Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-12-2010) 03-05-2011, n. 17188 Irrilevanza del fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.D., minore di nazionalità macedone, veniva tratto all’udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Trieste con richiesta del Pubblico Ministero di declaratoria di irrilevanza del fatto, costituito dalla dichiarazione di false generalità all’Autorità di frontiera.

Con sentenza del 25 febbraio 2010 il giudice dell’udienza preliminare dichiarava invece ai sensi dell’art. 129 c.p.p., non luogo a procedere nei confronti del predetto in ordine al reato ascrittogli, con la formula "perchè il fatto non sussiste", osservando che non v’era prova della consapevole consumazione del reato da parte del giovane, atteso che non era certo che conoscesse la lingua italiana, nè risultava che fosse stato assistito da interprete.

Avverso detta sentenza propone ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trieste deducendone l’abnormità, atteso che a suo avviso il giudice dell’udienza preliminare una volta investito della richiesta di una pronuncia di proscioglimento per irrilevanza del fatto, non aveva il potere di pronunciare una sentenza ampiamente liberatoria in fatto ai sensi dell’art. 129 c.p.p., tanto meno con provvedimento de plano, come era avvenuto nel caso di specie.

Il ricorso è destituito di fondamento, atteso che la sentenza impugnata non è abnorme, non costituendo espressione di un vulnus radicalmente incompatibile con la ratio dell’iter processuale previsto dalla norma di rito (Sez. Unite n. 25957 del 26 marzo 2009, Toni- Rv 243590), ma anzi trovando logico inserimento nel sistema. La Corte ritiene infatti di non condividere l’orientamento espresso dalla sentenza della 1^ Sezione n. 11349 del 17 merzo 2006 – Rv 233447, atteso che l’art. 129 c.p.p. è certamente applicabile anche nel procedimento contro minori, e per altro verso il proscioglimento anticipato corrisponde alla caratteristica fondamentale del processo minorile, che è orientato alla necessità della più sollecita fuoruscita del minore dal circuito processuale. Del resto non va trascurato di considerare che tale ultimo risultato in linea di massima consegue indifferentemente sia al proscioglimento per irrilevanza del fatto che a quello per insussistenza del fatto, che non solo non è deteriore per il minore, ma anzi gli è più favorevole, di modo che non appare giustificato l’interesse del Procuratore Generale all’impugnazione se non nell’ottica della tutela dell’assetto formale della geometria del processo minorile, come dettata sul punto dal D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, che comporterebbe un inutile dispendio di giurisdizione ed il mantenimento del giovane macedone sotto la soggezione di un procedimento penale che comunque si risolverebbe in suo favore.

Quanto al dedotto difetto di motivazione, va rilevato che sebbene con estrema stringatezza, la sentenza impugnata da tuttavia conto delle ragioni della decisione, osservando che nel caso di specie non poteva affermarsi per certo che il minore straniero fosse nella condizione di comprendere le domande rivoltegli dalla polizia di frontiera, nè risultava che nell’occasione fosse stato assistito da interprete.

Il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dispone l’oscuramento dei dati identificativi del minore.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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