Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-12-2010) 03-05-2011, n. 17168 Aggravanti comuni danno rilevante Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Caltanissetta accoglieva la richiesta di revisione della sentenza del Tribunale di Sciacca del 19.4.2001 che aveva applicato la pena patteggiata a B.G., Mi.Pa., M. A., C.M. e D.G.M. in ordine ai reati loro ascritti (art. 112, comma 1, art. 61, n. 2, artt. 81 cpv, 48 e 479, con riferimento alla falsificazione di schede di intervento relative al servizio assistenza domiciliare anziani di (OMISSIS) da parte degli operatori della cooperativa Dimensione Uomo 2000; ed art. 112 c.p., comma 1 e art. 356 c.p. per avere commesso frode nell’esecuzione del contratto di appalto per assistenza domiciliare anziani, ottenendo il pagamento di somme per servizio non effettuato e, per l’effetto, revocava la sentenza anzidetta, assolvendo gli imputati dai reati loro ascritti con formula perchè il fatto non sussiste.

Opinava il giudicante che vi fosse incompatibilità tra i fatti oggetto della stessa sentenza e quelli oggetto della sentenza dello stesso Tribunale di Sciacca del 16.2.2007, che aveva assolto venti coimputati degli stessi fatti-reato, nell’ambito dello stesso procedimento, con formula ampiamente liberatoria dell’insussistenza del fatto.

Avverso la pronuncia anzidetta il PG di Caltanissetta ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 634 c.p.p. ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), contestando le argomentazioni in forza delle quali la Corte territoriale aveva ritenuto sussistenti i presupposti della revisione, ritenendo, infondatamente, che vi fosse incompatibilità tra i fatti oggetto della sentenza di patteggiamento e quella di assoluzione.

Il secondo motivo denuncia mancanza o apparenza o illogicità di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e). Si duole, al riguardo, che il giudice a quo non abbia considerato che le contestazioni a carico degli imputati riguardavano non già un unico fatto di reato, comune anche agli imputati assolti, ma condotte autonome e distinte, di guisa che le sentenze in esame riproducevano diversa valutazione dei fatti e non già fatti tra di loro incompatibili.

2. – L’eadem ratio delle censure che sostanziano i motivi di ricorso ne consente l’esame congiunto.

Con tali doglianze parte ricorrente lamenta che, in accoglimento dell’istanza di revisione proposta dai nominativi in epigrafe indicati, il giudice a quo abbia ritenuto sussistenti i presupposti della revisione nel dedotto contrasto tra una sentenza di patteggiamento ed altra di proscioglimento emessa in esito al rito ordinario, opinando, tra l’altro, che il fatto oggetto dei due procedimenti fosse unico e comune a tutti e non si trattasse, piuttosto, di fatti autonomi e distinti.

Il ricorso è destituito di fondamento. Ed invero, è ineccepibile il compendio motivazionale in forza del quale la Corte di merito ha ritenuto esistenti i presupposti della richiesta revisione.

Dall’esame della sentenza di assoluzione emessa nei confronti di altri imputati – pur essi dipendenti della stessa cooperativa Dimensione Uomo e pur essi accusati dei reati di cui all’art. 112 c.p., comma 1, art. 61 c.p., n. 2, art. 81 cpv. c.p., artt. 48 e 479 c.p. ed all’art. 112, comma 1, artt. 81 cpv e 356, con l’addebito di avere falsificato le schede di intervento relative ad assistenza anziani, nell’ambito di un contratto di servizi intercorso tra la stessa cooperativa ed il Comune di Menfi – è emerso, infatti, che, contrariamente all’assunto accusatorio, l’attività di servizio era stata realmente prestata dalla società cooperativa e che nessuna frode era stata posta in essere, donde l’assoluzione degli imputati con formula pienamente liberatoria.

Se così è, balza evidente che, in esito ad esame funditus del compendio probatorio, il giudice del dibattimento aveva escluso che, ontologicamente, sussistesse il fatto fraudolento in riferimento al quale altri imputati avevano ritenuto di dover patteggiare la pena, piuttosto che sottoporsi al giudizio ordinario. Da qui l’evidente contrasto tra giudicati, che dava ragione all’istanza di revisione proposta.

Inutilmente, parte ricorrente richiama le affermazioni giurisprudenziali di questa Corte regolatrice, che escludono l’ammissibilità dell’istanza di revisione nell’ipotesi in cui lo stesso quadro probatorio sia stato diversamente valutato, posto che ciò che è emendabile è l’errore di fatto e non già la diversa valutazione del fatto (cfr., tra le altre menzionate, Cass. sez. 2, n. 211556 del 28.5.2008; id. sez. 1 n. 6273 del 13.2.2009).

Nel caso di specie, infatti, il contesto probatorio, oggetto delle due pronunce, non era affatto coincidente, giacchè nel secondo giudizio si era notevolmente ampliato in esito a compiuta istruttoria dibattimentale, che, invece, era mancata nell’altro procedimento definito con sentenza di patteggiamento. Così, sulla base di approfondita indagine dibattimentale era stato possibile accertare una diversa realtà fattuale, oggettivamente inconciliabile con gli elementi di fatto sui quali si era fondata la pronuncia di patteggiamento, tanto che gli altri imputati del procedimento ordinario sono stati assolti con la formula ampiamente liberatoria dell’insussistenza del fatto.

Risultava, pertanto, pienamente integrata la fattispecie processuale dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. a), esattamente rilevata dal giudice a quo.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, nei termini di cui in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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