Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-08-2011, n. 17197 Alimenti e mantenimento Separazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Pronunciando sull’appello proposto da F.F. nei confronti del coniuge separato P.G. avverso precedente decisione del Tribunale di Taranto n. 19/2004, che aveva pronunciato la separazione personale tra i predetti coniugi con addebito alla moglie revocando l’assegno di mantenimento ad essa attribuito dal giudice istruttore, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 153 depositata il 5 giugno 2007, per quel che rileva, ha confermato sia l’addebito della separazione a carico della F., sia la retrodatazione della revoca dell’assegno di mantenimento a far tempo dal mese di agosto 2004, data in cui la causa era stata trattenuta in decisione dal Tribunale, e non dalla data della sua pubblicazione, avvenuta nel 2006, a distanza di ben due anni.

La F. ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui non ha resistito l’intimato.

Il P.G. ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.
Motivi della decisione

La ricorrente denuncia:

1.- violazione dell’art. 151 c.c., comma 2 e art. 143 c.c. e art. 116 c.p.c..

Lamenta l’improprio addebito della separazione a suo carico, coniuge infedele, disposto sulla base delle sole deposizioni dei figli ed in assenza della prova dell’efficienza causale di tale comportamento nella determinazione della crisi coniugale, omesso, peraltro, l’apprezzamento circa la tolleranza dei suoi comportamenti "equivoci", ammessa dallo stesso P.. Formula conclusivo quesito di diritto con cui chiede se la violazione dei doveri coniugali necessiti della prova della valenza causale nella determinazione della crisi del matrimonio.

2.- vizio di motivazione riferito al medesimo passaggio logico, che assume non argomentato in ordine all’accertamento concreto del riferito prescritto nesso causale. La sintesi conclusiva illustra l’omessa indicazione dei fatti attestanti l’incidenza delle presunte infedeltà sull’impossibilità di prosecuzione della convivenza.

3.- violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., per dolersi dell’erronea attribuzione di valore probatorio alle dichiarazioni dei figli, il cui ascolto non è qualificabile fonte di prova. Il conclusivo quesito di diritto chiede appunto se le dichiarazioni dei figli possano assurgere a fonti di prova.

4.- ancora vizio di motivazione per omesso esame del dato rappresentato dalla tolleranza, ammessa e riferita dal suo stesso coniuge, circa il suo comportamento equivoco evidentemente irrilevante nel determinare la crisi del matrimonio. Il conclusivo quesito di diritto, che ingloba sintesi illustrativa del vizio di motivazione, ribadisce l’esigenza dell’accertamento del nesso causale tra presunta infedeltà del coniuge e rottura del rapporto affettivo.

Nel resto il motivo richiama, seppur più diffusamente, le critiche esposte nel precedente mezzo.

I motivi, logicamente connessi e meritevoli pertanto d’esame congiunto, sono privi di pregio.

La Corte territoriale ha assunto a fonti del suo convincimento l’infedeltà della F., del resto conclamata, attestata dalle dichiarazioni dei figli maggiorenni, sicuramente utilizzabili data appunto la loro maggiore età, nonchè degli altri testi, che riferirono tutti concordemente delle reiterate frequentazioni della F. con tale Lella ed altri uomini. In tale accertato contesto fattuale, ha ritenuto la crisi coniugale l’ineludibile corollario della verificata violazione dell’obbligo di fedeltà della predetta.

Sorretto da puntuale tessuto motivazionale, questo percorso argomentativo rende conto esaustivamente e puntualmente dell’incidenza causale dell’accertata violazione del dovere di fedeltà consumata dalla F. nella determinazione di situazione d’intollerabilità della convivenza, e, in fedele adesione all’esegesi consolidata della giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. n. 8512/2006, Cass. n. 25618/2007), del conseguente addebito della separazione. Il dato, tranciante, travolge, siccome irrilevante, l’apprezzamento del contegno asseritamente tollerante del marito, che solo in sede giudiziale fece valere in riconvenzionale la violazione del dovere coniugale consumata dalla moglie. Riconducibile a ragioni inespresse, tale comportamento non sarebbe in tesi idoneo ad elidere il verificato nesso causale tra le accertate frequentazioni, extraconiugali e la crisi del matrimonio, non assumendo alcuna incidenza nell’accertata sequenza casuale.

I restanti quarto e quinto motivo censurano l’impugnata statuizione deducendo:

5- violazione dell’art. 708 c.p.c. e art. 189 disp. att. e vizio di motivazione in ordine alla retrodatazione della revoca dell’assegno di mantenimento a far tempo dall’agosto 2004;

6- vizio d’omessa pronuncia – art. 112 c.p.c., in ordine alla domanda di nullità relativa al medesimo capo.

I giudici di merito avrebbero erroneamente revocato la statuizione di cessazione dell’obbligo del coniuge di contribuire al suo mantenimento, immodificabile finchè il provvedimento assunto dal Presidente del Tribunale non fosse stato sostituito da altro emesso dallo stesso organo ovvero dal giudice istruttore a seguito di presentazione di nuovo ricorso. La mera dichiarazione di irripetibilità delle somme incassate, assunta a dato decisivo dalla Corte del merito, rappresenta argomento inconferente.

I quesiti di diritto chiedono:

5- se poteva essere confermata in appello la retrodatazione della revoca dell’assegno di mantenimento senza tener conto dell’efficacia del provvedimento del Presidente del tribunale fino a che non sia sostituito a seguito di nuovo ricorso.

6.- se il giudice d’appello poteva omettere la pronuncia sulla questione di nullità della disposta retrodatazione della revoca dell’assegno.

I motivi sono privi di fondamento.

La revoca del diritto alla percezione dell’assegno di mantenimento a favore dell’odierna ricorrente rappresenta effetto scaturente ex lege della sentenza che ha addebitato la separazione a carico della stessa. Confermato l’addebito, il diritto all’assegno non spettava alla F. ah initio, salvo il limite dell’irripetibilità degli assegni versati dal coniuge in esecuzione del provvedimento presidenziale nelle more del giudizio e nel periodo intercorso tra la data del luglio 2004 in cui la sentenza del Tribunale venne deliberata e sottoscritta e quella successiva di due anni in cui venne pubblicata. Le somme dalla stessa incassate, come del resto le stesse parti contendenti avevano concordato, non dovevano essere restituite ed in tal senso ha correttamente statuito la Corte del merito.

A fronte di questa soluzione lineare e coerente al quadro normativo, le censure evocano il disposto dell’art. 189 disp. att. c.p.c., comma 2, che non ha alcuna attinenza al caso di specie.

Tutto ciò premesso il ricorso merita il rigetto. Non vi è luogo a provvedere sul governo delle spese del presente giudizio in assenza d’attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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