Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-03-2011) 04-05-2011, n. 17296 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

oncluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 17.07.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

A.F. perchè indagato per i reati – di usura aggravata e continuata, nonchè – di estorsione aggravata e continuata, commessi in danno di B.F.; entrambi i reati aggravati D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7;

L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Catanzaro, con ordinanza del 03.08.2010, respingeva il reclamo confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione del Tribunale della libertà, ricorrono per cassazione, con separati ricorsi, l’indagato ed il difensore di fiducia, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e).

1) – Con il primo motivo, proposto dal Difensore Avv. Salcina, si censura l’ordinanza impugnata per avere respinto l’eccezione di nullità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni nonostante che questi siano stati emessi in violazione di legge stante l’estrema genericità della motivazione con la quale si è dato conto dell’insufficienza ed inidoneità degli impianti siti presso gli uffici della Procura al fine di giustificare il ricorso ad impianti esterni;

2) – con il secondo motivo, sviluppato anche nella memoria deposita dall’indagato, si censura l’ordinanza impugnata per avere conferito attendibilità al denunciante B.F. nonostante le contraddizioni presenti nelle sue dichiarazioni;

– all’uopo sia il difensore che l’indagato elencano dettagliatamente i vari passaggi delle dichiarazioni del B., evidenziando gli elementi di contraddizione al fine di sottolineare la totale inattendibilità del denunciante privo, per altro, di intrinseca credibilità;

– al riguardo si censura la motivazione riguardo al presunto coinvolgimento nella vicenda di M.P.S., indicato nell’ordinanza cautelare come finanziatore dell’indagato A. nonostante che in atti non vi sarebbe alcun indizio a conferma di tale circostanza;

3) – come terzo motivo, sviluppato anche nella memoria presentata dall’indagato, si censura l’ordinanza impugnata per violazione di legge, dal momento che il Tribunale ha considerato il denunciante B. come persona offesa dal reato senza illogicamente considerare che il predetto, al contrario, doveva essere considerato come imputato in procedimento penale connesso, sicchè le sue dichiarazioni, prive dei necessari riscontri, sarebbero del tutto inutilizzabili;

– in particolare i ricorrenti sottolineano che i reati di cui si sarebbe macchiato il B., connessi con il presente processo, consisterebbero nelle truffe di cui il medesimo si è autoaccusato;

circostanze, per altro confermate da I.G., le cui dichiarazioni vengono ampiamente riprese dai ricorrenti;

– dai reati ammessi dal B. emergerebbe, a parere dei ricorrenti, la prova dell’intento calunniatorio di costui, che avrebbe accusato l’ A. allo scopo di occultare o sminuire la sue responsabilità in ordine ai reati da lui consumati;

– l’ordinanza sarebbe, inoltre, illogica nella parte in cui rintracciava un riscontro nelle dichiarazioni del collaborante Al.Ca. con motivazione autoreferenziale ed apparente;

4) – i ricorrenti lamentano che il Tribunale abbia ritenuto l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 pur in assenza di elementi concreti, valorizzando alcune frasi minacciose pronunziate dall’indagato, del tutto insufficienti ai fini dell’aggravante contestata, trascurando lo stato di incensuratezza del medesimo;

5) – infine, si lamenta la mancata motivazione riguardo alle esigenze cautelari, non essendo sufficiente il richiamo all’art. 275 c.p.p. in assenza di una disamina degli elementi concreti da cui dedurre il pericolo di recidiva;

CHIEDONO pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

I motivi relativi all’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate fuori degli uffici di procura per la dedotta carenza di motivazione riguardo alla insufficienza od inidoneità degli impianti esistenti presso tali uffici risultano del tutto infondati, sia per la loro genericità – non essendosi nemmeno indicati i decreti censurati – e sia perchè non tengono conto della motivazione addotta dal tribunale che ha osservato come i decreti fossero provvisti di adeguata se pur sintetica motivazione.

Si tratta di una valutazione conforme alla Giurisprudenza di legittimità che ha avuto modo di esprimere il principio per il quale, in tema di intercettazioni di comunicazioni e conversazioni telefoniche, nella nozione di urgenza, come requisito di legittimità del decreto emesso dal p.m., rientrano, di norma, anche le "eccezionali ragioni di urgenza" richieste dalla legge per l’utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla procura della Repubblica, con la conseguenza che la motivazione sul primo requisito da al contempo conto anche della sussistenza del secondo, e che la convalida del decreto d’intercettazione preclude ogni questione circa i requisiti per il ricorso agli impianti esterni. Cassazione penale, sez. 4, 22 ottobre 2008, n. 45700.

Le doglianze mosse dal ricorrente, riguardo al merito, non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, contiene una serie di vantazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Il Tribunale ha ampiamente, congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, osservando:

-che l’esistenza e l’attività della "locale di Corigliano" emergeva da numerose sentenze di condanna dettagliatamente indicate;

-che la penale responsabilità dell’indagato in ordine ai reati di usura ed estorsione contestati erano ampiamente dimostrati dalle dichiarazioni della parte offesa B.F.;

-che il B. risultava intrinsecamente credibile per avere reso dichiarazioni univoche e precise e per non avere esitato a confessare circostanze costituenti reato a suo carico.

Si tratta di una motivazione sufficiente in questa fase cautelare, ove la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice. (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

I ricorrenti lamentano che il tribunale abbia conferito credibilità ed attendibilità al B. senza considerare le contraddizioni ed imprecisioni in cui era caduto, ma tale motivo di censura non tiene conto della puntuale motivazione dell’ordinanza impugnata che ha congruamente sottolineato come le contraddizioni in cui era caduto il denunciante erano spiegabili per il tempo trascorso e per la complessità dei rapporti di dare ed avere, ma non erano idonei a scalfire il narrato accusatorio e che, anzi, il B. doveva ritenersi pienamente attendibile atteso che la sua versione dei fatti risultava confermata:

"dalle dichiarazioni rese da I.G., pienamente convergenti con quelle del denunciante in una serie considerevole di episodi, tutti dettagliatamente elencati dal Tribunale;

– dalle dichiarazioni rese dal collaborante Al.Ca., a conoscenza dei rapporti tra l’indagato ed il denunciante;

– dalle numerose intercettazioni da cui emergevano gli stringenti rapporti tra il B. e le persone da lui denunciate:

A. e M.;

– dai riscontri documentali costituiti dai contratti di acquisto e di noleggio di veicoli che il B. aveva dichiarato di essere stato costretto a consegnare all’indagato, nonchè dalla procura a vendere un proprio terreno conferita ad Am.Na. a garanzia dei crediti usurari;

– dalla circostanza obiettiva che gli episodi si inserivano in una condizione di difficoltà economica della vittima e dalla constatata entità della lievitazione del debito.

Il Tribunale ha compiuto così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, anche con riferimento alla quantità notevole e significativa di riscontri, sicchè restano prive di rilevanza le deduzioni riguardo alla condizione di indagato per procedimento connesso del B. atteso che la motivazione impugnata risulta ineccepibile anche sotto tale profilo, in quanto non si limita a verificare l’intrinseca credibilità della parte offesa ma enumera i sopra indicati elementi di riscontro estrinseci ed individualizzanti relativi all’indagato, pienamente sufficienti in questa fase cautelare;

risultano così rispettati i principi enucleati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito come le dichiarazioni accusatorie rese da persona indagata in un procedimento connesso integrano i gravi indizi di colpevolezza soltanto ove siano intrinsecamente attendibili e risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato. (Cassazione penale, sez. 1, 01/04/2010, n. 19517).

I ricorrenti individuano, infine, la serie di illogicità riportate nella parte descrittiva del ricorso ma al riguardo si deve rammentare, quanto al vizio di "manifesta illogicità", che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite, in tesi, di eguale crisma di logicità. A ciò dovendosi aggiungere che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella "evidente", cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Cassazione penale, sez. 4, 12 giugno 2008, n. 35318.

Ugualmente infondate sono le censure relative alla ricorrenza dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, in ordine alla quale il Tribunale individua in maniera compiuta il "metodo mafioso" seguito dall’indagato che, nel minacciare gravemente il B., faceva espresso riferimento all’appartenenza ad ambiente della criminalità organizzata, affermando che: "I soldi servono per carcerati" e "se non mi paghi salgono da Corigliano e ti ammazzano" espressioni tipiche di un certo ambiente, evocative della presenza di un gruppo criminale al quale l’indagato minacciava di fare ricorso;

il Tribunale sottolinea opportunamente come tali espressioni e comportamenti abbiano ingenerato una condizione di forte timore e di sudditanza della vittima rispetto alle richieste estorsive dell’ A., il quale mostrava così di avvalersi del metodo mafioso per vincere ogni resistenza della vittima la motivazione impugnata risulta pertanto del tutto immune da censure avendo fatto buon uso dei principi espressi dalla Giurisprudenza di legittimità che ha sottolineato come la circostanza aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, art. 7, conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203, qualifica l’uso del metodo mafioso, fondato sull’esistenza in una data zona di associazioni mafiose, anche in riguardo alla condotta di un soggetto non appartenente a dette associazioni. (Cassazione penale, sez. 1, 26/11/2008, n. 4898 – In senso conforme: Cass. pen. n. 2612 del 2005, Cass. pen., sez. 1, 9 marzo 2004 n. 16486, Cass. pen., sez. 6, 17 maggio 2002 n. 30246, Cass. pen., sez. 2, 31 marzo 1998 n. 2204).

Ugualmente infondati sono i motivi relativi alla carenza di esigenze cautelari atteso che, del tutto correttamente, il Tribunale, per un verso evidenzia l’insussistenza di elementi positivi atti ad escludere la presunzione di pericolosità, a tanto non essendo sufficienti lo stato di incensuratezza dell’indagato, per altro verso, osserva che il pericolo di recidiva è insito nella condotta oggettivamente grave posta in essere dall’indagato; anche in questo caso si tratta di una motivazione incensurabile in questa sede di legittimità.

Va ricordato come l’art. 275 c.p.p., comma 3, – come risultante dalla novella apportata dal D.L. n. 11 del 2009, conv. in L. n. 38 del 2009 – nel prevedere l’obbligatorietà per i reati in esso indicati, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, della detenzione carceraria a meno che non risultino acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, determina una sorta di presunzione legale di inadeguatezza di ogni altra misura e di inversione della prova in ordine alle esigenze cautelari. (Cassazione penale, sez. 3, 20/05/2009, n. 23961) e come non sia sufficiente lo stato d’incensuratezza o la circostanza che l’indagato non si sia dato alla fuga; (Cassazione penale, sez. 3, 08/06/2010, n. 25633);

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna alle spese del procedimento.
P.Q.M.

Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *