Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-08-2011, n. 17383 Colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.Z., T.M. e B.D. convenivano in giudizio la Avis Autonoleggio s.p.a., C.D. (o C.) e la Milano Assicurazioni per sentirli condannare il solido al risarcimento dei danni subiti per la morte del loro congiunto T.C. a seguito di un incidente stradale cagionato dallo stesso C., conducente dell’autovettura investitrice.

I convenuti resistevano alla domanda attrice e ne chiedevano il rigetto affermando che nessuna responsabilità era imputabile al C. essendosi il sinistro verificato per colpa esclusiva del pedone, T.C..

Il Tribunale di Roma rigettava la domanda e compensava integralmente le spese processuali.

Proponevano appello T.Z., T.M. e B. D. chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza e lamentando la valutazione delle risultanze probatorie, da loro ritenuta non corretta.

Nella contumacia della società Avis Autonoleggi s.p.a. e del C., la Milano Assicurazioni s.p.a. chiedeva il rigetto del gravame.

Nel corso del giudizio si procedeva al mutamento del rito ai sensi dell’art. 3 della sopravvenuta L. n. 102 del 2006.

La Corte d’Appello di Roma dichiarava C.D. e T.C. responsabili del sinistro per cui è causa, nella rispettiva misura del 40% e del 60%. Condannava C.T. e le società Avis Autonoleggio s.p.a. e Milano Assicurazioni s.p.a., in solido, al risarcimento dei danni nella misura di Euro 86.468,00 in favore di B.D., di Euro 36.890,00 in favore di T.Z. e di Euro 36.890,00 in favore di T.M., oltre accessori.

Propongono ricorso per cassazione con tre motivi T.Z., T.M. e B.D., che presentano memoria.

Resiste con controricorso la Milano Assicurazioni s.p.a..

Non hanno svolto attività difensiva Avis Autonoleggio e C. T..
Motivi della decisione

Il Collegio ha raccomandato l’adozione di motivazione semplificata.

Con il primo motivo parte ricorrente lamenta "violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3".

Secondo i ricorrenti da parte del conducente del veicolo investitore non sarebbe stata fornita la prova liberatoria di cui all’art. 2054 cod. civ., dato che dall’istruttoria era emerso che C. T. viaggiava ad una velocità di gran lunga superiore ai limiti, previsti dalla legge e dalla comune esperienza, in centro urbano ed in prossimità di un segnalato passaggio pedonale.

Il motivo è infondato.

In tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito, in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente ed al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta insindacabile in sede di legittimità quando, come nella specie, sia adeguatamente motivato ed immune da vizi logici e da errori giuridici, e ciò anche per quanto concerne il punto se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 cod. civ. (Cass., 10 agosto 2004, n. 15434).

Si deve peraltro osservare che in tema di investimento stradale, se pure il conducente del veicolo investitore non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione di colpa che l’art. 2054 cod. civ., comma 1, pone nei suoi confronti, non è preclusa l’indagine, da parte del giudice di merito, in ordine al concorso di colpa del pedone investito, con la conseguenza che, allorquando siano accertate la pericolosità e l’imprudenza della condotta del pedone, la colpa di questi concorre, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 1, con quella presunta del conducente (Cass., 8 agosto 2007, n. 17397).

Con il secondo motivo si lamenta "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5".

Secondo parte ricorrente la Corte d’appello non avrebbe osservato i principi consolidati in tema di valutazione delle fonti di prova;

avrebbe omesso di indicare idonei supporti probatori a sostegno della propria decisione; avrebbe fatto degradare ad elementi solo indiziari le emergenze processuali certe e concordanti offerte dagli odierni ricorrenti.

Il motivo deve essere rigettato.

Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può, infatti, rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 6 aprile 2001, n.7921).

Con il terzo motivo si denuncia infine "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in merito alla quantificazione del danno operata dalla Corte d’appello di Roma".

L’illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "La sentenza di secondo grado in merito al fatto controverso consistente nella sussistenza e quantificazione del danno morale e biologico iure proprio e iure successionis nonchè sulla sussistenza e quantificazione del c.d. danno patrimoniale futuro, si è espressa con incoerente, insufficiente e contraddittoria motivazione, non osservando i principi consolidati in tema di valutazione delle fonti di prova, omettendo di indicare idonei supporti probatori a sostegno della propria decisione e degradando ad indiziarie le emergenze processuali certe e concordanti offerte dagli odierni ricorrenti".

Il motivo non può essere accolto.

Esso, infatti, non solo formula un quesito di diritto privo di specificità, ma non è neppure autosufficiente, in quanto non riproduce nè la parte della c.t.u. medicolegale, che non sarebbe stata correttamente apprezzata; nè gli altri elementi di prova a sostegno del fatto che in futuro la vittima avrebbe offerto aiuto economico ai propri congiunti.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

La peculiarità della fattispecie induce a ritenere che sussistano giusti motivi per una integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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