T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 1124 Tassa occupazione suolo pubblico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente, operante nel settore delle affissioni pubblicitarie, impugnava gli atti indicati in epigrafe laddove subordinavano la possibilità di ottenere le autorizzazioni alla posa di impianti pubblicitari alla previa stipula di un contratto di concessione del suolo pubblico ove questi impianti sarebbero stati collocati con pagamento del canone di occupazione di cui all’art. 63 D.lgs. 446\97.

Il ricorso si fonda su due motivi.

Il primo eccepisce la violazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 2,3 e 11 L. 241\90, degli artt. 23,26 e27 D.lgs. 285\92 e dell’art. 53 DPR 495\92 oltre all’eccesso di potere per travisamento dei fatti e sviamento di potere.

La pubblicità stradale è regolata dalle norme del Codice della Strada che prevede per l’installazione di cartelli pubblicitari l’autorizzazione dell’ente proprietario della strada, mentre il Comune ha preteso la stipulazione di una convenzione per la concessione del suolo pubblico che a suo parere avrebbe incluso implicitamente l’autorizzazione prevista dal Codice della Strada.

Ma tale potere di autorizzazione implicita non è previsto dalle norme in materia, che richiedono un provvedimento espresso non potendosi neanche concludere il procedimento amministrativo con un silenzio assenso.

Da ciò discende l’illegittimità dell’art. 9 del Regolamento del Piano Generale degli impianti pubblicitari del comune di Como.

Né può ritenersi che nel caso in esame si voleva giungere alla sottoscrizione di un accordo sostitutivo ai sensi dell’art. 11 l. 241\90 poiché nessuno dei due soggetti in questione aveva manifestato una volontà in tal senso.

Infine la concessine di suolo pubblico non può essere subordinata al pagamento di un canone illegittimo.

Il secondo motivo attiene alla violazione dell’art. 63 D.lgs. 446\97 e dell’art. 9,comma 7, D.lgs. 503\97 poiché il canone di occupazione del suolo pubblico è parametrato alla superficie espositiva e non allo spazio pubblico effettivamente occupato.

La contestazione appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo perché non si contesta il calcolo del canone dovuto, ma il potere dell’amministrazione di determinare il criterio di calcolo.

Il Comune di Como si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo quanto alle doglianze espresse con il secondo motivo di ricorso.

Alla camera di consiglio del 23.6.2009 veniva respinta l’istanza cautelare.

Preliminarmente va affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’amministrazione resistente.

Il Comune di Como ritiene che la giurisdizione appartenga al giudice ordinario in virtù di quanto previsto dall’art. 5 L. 1034\71 in tema di canoni sulle concessioni di beni pubblici ed attualmente confermato dall’art. 133 c.p.a.

L’eccezione non è fondata.

La società ricorrente non contesta il calcolo del canone, ma l’atto amministrativo con cui è stato fissato il criterio impositivo.

In merito il consiglio di Stato ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo con la sentenza 4886\2009 che ha riformato una sentenza del TAR Puglia che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione in una vicenda analoga alla presente.

La sentenza in questione così motiva sul punto rilevante della giurisdizione: "la controversia attiene ad un atto con il quale si stabilisce l’entità dei canoni, variabili in ragione della superficie occupata, dovuti al Comune per l’utilizzazione del suolo pubblico per la installazione (e il mantenimento) degli impianti destinati alla pubblicità.

L’atto con il quale si istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di beni pubblici ha natura regolamentare e rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.

La stessa natura regolamentare con giurisdizione del giudice amministrativo hanno anche gli atti istitutivi o modificativi di tributi locali.

In materia di concessioni amministrative solo le controversie in ordine alla spettanza e alla misura del canone rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario ".

Il ricorso è parzialmente fondato.

Questo TAR si è espresso in più occasioni sulla necessità che gli impianti pubblicitari destinati ad occupare il suolo pubblico siano soggetti non solo all’autorizzazione prevista dal Codice della Strada ma anche alla concessione di suolo pubblico.

Si ricorda tra le tante la sentenza 992\2009 di questo TAR che sul punto afferma: "mentre l’esposizione di mezzi pubblicitari su proprietà che si trovino nella disponibilità dell’interessato, richiede una valutazione circa la mancanza di contrasto della stessa con gli interessi pubblici di cui l’Amministrazione è portatrice, normalmente apprestata tramite l’emanazione di un’autorizzazione; all’opposto, l’esposizione che insiste su suolo pubblico, implicando l’uso del predetto suolo da parte di un soggetto privato, richiede, da parte dell’Amministrazione nella cui disponibilità il suolo si trovi, una ben più complessa ed attenta valutazione, che non si limita alla compatibilità di tale uso con l’interesse pubblico, ma deve estendersi alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino gli interessi collettivi di cui essa è portatrice.

Si tratta, quindi, di un esame più meditato ed articolato, da esperire mediante un provvedimento non (meramente) autorizzativo ma propriamente concessorio, il cui rilascio presuppone non una semplice "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, ma la canalizzazione della prima nell’alveo del secondo (cfr. TAR Lombardia, sez. IV, n. 3421/05). L’autorizzazione all’esposizione di mezzi pubblicitari e la concessione dell’uso del suolo pubblico attengono, quindi, alla tutela di interessi pubblici diversi e presuppongono valutazioni differenti; se la prima si esprime in un giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata, la seconda comporta una valutazione sulla conformità di questa con il pubblico interesse."

Non ci si può dolere pertanto per il fatto che il Comune di Como subordini l’autorizzazione alla posa in opera di impianti pubblicitari anche ad un provvedimento concessorio.

Il primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato.

La società ricorrente lamenta la parametrazione della COSAP alla superficie espositiva data dalla dimensione del cartellone pubblicitario e non riferita alla superficie di suolo pubblico occupata.

Non vi è tardività quanto all’impugnazione della norma regolamentare in quanto è principio più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa che il termine per la proposizione del ricorso decorre non dalla pubblicazione, ma nel momento in cui interviene l’atto applicativo che attua la regola dettata in via astratta e generale, in quanto è in tale momento che l’interesse a ricorrere diviene concreto ed attuale.

L’art. 21 del Regolamento per l’applicazione del Canone per l’occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche, è illegittima.

Sul punto si veda quanto affermato in una recente sentenza del TAR Puglia 2920\2010: "Il Collegio, aderendo all’orientamento consolidato della Cassazione (cfr. Ordinanza Corte di Cassazione n. 18442/2009 sentenze Cassazione Civile, Sezione V, n. 1306/2007 e 1305/2007, già Cassazione n. 17614/2004) ritiene che gli impianti pubblicitari siano soggetti a imposta di pubblicità e non alla tassa di occupazione del suolo pubblico; ciò in quanto gli impianti pubblicitari occupano necessariamente una parte di suolo pubblico. L’imposta sulla pubblicità comprende in sé la tassa sull’occupazione di suolo pubblico per la quale, in astratto, esistano i presupposti e, condivisibilmente a quanto prospettato da parte ricorrente, il Collegio è dell’avviso che la previsione di un canone oltre l’imposta per la pubblicità determinerebbe una duplice imposizione.

Come già ritenuto da questa Sezione per l’occupazione di suoli pubblici mediante impianti pubblicitari, destinati ad essere rimossi al termine del periodo senza pregiudizio alcuno per il bene occupato, non può essere imposto il pagamento oltre che della imposta di pubblicità anche di un canone concessorio, quando questo ultimo non sia rapportabile a forme di utilizzazione del bene pubblico diverse dalla mera occupazione del bene."

Pertanto mentre è legittimo pretendere da parte dell’amministrazione che l’autorizzazione all’installazione di strumenti pubblicitari sulla pubblica via sia ricompresa all’interno di un provvedimento concessorio che autorizzi l’utilizzo di suolo pubblico, non è però legittimo pretendere un ulteriore canone per tale occupazione che si aggiunga all’imposta sulla pubblicità poichè la posa in opera di strumenti pubblicitari occupa necessariamente una parte di suolo pubblico.

Va perciò annullato l’art. 21 del Regolamento per l’applicazione del Canone per l’occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche e la concessione contratto nella parte in cui applica un canone per l’occupazione di suolo pubblico.

Le spese possono essere compensate stante il parziale accoglimento del ricorso.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti indicati in epigrafe nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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