T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 03-05-2011, n. 818 Regolamenti comunali e provinciali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente, premesso di essere proprietario di un immobile nel Comune di Corleone, via F. Bentivegna, numeri civici 31, 33 e 35, ha impugnato la deliberazione n° 68 del 27 aprile 2005, divenuta esecutiva il 16 giugno 2005, con la quale il consiglio comunale ha modificato il locale regolamento per il commercio su aree pubbliche, individuando davanti all’abitazione del ricorrente un’area sulla quale realizzare un chiosco di 24 mq. per la vendita di ortofrutta.

Con atto di intervento del 25 luglio 2005, si è costituito in giudizio il controinteressato, in qualità di titolare dell’attività di commercio svolta nell’area controversa, sollevando preliminarmente eccezione di inammissibilità del ricorso, e domandandone comunque il rigetto, con vittoria di spese.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, è stata impugnata la nota prot. n° 581 del 8 luglio 2005, con la quale il Comune, sulla base delle modifiche apportate al regolamento per il commercio su aree pubbliche, impugnato in via principale, ha rilasciato al sig. B. il nulla osta per l’installazione di un chiosco per la vendita di frutta e verdura.

Con ordinanza cautelare n° 942 del 20 settembre 2005, questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

Con ordinanza n° 1005 del 19 dicembre 2005, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, ravvisando sufficienti motivi di fondatezza del ricorso, ha accolto l’appello interposto dal ricorrente.

Con secondo ricorso per motivi aggiunti, è stata impugnata l’autorizzazione n° 24 del 20 ottobre 2005, rilasciata al controinteressato, all’installazione del chiosco controverso.

Con ordinanza cautelare n° 170 del 3 febbraio 2006, questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione della suddetta autorizzazione n° 24 del 20 ottobre 2005 impugnata con motivi aggiunti.

Con terzo ricorso per motivi aggiunti, è stato impugnato il provvedimento n° 8 del 31 marzo 2010, recante testualmente "autorizzazione per la esecuzione di opere per la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio per le quali non è richiesta la concessione edilizia".

In data 28 febbraio 2011, il Comune resistente ha depositato memoria difensiva, domandando, in sede di discussione orale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, il suo rigetto, vinte le spese.

Con memoria di replica depositata il 2 marzo 2011, il ricorrente ha eccepito la tardività del deposito della memoria comunale.

Alla pubblica udienza del 23 marzo 2011, sentiti i difensori delle parti presenti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso.
Motivi della decisione

Preliminarmente, dev’essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune resistente con memoria in data 28 febbraio 2011, tardiva ai sensi dell’art. 73 del codice del processo amministrativo, applicabile ratione temporis stante l’integrale ricadenza del decorso del termine di deposito della memoria in questione sotto la sfera di efficacia del codice medesimo, conformemente ai principi desumibili dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n° 1 del 7 marzo 2011.

Il superamento del termine, di natura perentoria, di trenta giorni liberi prima dell’udienza di discussione, previsto per il deposito di memorie difensive, non esime il Collegio dal vagliare la questione di inammissibilità del ricorso, per omessa impugnazione della concessione prot. n° 7228 del 23 maggio 2002, atteso che tale questione, se fondata, eliderebbe l’interesse a ricorrere, comportando il venir meno di una condizione dell’azione, la cui sussistenza deve essere sempre riscontrata dal giudice anche d’ufficio (conforme Cass., Sez. I, 21 dicembre 2007, n° 27088; 1 ottobre 2007, n° 21141; 1 marzo 2007, n° 4853).

Ritiene il Collegio che la suddetta questione di inammissibilità del ricorso, qui rilevata d’ufficio, (anche a prescindere dalla sua indicazione in udienza, stante la portata non dirimente ai fini della decisione della controversia) sia infondata.

Non risulta, infatti, dagli atti del giudizio che la concessione summenzionata, riguardante l’occupazione di spazi e aree pubbliche comunali, avesse attribuito la facoltà di costruzione di un chiosco di mq. 24, corrispondente al progetto versato in atti e assentito con i provvedimenti impugnati, per l’esercizio di attività commerciale su posto fisso esattamente nell’area antistante l’immobile di proprietà del ricorrente, ai numeri civici dal 31 al 35 della via Bentivegna di Corleone: sotto tale profilo, non era ravvisabile l’immediata, attuale e concreta idoneità lesiva della sfera giuridica del ricorrente, che, per tale ragione, non aveva l’onere di impugnarla.

L’eccezione di inammissibilità per omessa impugnazione della concessione per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, va, dunque, respinta.

Ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso è stata sollevata dall’interveniente, per il cui vaglio è propedeutico dirimere la questione di ammissibilità dell’intervento dallo stesso spiegato in giudizio, ammissibilità contestata dal ricorrente.

L’odierno interveniente fa valere il proprio interesse qualificato alla conservazione dei provvedimenti impugnati, analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente. Egli riveste, per tale ragione, la qualità di parte necessaria del giudizio, nei cui confronti la sentenza che lo definisce esplica la forza della cosa giudicata sostanziale.

Egli è, dunque, legittimato ad intervenire nel giudizio di primo grado, non essendo stato intimato in relazione all’impugnativa del regolamento per il commercio su aree pubbliche, ed avendo svolto intervento prima che si perfezionassero nei suoi confronti, nella sopravvenuta qualità di controinteressato in senso tecnico, le notifiche delle impugnative per motivi aggiunti, non sussistendo, inoltre, alcuna ragione ostativa inerente il diritto di difesa di parte ricorrente, atteso il rispetto dei termini per il deposito di memorie e documenti.

L’intervento, da qualificarsi come litisconsortile, è, per tale ragione, ammissibile, ai sensi dell’art. 22 L. n° 1034/1971, disposizione oggi confermata, per quanto rileva in questa sede, dall’art. 28 del codice del processo amministrativo.

Tornando, quindi, all’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica a controinteressato, la stessa è infondata.

Tutte le impugnative per motivi aggiunti, articolate avverso provvedimenti abilitativi individuali, nei quali ultimi era direttamente e nominativamente identificato il destinatario, sono state ritualmente notificate al suddetto controinteressato, con correlativa infondatezza in fatto dell’eccezione in esame.

Residua la questione dell’omessa notifica del ricorso principale al controinteressato c.d. "successivo".

Giova al riguardo succintamente ricordare i principi di diritto maturati in sede giurisprudenziale in ordine alla nozione di controinteressato ai fini dell’insorgenza dell’onere di notifica.

In particolare, la giurisprudenza amministrativa consolidata richiede la sussistenza di un duplice profilo, sostanziale (essere portatore di un interesse qualificato analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente) e formale (essere nominativamente indicato nel provvedimento come destinatario, o agevolmente individuabile come tale) (conforme, Cons. Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 74).

Tale criterio va specificato per il caso di atti generali, in relazione ai quali l’onere di notifica a controinteressato sorge solo per i soggetti singolarmente individuati del tenore degli stessi e che ne abbiano tratto beneficio prima della loro impugnazione (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2004, n° 402; Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, 28 luglio 1988, n° 130).

Nel caso di specie, il regolamento per il commercio su aree pubbliche non contiene alcun diretto riferimento all’odierno interveniente, nei cui confronti, pertanto, non sussisteva l’onere di notifica del ricorso principale e che, in ogni caso, non ha subito alcuna "deminutio" di tutela, proprio in virtù dell’intervento volontario compiutamente e tempestivamente svolto, altresì, idoneo a soddisfare il principio dell’integrità del contraddittorio, ai sensi dell’art. 2 del codice del processo amministrativo.

Il ricorso è, pertanto, ammissibile.

Venendo al merito, il ricorso principale e per motivi aggiunti è fondato.

E’ assorbente la fondatezza della censura con cui si deduce violazione dell’art. 20, terzo comma, del d.lgs. 30 aprile 1992 n° 285 e succ. mod., per essere stati disattesi i divieti ed i limiti, ivi contemplati, all’occupazione della sede stradale e dei marciapiedi.

La norma invocata, al terzo comma, stabilisce che "nei centri abitati, ferme restando le limitazioni e i divieti di cui agli articoli e ai commi precedenti, l’occupazione di marciapiedi da parte di chioschi, edicole ed altre installazioni, può essere consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purchè in adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la circolazione dei pedoni, larga non meno di 2 metri. Le occupazioni non possono comunque ricadere all’interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni di cui all’art. 18, comma 2. (…)".

Nel caso di specie, è incontestato che il chiosco controverso abbia la larghezza di quattro metri e la lunghezza di sei metri e che il marciapiede sia largo quattro metri, mentre non risulta la costruzione in aderenza a fabbricati.

Alla luce dei suindicati elementi fattuali non contestati (restando irrilevanti altre circostanze marginali), non può che inferirsene la fondatezza della denunciata illegittimità, atteso che, già dalle dimensioni del manufatto di cui si tratta, appare evidente l’occupazione del marciapiede in tutta la sua larghezza, senza che residui il prescritto spazio di due metri per il transito dei pedoni e sussistendo, peraltro, elementi non trascurabili e concordanti tali da far deporre nel senso della ricadenza del chiosco medesimo nel triangolo di visibilità dell’intersezione tra la via Bentivegna e la piazza Falcone e Borsellino.

E’ fondata, altresì, la censura, sollevata con il terzo ricorso per motivi aggiunti, per violazione dell’art. 5 della L.R. n° 37/1985, atteso che, per orientamento giurisprudenziale dominante, la precarietà di un’opera va valutata sul piano funzionale, non potendo ravvisarsi tale natura in un chiosco per l’esercizio di attività commerciale, per quanto realizzato in legno o con struttura amovibile, considerata la stabilità e perduranza nel tempo dell’uso cui esso è destinato, principio rafforzato nel caso concreto dal carattere permanente dell’attività svolta dal controinteressato (conforme, Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, 23 ottobre 1998, n° 633; T.A.R. Lazio, Sezione Iquater, 21 luglio 2009).

Per tutte le suesposte ragioni, il ricorso principale ed i ricorsi per motivi aggiunti devono essere accolti, perché fondati.

L’istanza di accesso agli atti, avanzata in sede endoprocessuale, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, del codice del processo amministrativo, in quanto riscontrata dall’amministrazione nel corso del giudizio, come dedotto dal medesimo ricorrente in seno al terzo ricorso per motivi aggiunti, nonché atteso l’accoglimento dell’impugnativa, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese del giudizio sono compensate tra le parti, avuto riguardo alla particolarità del caso.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i seguenti atti:

– il regolamento per il commercio su aree pubbliche, approvato con deliberazione 27 aprile 2005 n° 68, del Comune di Corleone, limitatamente alla parte impugnata, in cui è stata individuata un’area di 24 mq. davanti all’abitazione del ricorrente per la realizzazione di un chiosco per la vendita di prodotti ortofrutticoli;

– la nota prot. n° 581 del 8 luglio 2005;

– l’autorizzazione n° 24 del 20 ottobre 2005;

– l’autorizzazione n° 8 del 31 marzo 2010.

Dichiara improcedibile la domanda di accesso agli atti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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