T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 03-05-2011, n. 754 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 4 luglio 2008 e depositato il successivo 11 luglio, la società indicata in epigrafe, che gestiva una media struttura di vendita in Firenze, via S. Martini n. 57, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento dirigenziale del 6 maggio 2008 con il quale il Comune di Firenze aveva ordinato di cessare l’attività di vendita al dettaglio sulla superficie ritenuta eccedente quella autorizzata, secondo quanto rilevato in un rapporto informativo della Polizia Municipale relativo ad un sopralluogo effettuato il 2 febbraio 2008, che rilevava un ampliamento per mq. 1.258 di superficie di vendita in questione.

La società ricorrente, ricostruendo i passaggi procedimentali urbanisticoedilizi che avevano portato alla presentazione di un’istanza di ampliamento, sospesa presso gli Uffici comunali e non ancora definita, lamentava, in sintesi, quanto segue.

"Violazione art. 22 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 14. Violazione delibera Consiglio Comunale 877 del 28 luglio 2000. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, carenza di motivazione, contraddittorietà."

La ricorrente disponeva di una superficie di vendita comunque maggiore di quella di mq. 1033 indicata nel provvedimento impugnato, come da diverse d.i.a. del 2002 e del 2006, e l’ampliamento risultava regolarmente richiesto in quanto conforme ai presupposti di conformità urbanistica necessari. La relativa sospensione del procedimento da parte dell’Amministrazione comunale, inoltre, non risultava fondata su alcuna norma, essendo invece prevista la conclusione del medesimo entro un termine di novanta giorni, non potendo rilevare la contestata insufficienza di spazi per parcheggi e la destinazione urbanistica di zona in relazione alle chiare disposizioni del Piano del commercio approvato con delibera di C.C. n. 877 del 28 luglio 2000, prorogata con delibera n. 80 del 25 luglio 2005.

"Ulteriore violazione dell’art. 22 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114. Violazione art. 97 Cost. Eccesso di potere per difetto di proporzionalità, illogicità, carenza di istruttoria".

La chiusura dell’esercizio di vendita poteva essere imposta solo in seguito a svolgimento abusivo dell’attività, nelle ipotesi più gravi di assoluta mancanza di autorizzazione, e non certamente nell’ipotesi di mero ampliamento di superficie già autorizzata, tenendo conto anche della pendenza del procedimento di ampliamento stesso, regolarmente richiesto dalla ricorrente in presenza di tutti i presupposti necessari.

Si costituiva in giudizio il Comune di Firenze, con memoria di mera forma, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare.

In prossimità della pubblica udienza, il Comune depositava una memoria in cui evidenziava che, nelle more, con provvedimento del 25 febbraio 2010, risultava autorizzato il richiesto ampliamento, all’esito della fase istruttoria svolta, con conseguente improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Anche la ricorrente depositava in data 27 gennaio 2011 una memoria, definita di replica, in cui confermava il rilascio dell’autorizzazione al richiesto ampliamento, rimettendosi alla decisione di questo TAR in ordine alle conseguenze processuali ma evidenziando anche che il provvedimento impugnato era relativo alla distinta fattispecie legata alla disposta cessazione dell’attività.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2011 la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio rileva di non condividere l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravventa carenza di interesse.

Come di recente evidenziato da questa Sezione, infatti (TAR Toscana, sez. II, 9.12.10, n. 6718), ai fini della formula estintiva del gravame, il giudice deve dichiarare la cessazione della materia del contendere qualora sopravvenga un provvedimento, pur di secondo grado, idoneo a far conseguire al ricorrente il medesimo risultato che egli, con l’azione giurisdizionale, richiedeva mentre deve dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse quando un successivo provvedimento di secondo grado ovvero un diverso provvedimento, pur rivalutando il rapporto sostanziale, non soddisfa integralmente la pretesa del ricorrente medesimo azionata con il ricorso (TAR Sicilia, Pa, Sez. III, 14.12.09, n. 1911; Cons. Stato, Sez. V, 12.12.09, n. 7800).

Nel caso di specie, nessuna delle due ipotesi risulta manifestatasi in quanto il provvedimento impugnato consisteva nell’ordine di cessazione dell’attività della ricorrente esercitata alla data di adozione del provvedimento medesimo mentre quello successivamente adottato riguarda la diversa fattispecie legata alla richiesta di ampliamento della superficie di vendita.

Non vi è chi non veda, quindi, come il bene della vita alla base della richiesta della ricorrente con il presente ricorso, legato alla continuazione dell’attività di vendita al dettaglio sulla superficie interessata, derivante dall’annullamento del relativo ordine di cessazione, anche solo ad eventuali fini risarcitori, è diverso da quello legato all’ampliamento da conseguire.

Dato che, in sostanza, il provvedimento impugnato non consiste in un diniego di ampliamento ma in un ordine di cessazione immediato, il Collegio ritiene di non individuare alcuna ragione di declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse, infatti non evidenziata dalla stessa ricorrente, che si è rimessa alla decisione, sul punto, del Collegio.

Pur prendendo atto, quindi, della sopravvenuta autorizzazione all’ampliamento, il Collegio ritiene di esaminare nel merito il ricorso e di confermare l’orientamento cautelare, laddove rileva la fondatezza, assorbente, di quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso in merito alla violazione dell’art. 22, comma 6, d.lgs. n. 114/98.

E" vero, infatti, che tale norma prevede che "In caso di svolgimento abusivo dell’attività il sindaco ordina la chiusura immediata dell’esercizio di vendita." Ma la stessa deve essere letta in correlazione con le altre disposizioni dell’articolo, tra cui quelle dei commi 1 e 2, per le quali: "Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 5, 7, 8, 9, 16, 17, 18 e 19 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può inoltre disporre la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.".

Ebbene, gli artt. 7, 8 e 9 si occupano di dettare norme per regolare la vendita degli esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita, con le relative modalità di apertura e "ampliamento" (mentre gli artt. 16, 17 e 18 si occupano di altre modalità di vendita).

Nel caso di specie, come evidenziato in narrativa, il Comune aveva preso in considerazione una ritenuta erronea modalità di ampliamento della superficie di vendita da parte della ricorrente e, come tale, doveva applicare la sanzione sopra riportata di cui al comma 1, legata al pagamento di una sanzione, salvo sospensione in caso di recidiva, residuando l’ipotesi del comma 6 di cessazione diretta alla sola fattispecie di svolgimento abusivo dell’intera attività, non conforme alla fattispecie, tenuto anche conto che risultava pendente presso il medesimo Comune di Firenze il procedimento per l’ampliamento.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere accolto.

Le spese di lite possono però essere compensate, attesa la peculiarità della vicenda.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato del 6 maggio 2008.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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