Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 04-05-2011, n. 17274

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 25.3.10 la Corte d’Appello di Lecce confermava la condanna emessa in data 8.1.09 dal Tribunale di Brindisi nei confronti di M.S. per il delitto di truffa ai danni di N.A..

Questi, in sintesi, i fatti come ricostruiti in sede di merito: il M., in qualità di titolare della ditta Centro SALMAR, aveva venduto a N.A. merce varia per un importo complessivo di Euro 8.000,00 portato da tre assegni, consegnando – invece – merce inferiore per quantità e qualità a quella pattuita.

Alle rimostranze della N. aveva promesso la restituzione di 4.000,00 Euro a ristoro dell’omessa consegna del materiale promesso, impegno cui – in realtà – non dava seguito, tanto da portare all’incasso tutti gli assegni ricevuti.

Tramite il proprio difensore il M. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento perchè la vicenda in esame presentava meri connotati civilistici – trattandosi, al più, di un mero inadempimento – e non già gli artifici e i raggiri propri della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 640 c.p.; inoltre, la condanna si era basata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, mosse da risentimento verso l’imputato e prive di riscontri.

1- Il ricorso è inammissibile perchè con esso il ricorrente non esamina specificamente – per confutarle – le considerazioni, immuni da vizi logico-giuridici, svolte dal provvedimento impugnato, che ha evidenziato non solo e non tanto l’inadempimento nella fornitura della merce rispetto a quella oggetto di vendita, bensì gli artifici e i raggiri consistiti nel fatto che, a fronte di un ordinativo fatturato nella sua totalità, il M. aveva consegnato merce largamente inferiore per quantità e qualità, per di più con una ingiustificata lievitazione dei prezzi ed inserendo nelle scatole contenenti la merce recapitata alla persona offesa talune confezioni di prodotti con un numero di articoli inferiore a quello pattuito (ad esempio scatole di rasoi da 20 pezzi anzichè da 50, confezioni di spazzolini di marca diversa da quella concordata e, per di più, in confezioni contenenti 12 pezzi invece di 60).

A ciò si dovevano aggiungere le rassicurazioni fornite alla persona offesa, smentite dal successivo contegno del M..

A riguardo è appena il caso di ricordare che è inammissibile – per mancanza della specificità del motivo prescritta dall’art. 581, lett. c) – il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008; Cass. n. 39598 del 30.9.2004, dep. 11.10.2004; Cass. n. 5191 del 29.3.2000, dep. 3.5.2000; Cass. n. 256 del 18.9.1997, dep. 13.1.1998).

Avverso tali rilievi l’odierno ricorrente si limita a mettere in dubbio le dichiarazioni della persona offesa in quanto mosse da risentimento verso l’imputato e prive di riscontri.

Ma, a parte l’ovvio rilievo che le dichiarazioni della persona offesa non abbisognano di riscontri, alla sua deposizione non applicandosi i canoni dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, per il resto la generica doglianza del M. non fa altro che sollecitare un nuovo apprezzamento in punto di fatto delle risultanze dibattimentali, operazione preclusa in sede di legittimità. 2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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