere lo stesso bene giuridico, e non già di fattispecie omologhe a quelle per le quali si procede (Cass. 22 settembre 2006 n. 33928; Cass. 10 maggio 1994 n. 2381; Cass. 10 settembre 1992 n. 3163).

Sotto il secondo profilo il giudice di merito ha preso le mosse dalla constatazione che il T. si è adoperato in ogni modo per distruggere od occultare le prove della sua attività illecita, eliminando documenti, tentando di condizionare testimoni e coindagati, tentando altresì di alterare lo stato dei luoghi; è così pervenuto al convincimento che solo una misura cautelare in grado di assicurare i necessari controlli sul comportamento dell’indagato, quale la custodia inframuraria, possa impedire l’ulteriore protrarsi di condotte pregiudizievoli per la genuinità della prova. Ed anche in ciò il giudizio del Tribunale, basato su argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici, resiste al vaglio di legittimità.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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