Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 04-05-2011, n. 17273

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 18.3.10 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di S. Maria C.V. del 28.9.09, riduceva la pena nei confronti di C.P. per possesso di documenti di identificazione falsi, ricettazione, falsificazione di valori di bollo. Revocava la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e confermava nel resto.

Tramite il proprio difensore il C. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per violazione o falsa applicazione di legge e vizi di motivazione perchè la Corte territoriale, malgrado la rinuncia a tutti i motivi d’appello da parte dell’imputato ad eccezione di quelli inerenti al trattamento sanzionatorio, avrebbe comunque dovuto valutare l’effettiva sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo dei reati e considerare che i corpi di reato altro non erano che mere fotocopie false di documenti e non già documenti falsi in originale.

1- Premesso che l’odierno ricorrente aveva rinunciato a tutti i motivi d’appello salvo quello relativo alla determinazione della pena (come si legge nell’impugnata sentenza), il ricorso risulta inammissibile perchè, in virtù di maggioritario orientamento giurisprudenziale cui questa S.C. ritiene di aderire, è inammissibile l’impugnazione relativa a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia espressamente rinunciato, il che ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione o all’analoga ipotesi dell’accordo sulla pena in appello in forza del previgente art. 599 c.p.p., comma 4, poi abrogato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 2, comma 1, lett. i), convertito con modificazioni in L. 24 luglio 2008, n. 125 (cfr., su tale analoga evenienza, Cass. Sez. 1 n. 43721 del 15.11.2007, dep. 23.11.2007; Cass. n. 40767 del 2001 rv. 220427, n. 94 del 2003 rv. 224239, n. 16965 del 2003 rv. 224241, n. 20477 del 2003 rv. 224924, n. 21358 del 2003 rv. 224505, n. 28831 del 2003 rv.

225771, n. 29699 del 2003 rv. 225896, n. 39663 del 2004 rv. 231109, n. 1754 del 2005).

Dunque, poichè ex art. 597 c.p.p., comma 1 l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta che essi siano stati oggetto di rinuncia non potevano i giudici d’appello prenderli in considerazione, nè potrebbe farlo questa S.C. sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, costituendo ius receptum in giurisprudenza quello della irrevocabilità di tutti i negozi processuali, pur se unilaterali (cfr. Cass. Sez. 1 n. 29359 del 14.5.09, dep. 16.7.09, rv. 244826; Cass. Sez. 3 n. 11215 dell’8.10.95, dep. 15.11.95, rv.

203220; Cass. Sez. Un. 1173 dell’11.7.61, dep. 19.9.61).

2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.500,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.

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