T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 03-05-2011, n. 3821 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso indicato in epigrafe, gli istanti, ex funzionari INPS, cessati dal servizio successivamente al 1°.7.90 e titolari di pensione integrativa a carico del Fondo interno di previdenza, proponevano ricorso ai fini del riconoscimento della computabilità della quota B dell’indennità di funzione nel trattamento di fine quiescenza, deducendo la violazione di legge ed il vizio di eccesso di potere in relazione a quanto disposto dall’art. 2120 c.c. e degli artt. 27 e 34 del Regolamento di previdenza per il trattamento e di quiescenza del persona del INPS.

Si costituiva l’INPS, chiedendo la reiezione della domanda.

Con nota difensiva per l’udienza di discussione parte ricorrente precisava che solo la sig.ra C.G. aveva rivolto istanza per evitare la perenzione quinquennale ai sensi dell’art. 26 ult. comma l. n. 1034 del 1971, dovendosi invece intendersi accettata l’avvenuta perenzione per gli altri ricorrenti.

Osserva il Collegio, preso atto dell’intervenuta perenzione in parte qua, secondo quanto prima esposto, che il ricorso è infondato.

Infatti, quanto al primo motivo va precisato che la quota B dell’indennità di funzione dirigenziale è rapportata al raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’amministrazione ed alla valutazione complessiva delle capacità gestionali del dirigente, a differenza della quota A che viene determinata in misura fissa correlata alla qualifica dirigenziale. Ne deriva che la predetta quota B non ha il carattere fisso e continuativo necessario ai fini del computo delle prestazioni erogate dal fondo integrativo dell’Ente. Nello stesso senso la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che "In tema di previdenza integrativa dei dipendenti ex Inam, l’indennità di funzione, quota A, va inclusa nel calcolo del trattamento integrativo, mentre non va inclusa l’indennità incentivante, non avente carattere pensionabile." (cfr. Cassazione civile, Sez. Lav., 04 ottobre 2006, n. 21358).

Peraltro, con riferimento alla dedotta violazione del Regolamento del fondo integrativo, va rilevato che predetto regolamento risalente al 1971 non risulta più applicabile per il periodo successivo all’entrata in vigore della l. n. 70 del 1975, in ragione dell’insanabile incompatibilità con la norma primaria, come evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 7154 del 2010 secondo cui "In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, l’art. 13 l. 20 marzo 1975 n. 70, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento, quale base di calcolo, allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnicogiuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione ex art. 15, comma 2, della legge n. 88 del 1989, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità per particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell’Inps) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo".

Per quanto sin qui esposto, il ricorso dichiarato perento nella parte in cui è proposto dai sigg.ri M.D., C.A., S.U. e D.A.F.; deve essere respinto nella parte in cui è proposto dalla sig.ra C.G..

Tuttavia, sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara perento ed in parte lo respinge come precisato in motivazione. Compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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