T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 1120 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente aveva presentato un progetto per la costruzione di un albergo allo Sportello Unico per le Attività produttive nelle vicinanze dello stadio di San Siro.

Dal momento che l’opera non era conforme alle previsioni dello strumento urbanistico, il Responsabile del SUAP indiceva una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 25 D.lgs. 112\98 e 5 DPR 447\98 che prevedono la possibilità di operare una variante allo strumento urbanistico se non vi sono aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o se sono insufficienti, sempre che i nuovi impianti siano conformi alla disciplina ambientale, sanitaria e di sicurezza.

In virtù dei pareri espressi in sede di conferenza di servizi il progetto ha subito numerose varianti fino a quando nella seduta del 19.1.2007 è stato dato parere favorevole all’intervento, tenuto anche conto dell’atto di obbligo unilaterale sottoscritto dalla T. S.a.s. per la realizzazione di opere ritenute indispensabili per gli aspetti connessi alla viabilità.

La proposta di deliberazione sulla variante all’esito della conferenza di servizi veniva discussa una prima volta in Consiglio Comunale in data 5.3.2009 e veniva rimandata alla Giunta per ottenere degli approfondimenti istruttori circa il contenzioso esistente tra il Comune e la società istante.

Successivamente la Giunta Comunale ritirava la delibera in cui era contenuta la proposta con atto che veniva annullato con sentenza 3963\2009 di questo Tribunale.

Si giungeva quindi alla seduta del 5.11.2009 dove veniva discussa la proposta presentata che veniva respinta dal Consiglio Comunale.

Nell’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 25 D.lgs. 112\98 e 5 DPR 447\98, dell’art. 97 L.R. 12\2005, degli artt. 1,2,3,21 octies L. 241\90, dell’art. 97 Cost., del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Consiglio Comunale oltre all’eccesso di potere per omessa e insufficiente motivazione e istruttoria, insussistenza dei presupposti, illogicità, perplessità, contraddittorietà e sviamento.

Il Consiglio Comunale può andare in contrario avviso alla proposta emersa dalla conferenza di servizi, ma ha l’obbligo di motivare adeguatamente sulle ragioni che l’hanno condotto a discostarsi dal parere espresso da tutti i soggetti coinvolti nella vicenda amministrativa.

L’obbligo di motivazione non può ritenersi soddisfatto sulla base delle considerazioni svolte dai singoli consiglieri nei loro interventi in aula anche perché, laddove si volesse riconoscere il valore di motivazione al verbale della discussione durante la seduta sullo specifico punto dell’ordine del giorno, non si potrebbe enucleare una valida ragione per opporsi all’intervento richiesto.

Tali considerazioni assumono maggiore rilevanza se si pone l’attenzione sul fatto che la proposta della Giunta era estremamente articolata e dava atto delle ragioni per cui la proposta doveva essere valutata positivamente tenuto conto anche della circostanza che le previsioni per l’area dello strumento urbanistico erano ormai inattuabili.

Inoltre attraverso l’approvazione del progetto vi era la possibilità di chiudere un precedente contenzioso con la società ricorrente che si era impegnata a rinunciare al ricorso per Cassazione a quel momento pendente.

Infine nella proposta si dava atto di come le strutture alberghiere nella zona di riferimento fossero insufficienti, mentre la posizione del nuovo albergo si rivelava strategica potendosi raggiungere da lì facilmente le autostrade per tutte le destinazioni ed il nuovo Polo fieristico.

Il Comune di Milano si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso in quanto l’obbligo della motivazione per le delibere del Consiglio Comunale è assolto mediante la verbalizzazione delle opinioni espresse in sede di dibattito e che comunque, dal complesso degli interventi di chi si opponeva all’approvazione del progetto, potevano evincersi le ragioni del diverso avviso rispetto alla proposta.

Esse in sostanza riguardavano il dubbio sulla reale utilità di una struttura alberghiera di rilevanti dimensioni in una zona molto periferica della città, il rischio di ulteriore congestionamento del traffico, il dissenso manifestato dai cittadini residenti in zona, il rischio di favorire future operazioni speculative e infine l’inopportunità di ricorrere ad uno strumento eccezionale di pianificazione mentre era in corso di approvazione il nuovo strumento di pianificazione generale.

Il ricorso è fondato.

Non vi è dubbio che il Consiglio Comunale non è affatto vincolato ad aderire alla proposta che viene formulata dalla Giunta all’esito della conferenza di servizi convocata ai sensi degli artt. 25 D.lgs. 112\98 e 5 DPR 447\98, ma quando si discosta da essa deve fornire un’adeguata motivazione.

Non soccorrono in questo senso alcune pronunce citate nella memoria del Comune poiché si riferiscono ad atti di pianificazione generale per le quali è notorio non essere necessaria una specifica motivazione in ordine alle scelte adottate neanche quando si disattendono i contenuti delle osservazioni, salvo i casi in cui lo strumento incida su aspettative qualificate.

Il caso di specie è proprio un esempio di aspettativa qualificata perché la proposta di variante nasce dalla presentazione di un progetto specifico su un’area ben individuata che ha superato il vaglio della conferenza di servizi.

Infatti la sentenza TAR Puglia sezione staccata di Lecce 2946\2005 afferma l’ampia discrezionalità che caratterizza la scelta del Consiglio Comunale titolare dei poteri di pianificazione urbanistica, ma evidenzia la necessità di motivare puntualmente; si veda il punto rilevante della decisione citata: "Resta, invece, impregiudicata la valenza di atto ampiamente discrezionale della delibera del Consiglio comunale di adozione o meno della variante urbanistica per le conseguenze che un atto del genere può comportare sullo sviluppo armonico del territorio.

Aggiungasi che il procedimento contemplato dall’art 5 del dpr 447/98 non prevede l’ulteriore esame da parte della Regione, il che esalta la discrezionalità del Consiglio Comunale chiamato a decidere se esercitare o meno il ius variandi al cospetto di una pianificazione territoriale già varata.

Cionondimeno, l’esito positivo della conferenza di servizi indetta a norma dell’art 5 del dpr 447/98 produce sicuramente l’effetto di esigere una motivazione puntuale da parte dell’amministrazione comunale in caso di mancata approvazione della variante. Il motivato discostamento dai pareri confluiti nel modulo della conferenza di servizi deriva da un principio di generale trasparenza delle scelte di amministrazione, tanto più stringente in presenza di provvedimenti negativi per le aspettative degli interessati.".

Soccorre in merito la sentenza 4110\23008 del Consiglio di Stato che afferma principi analoghi: "Resta, invece, impregiudicata la valenza di atto ampiamente discrezionale della delibera del Consiglio comunale di adozione o meno della variante urbanistica per le conseguenze che un atto del genere può comportare sullo sviluppo armonico del territorio.

Aggiungasi che il procedimento contemplato dall’art 5 del dpr 447/98 non prevede l’ulteriore esame da parte della Regione, il che esalta la discrezionalità del Consiglio Comunale chiamato a decidere se esercitare o meno il ius variandi al cospetto di una pianificazione territoriale già varata.

Cionondimeno, l’esito positivo della conferenza di servizi indetta a norma dell’art 5 del dpr 447/98 produce sicuramente l’effetto di esigere una motivazione puntuale da parte dell’amministrazione comunale in caso di mancata approvazione della variante. Il motivato discostamento dai pareri confluiti nel modulo della conferenza di servizi deriva da un principio di generale trasparenza delle scelte di amministrazione, tanto più stringente in presenza di provvedimenti negativi per le aspettative degli interessati.". Si tratta di sentenza che ha respinto l’appello in relazione alla pronuncia di primo grado del TAR Puglia 1331\2005 che sull’obbligo di motivazione e sulla sua estensione così si era espresso: " La semplice lettura dell’atto dimostra che l’amministrazione non ha espressamente indicato le ragioni di fatto e di diritto della decisione, saldandole in un percorso argomentativo idoneo a rappresentarne la giustificazione.

Sul punto le tesi delle parti sono chiare e ben formulate.

La difesa comunale ritiene che la motivazione sia fornita per relationem attraverso il richiamo alle delibere di indirizzo 37/02 e 23/03. Precisamente la motivazione emergerebbe dalla combinazione di due passaggi testuali:

"dato atto che la presente deliberazione costituisce in sostanza proposta di variante al vigente PRG con tipizzazione dell’area interessata dall’intervento, con attuale destinazione di zona agricola speciale di cui all’art. 2.5.1.2. delle NTA, ad area con destinazione turisticoalberghiera"

"viste le deliberazioni di C.C. n. 37 del 29.11.02 e n. 23 del 29.03.03".

Infatti, ad avviso della parte pubblica, poichè dette delibere consentirebbero che l’accordo di programma comporti variante al Prg solo nelle ipotesi in cui l’area sia tipizzata a zona agricola semplice (o residenziale, o turisticoalberghiera, o economicoproduttiva), il loro richiamo nel provvedimento varrebbe a chiarire le ragioni del diniego di ratifica.

La tesi è priva di pregio.

La motivazione per relationem è ammissibile purchè il richiamo sia autosufficiente, ovvero, in caso contrario, l’amministrazione operi il raccordo dell’elemento richiamato con il resto della motivazione inserendolo armonicamente nel quadro del provvedimento in modo da esternare un iter logicoargomentativo compiuto.

Il che, palesemente, non è avvenuto nella vicenda in esame tanto che la difesa resistente è stata costretta a questa opera di raccordo.

Ma vi è di più.

Nel caso di specie l’andamento del procedimento amministrativo era stato incondizionatamente favorevole all’interessato, il quale aveva ottenuto, a tacer d’altro, la sottoscrizione dell’accordo da parte del Sindaco del Comune (cioè il capo dell’amministrazione che ha poi respinto il progetto) e della Regione.

In disparte la questione della nascita di un’aspettativa giuridica è fuor di dubbio che tali fatti imponessero al Consiglio Comunale una risposta completa, esauriente e chiara delle ragioni del diniego di ratifica e non un breve, implicito e potenziale dettato argomentativo.

Inoltre la stessa applicabilità delle richiamate delibere poteva non essere pacifica, trattandosi di atti sopravvenuti all’avvio del procedimento, sicchè sarebbe stato doveroso da parte dell’amministrazione chiarire il punto."

Si tratta di precedenti giurisprudenziali specifici che dimostrano come non sia sufficiente per motivare la scelta di non aderire alla proposta formulata in sede di conferenza di servizi e fatta propria dalla Giunta, rifarsi al verbale che certifica il dibattito avvenuto tra i consiglieri.

Le ragioni che hanno spinto la maggioranza dei consiglieri a non approvare la proposta sono non sempre omogenee tra loro e oltretutto non tutti coloro che hanno votato contro si sono espressi nel corso del dibattito consiliare. Appare pertanto necessario che all’esito del dibattito si pongano in votazione proposte motivate di rigetto cosicché su di esse possa formarsi una maggioranza contraria al progetto; la maggioranza non può essere la semplice sommatoria di consiglieri contrari al progetto, ma deve costituire la parte preponderante dell’organo collegiale che dà ragione della sua contrarietà, cosicché il privato leso nella sua aspettativa potrà presentare ricorso laddove ritenga che l’esercizio della discrezionalità sia viziato sotto le forme dell’eccesso di potere attraverso una delle figure sintomatiche cui la giurisprudenza riconduce la sua possibilità di censurare la decisione dell’organo.

Tutto ciò non si è verificato nel caso di specie e dal dibattito contrariamente a quello che afferma la difesa comunale non è dato di comprendere in maniera univoca quale siano state le ragioni poste a base del diniego alla proposta di variante.

Il ricorso deve, di conseguenza, essere accolta previo annullamento della delibera consiliare del 5.11.2009, unico atto avente efficacia lesiva nei confronti della società ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato indicato in motivazione.

Condanna il Comune di Milano alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 500.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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