Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-03-2011) 04-05-2011, n. 17293 Vendita di prodotti industriali con segni mendaci

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di:

W.X. indagato per il reato di cui agli artt. 474 e 648 c.p. per detenzione di n. 7.297 capi di abbigliamento riproducenti marchi contraffatti;

il GIP presso il Tribunale di Napoli, in data 10.08.2010, emetteva il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca;

L’ indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Napoli, con ordinanza del 20.09.2010, respingeva il gravame e confermava il decreto di sequestro impugnato.

Ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del Difensore di fiducia, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1) – Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge e difetto di motivazione su due rilievi specifici:

– in primo luogo, l’ordinanza impugnata sarebbe da censurare per non avere considerato che nella specie gli indumenti sequestrati si limitavano a riprodurre immagini di personaggi di fantasia o di fumetti, come "Pantera Rosa" "Betty Boop" ed altri, sicchè mancava del tutto la contraffazione di marchi;

– in secondo luogo, anche a voler ammettere l’esistenza del "fumus" della contraffazione, il reato era inesistente per la grossonalità del falso inidonea a trarre in inganno il singolo acquirente;

– infine mancava la prova che le immagini in questione, ove costituenti un marchio, fossero relative a marchi regolarmente registrati.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati perchè, per un verso, trascurano di considerare che la sentenza impugnata segnala che tra i capi contraffatti ve ne erano alcuni con il marchio "Louis Vuitton" (cioè un marchio costituito da un nome ben preciso) e, per altro verso, quanto ai così detti marchi figurativi, si pongono in contrasto con la Giurisprudenza di legittimità che, riguardo alle immagini di fantasia apposte su indumenti, ha affermato il principio che i reati di cui agli artt. 473 e 474 c.p. tutelano i marchi registrati e i segni distintivi, indicativi della riferibilità di un bene ad una data impresa, e che tali marchi possono consistere anche in personaggi di fantasia, oggetto di altrui diritto d’autore, ove siano a registrati come marchi, anche di forma; (Cassazione penale, sez. 5, 03/03/2005, n. 33068).

Si è affermato infatti il principio che il detenere per la vendita prodotti industriali frutto di falsificazione di marchio figurativo registrato e tutelato, integra il reato previsto dall’art. 474 c.p..

Oggetto del marchio è proprio la rappresentazione di fantasia del personaggio secondo tratti caratteristici e peculiari. La mancanza nei beni in sequestro del nome che si dice elemento costitutivo del marchio, è circostanza irrilevante una volta accertata la forte similitudine tra le immagini contraffatte e quelle tutelate, posto che nell’insieme figurativo del marchio l’elemento di maggiore richiamo visivo è l’immagine caratterizzata, la cui notorietà ha portato anzi all’immedesimazione tra figura e nome (ad es. "canarino Titti" e "gatto Silvestro", dai tratti peculiari e inconfondibili).

Cassazione penale, sez. 5, 31/01/2005, n. 25147.

L’ordinanza impugnata risulta incensurabile in questa sede essendosi uniformata a tale giurisprudenza di legittimità.

Nè può ritenersi fondata la deduzione della mancata prova della registrazione dei predetti marchi figurativi, atteso che al riguardo si è affermato che ove il delitto di ricettazione abbia ad oggetto l’acquisto o la ricezione di prodotti industriali, di provenienza delittuosa perchè recanti marchi contraffatti, la responsabilità non è esclusa dalla mancanza di prova della registrazione dei marchi che si assumono contraffatti, ove si tratti di marchi di largo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle società produttrici, gravando in tali ipotesi sull’imputato l’onere di provare la mancata registrazione (Cassazione penale, sez. 2, 13/05/2008, n. 22693).

Del pari infondata è la deduzione riguardo alla grossonalità del falso essendo nota la Giurisprudenza che ha stabilito come, in riferimento all’ipotesi di reato prevista dall’art. 474 c.p., difficilmente il concetto di falso grossolano può essere delineato per la preminente ragione che detta norma è volta a tutelare, in via principale e diretta, non la libera determinazione dell’acquirente bensì la pubblica fede intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e dei prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. L’art. 474 c.p. delinea una fattispecie di reato di pericolo, per la cui configurazione non è necessaria l’avvenuta realizzazione dell’inganno. In relazione al citato delitto l’art. 49 c.p., comma 2 risulta inapplicabile primo perchè la valutazione dell’inidoneità dell’azione (o dell’inesistenza dell’oggetto) deve essere rapportata al modello legale dello specifico reato coinvolto, ovvero alla condotta descritta dalla norma e secondo perchè non si può parlare di reato impossibile, quando nel concreto il reato si è in effetti realizzato. (Cassazione penale, sez. 2, 15/12/2000, n. 3169).

Consegue il rigetto del ricorso.

Ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento. Cassazione penale, sez. 6, 03 giugno 1994.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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