Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-03-2011) 04-05-2011, n. 17249 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 20 novembre 2010 il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’appello proposto, a mente dell’art. 310 c.p.p., da H.O.J.E. avverso il provvedimento con il quale, il GIP della medesima sede giudiziaria, il precedente 11 ottobre 2010, aveva negativamente valutato la sua istanza volta alla modifica della misura cautelare in carcere emessa dal GIP il 21.07.2010, perchè gravemente indiziato l’istante del reato di tentato omicidio ai danni di E. C.U..

A sostegno della decisione il Tribunale, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, poneva l’argomento che, nel caso in esame, permanevano le esigenze cautelari soddisfagli soltanto con la più rigorosa delle misure previste, in quanto le modalità dell’azione ed il carattere violento con essa dimostrato dall’indagato, unitamente al suo comportamento processuale, senz’altro reticente al pari di quello della parte offesa, tanto che sull’episodio non era stato fatto, ancora, piena luce, concorrevano nel confermarne la pericolosità sociale e nella dimostrazione del pericolo, ancora attuale, di condotte recidivanti da parte sua, condotte non adeguatamente contrastabili con gli invocati arresti domiciliari.

2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il predetto H.O.J.E., assistito dal difensore di fiducia, illustrando un unico ed articolato motivi di impugnazione, col quale denuncia l’illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione.

Deduce in particolare la difesa ricorrente che:

– il Tribunale avrebbe affermato la persistenza del pericolo di reiterazione del reato immotivatamente;

– altrettanto immotivatamente dell’indagato il tribunale avrebbe affermato il carattere violento ed aggressivo;

– la stessa vittima ha riferito che l’indagato era sempre stato con lui cortese e gentile;

– lo stesso Tribunale dubita della versione dei fatti fornita dalla p.o., la quale ha riferito di essere stato accoltellato e colpito con un bastone dall’indagato, il quale sarebbe poi caduto per terra consentendogli di darsi alla fuga;

– il comportamento della p.l. comprova la lievità delle lesioni subite, considerata anche la ruga andata a buon fine della stessa, nonostante l’inseguimento dell’aggressore;

– la circostanza che l’episodio non abbia ancora trovato una sua piena spiegazione non significa che esso sia estremamente grave come accreditato dal tribunale.

3. Il ricorso è infondato.

La difesa ricorrente affida le sue difese ad una serie di considerazioni di segno contrario a quelle fatte proprie dai giudicanti e da essi poste a fondamento della decisione di rigetto.

Di merito, oltre che in parte apodittiche, sono infatti le affermazioni che l’indagato non sia pericoloso e non abbia un carattere violento ed aggressivo perchè ciò sarebbe confermato dalle dichiarazioni della parte offesa, della quale, peraltro, la stessa difesa impugnante riconosce la palese reticenza.

Giova qui ribadire, allora, che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Di qui il conseguente corollario, anch’esso costantemente ribadito da questa Corte, secondo cui, ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). Orbene, nel caso in esame, a fronte di una completa ed esaustiva motivazione del giudice territoriale, il quale correttamente ha valutato la personalità dell’indagato deducendola dall’azione consumata e dal comportamento processuale, si limita la difesa ricorrente, giova ribadirlo, ad affermazioni contrarie fondate su una fonte che essa stessa riconoscere essere inattendibile. Del pari di merito è il giudizio difensivo in ordine alla non estrema gravità della condotta contestata, giudizio contrario a quello espresso dai giudicanti non già, come opinato dall’istante, perchè rimasto oscuro il movente dell’azione (fatto comunque significativo in questa fase processuale) ma in quanto valutata, in termini francamente logici, l’azione commessa dall’indagato il quale, con bastone e coltello, ha tentato, allo stato senza motivo, di uccidere un amico.

4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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