Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 04-05-2011, n. 17275

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 10.6.10 la Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava la condanna emessa il 13.3.06 all’esito di rito abbreviato dal GUP del Tribunale di Locri nei confronti di A.A. per i delitti di soppressione e occultamento di documenti di circolazione e di riciclaggio di un autoveicolo di provenienza furtiva, al quale l’imputato aveva alterato il numero di telaio, sostituito le targhe originarie e reso parzialmente illeggibile la matricola identificativa del motore.

Tramite il proprio difensore l’ A. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per un solo articolato motivo con cui lamentava erronea applicazione dell’art. 648 bis c.p., a suo avviso dovendosi ritenere integrato, nella vicenda in esame, il diverso delitto di ricettazione in quanto il riferimento – come oggetto materiale – a denaro, beni o altre utilità (e non anche a "cose", come invece previsto dall’art. 648 c.p.) doveva intendersi rivolto ad ogni utilità assimilabile, sul piano concreto, al denaro, considerato altresì l’excursus storico della norma e le ragioni che l’avevano ispirata; inoltre, anche il riciclaggio doveva intendersi connotato da dolo specifico costituito da un fine di lucro personale, anche per non confonderlo con il reato di favoreggiamento reale; da ultimo, la condotta del soggetto agente doveva essere idonea ad ostacolare in concreto la tracciabilità del bene, vale a dire la ricostruzione della c.d. paper trail e tale non poteva considerarsi la mera sostituzione delle targhe.

1- Osserva questa S.C. che va disattesa l’opzione interpretativa, suggerita dal ricorrente, che vorrebbe ridurre l’oggetto materiale del delitto p. e p. ex art. 648 bis c.p. alle sole utilità assimilabili, sul piano concreto, al denaro: vi osta non solo la costante giurisprudenza di questa S.C., ma anche l’insuperabile dato letterale, rientrando le autovetture nel concetto giuridico di "bene" di cui all’art. 810 c.c..

Va, poi, ricordato che con la riforma attuata dalla L. 9 agosto 1993, n. 328, art. 4 il delitto di riciclaggio è a forma libera, grazie alla previsione di chiusura che, alle condotte di sostituzione o trasferimento, ha aggiunto qualsiasi altra operazione atta ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.

E’ pacifico che possa trattarsi di operazioni anche meramente materiali sui beni (diversamente, sarebbe bastato ad integrare il delitto il trasferimento della res, già previsto come condotta rilevante nell’originaria formulazione della norma incriminatrice), purchè tali da ostacolare "l’identificazione della loro provenienza delittuosa".

Il riferimento alle condotte che ostacolano l’identificazione della provenienza delittuosa – e, prima ancora, a quelle di trasferimento – icasticamente evidenzia che l’azione del soggetto attivo del reato può incidere tanto sulla mera identità del bene, ovvero sulla sua "riconoscibilità", quanto sulla "tracciabilità" del suo percorso.

Invero, per escludere il delitto di riciclaggio non basta che il bene resti astrattamente tracciabile se poi, proprio in forza di interventi di manomissione delle sue componenti, se ne altera l’identità in modo da non renderlo più riconoscibile.

E, per converso, un bene può restare fisicamente identico e, ciò nondimeno, di difficile tracciabilità a cagione di plurimi trasferimenti dopo essere stato sottratto alla sfera di controllo del suo titolare.

Nel caso dei beni mobili registrati, la "tracciabilità" (intesa come paper trail) e la "riconoscibilità" sono legate (quanto meno) alle risultanze documentali e agli identificativi alfanumerici fisicamente impressi sul bene (come i numeri di telaio o di motore) o comunque ad esso incorporati (come le targhe).

Ne consegue che ogni loro alterazione costituisce condotta tale da ostacolare l’identificazione del bene, conformemente a costante giurisprudenza di questa S.C. secondo cui integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche soltanto a rendere difficile l’accertamento della provenienza del bene (cfr. Cass. Sez. 6, n. 16980 del 18.12.07, dep. 24.4.08; Cass. n. 2818/06; Cass. n. 47088/03; Cass. n. 9026/97).

Alla stregua di quanto precede, è indubbio che alterare il numero di telaio, sostituire le targhe originarie e rendere parzialmente illeggibile la matricola identificativa del motore sono azioni che, seppur non tali da rendere definitivamente impossibile l’identificazione del bene, comunque la consentono non più immediatamente, ma solo all’esito di un controllo approfondito, come accaduto nel caso in esame (in cui, secondo quanto si legge nella gravata pronuncia, l’autoveicolo in possesso dell’odierno ricorrente è stato identificato soltanto incrociando dati diversi).

Pertanto, ritiene questa S.C. di non doversi discostare dalla propria consolidata giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 2, n. 38581 del 25.9.07, dep. 18.10.07, rv. 237989; Cass. Sez. 2, n. 44305 del 25.10.05, dep. 5.12.2005, rv. 232770; Cass. Sez. 2, n. 9026 dell’11.6.97, dep. 3.10.97, rv. 208747; Cass. Sez. 1 n. 3373 del 14.5.97, dep. 21.6.97, rv. 207850; Cass. Sez. 1 n. 7558 del 29.3.93, dep. 3.8.93, rv.

194767), in virtù della quale integra il delitto di riciclaggio la condotta del soggetto che, per occultare la provenienza delittuosa di un’autovettura, ne alteri in tutto o in parte gli identificativi (targhe, numero di telaio o di motore, documenti di circolazione).

Sull’elemento soggettivo, deve ribadirsi che, a differenza di quanto avviene nel delitto di ricettazione, in quello p. e p. ex art. 648 bis c.p. il dolo è generico (e non specifico, come invece si legge in ricorso) e comprende sia la volontà di compiere le attività relative ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa di beni od utilità sia la consapevolezza di tale provenienza, ma senza alcun riferimento a scopi di profitto o lucro o ad altre specifiche finalità (cfr. Cass. Sez. 6 n. 16980 del 18.12.2007, dep. 24.4.2008, rv. 239843; Cass. Sez. 4 n. 6350 del 30.1.2007, dep. 15.2.2007, rv. 231053; Cass. Sez. 2 n. 13448 del 23.2.05, dep. 12.4.05, rv. 231053).

Nè si dica che in tal modo il delitto di riciclaggio verrebbe a confondersi con quello di favoreggiamento reale, rischio – in realtà – impedito già soltanto dalla clausola di riserva che costituisce l’incipit dell’art. 379 c.p., comma 1 ("Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648, 648 bis e 648 ter…"), clausola finalizzata ad escludere il ricorso al criterio di specialità sostituendovi quello di sussidiarietà (cfr. Cass. Sez. 2 n. 43295 del 24.11.10, dep. 6.12.10; Cass. Sez. 2 n. 11709 del 27.9.94, dep. 24.11.94), con conseguente preventiva risoluzione, a monte, di un possibile concorso apparente di norme.

2- Mentre il ricorso è da rigettarsi in relazione al delitto sub A della rubrica, per quello sub B la sentenza va cassata, rilevandosi l’ormai intervenuta prescrizione del reato in esso previsto, risalente ad epoca compresa tra il 4.12.2000 e il 19.3.2001.

In conclusione, si annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B della rubrica, con eliminazione della relativa pena.

Per l’effetto, si ridetermina il trattamento sanzionatorio per il residuo reato di cui all’art. 648 bis c.p. nella misura di anni 1, mesi 9 e gg. 10 di reclusione ed Euro 533,00 di multa.

Nel resto, il ricorso si rigetta.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B della rubrica e per l’effetto ridetermina la pena per il residuo reato di cui all’art. 648 bis c.p. nella misura di anni 1, mesi 9 e gg. 10 di reclusione ed Euro 533,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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