T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 03-05-2011, n. 721 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Competenze e procedure amministrative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Con il ricorso introduttivo il Comune di Maser ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione n. 296 del 16 febbraio 2010 con la quale la Giunta regionale ha preso atto, facendolo proprio, del parere n. 261, reso dalla Commissione regionale VIA (di seguito, CR VIA) nella seduta del 28 ottobre 2009, allegato alla DGRV e della quale forma parte integrante, "ai fini del rilascio del giudizio (favorevole) di compatibilità ambientale, secondo le prescrizioni di cui al parere della CR VIA n. 261/09, dell’approvazione del progetto e del rilascio dell’AIA per il progetto denominato "sviluppo e razionalizzazione dell’impianto di trattamento rifiuti" in Maser, (progetto) presentato dalla ditta M.".

Nella premessa in fatto del ricorso il Comune di Maser sottolinea in particolare che:

il 14 settembre 2007 la società M., titolare di un impianto di trattamento di rifiuti anche pericolosi nel Comune di Maser, in Via Rizzi n. 4, ha depositato in Comune un "progetto di sviluppo e razionalizzazione dell’impianto di trattamento rifiuti". Stando a quanto riferito a pag. 4 del parere n. 261/09 della CR VIA -descrizione dell’intervento, la società M. "intende sviluppare la propria attività principalmente in due settori, quello dello stoccaggio provvisorio e del recupero per l’avvio al riciclaggio e quello della inertizzazione dei rifiuti. Il progetto prevede quindi la realizzazione di due nuovi edifici, posti rispettivamente a est e a ovest dell’impianto già autorizzato e inoltre la razionalizzazione delle sezioni impiantistiche in esercizio, nonché l’aumento della potenzialità annua di trattamento. L’edificio esistente viene indicato nel progetto come Blocco 2 mentre i due nuovi edifici sono indicati come Blocco 1 e Blocco 3. L’edificio del Blocco 1 è dedicato interamente al processo di inertizzazione dei rifiuti mentre l’edificio del Blocco 3 è dedicato in prevalenza alla cernita, compattazione e stoccaggio dei rifiuti per il loro successivo avvio al recupero presso altre industrie, in grado di riciclarli nella loro attività produttiva";

– il progetto, oltre a proporre la realizzazione dei due nuovi edifici da costruire vicino a quello esistente, prevedeva, più precisamente:

– l’impletementazione dell’attività di trattamento dei rifiuti liquidi con incremento della potenzialità dell’impiantoda 60.000 ton/anno a 90.000 ton/anno;

– l’incremento dell’attività di triturazione, stoccaggio provvisorio (da 996 a 2600 ton) e di cernita e recupero dei rifiuti con inserimento di una sezione di pressatura e imballaggio (da 10.000 ton/anno a 30.000 ton/anno);

– una nuova attività di miscelazione dei rifiuti;

– la realizzazione di una attività di inertizzazione (stabilizzazione e solidificazione) dei propri fanghi prodotti dall’impianto chimico fisico dei rifiuti liquidi e di altre tipologia di rifiuti solidi attraverso l’aggiunta di cemento, ossido di calce ed altre sostanze come silicati e solfuri per una potenzialità di 100.000 ton/anno;

– l’incremento delle tipologie dei rifiuti trattabili presso l’impianto in numero nuoci codici CER

– il Comune, alla luce della modifica sostanziale prospettata dalla società M. rispetto all’assetto attuale dell’impianto autorizzato, ha svolto un’istruttoria interna all’esito della quale, con deliberazione del Consiglio comunale n. 38 dell’8 novembre 2007, ha espresso, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 17 della l. reg. n. 10/99, parere contrario al progetto, evidenziando numerose criticità sotto diversi profili;

– il 23 aprile 2008, nel corso della seduta della CR VIA dedicata all’esame del progetto presentato dalla società M., è emersa la necessità di richiedere (copiosa) documentazione integrativa. La proposta di richiedere integrazioni è stata approvata con il voto contrario della Provincia di Treviso, in quanto "il dare seguito alle richieste istruttorie di integrazione… stravolgerebbe, di fatto, la soluzione progettuale presentata dal proponente, cambiandola radicalmente";

– con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto -Unità complessa VIA, ha richiesto alla società M. -soggetto proponente, le integrazioni e i chiarimenti indicati nella nota stessa specificando che, ai sensi dell’art. 18 della l. reg. n. 10/99, la richiesta di integrazioni sospende i termini per l’espressione del parere della CR VIA fino alla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta; e precisando inoltre che nel caso di inottemperanza alla richiesta entro 90 giorni dal suo ricevimento, la domanda di VIA e autorizzazione si intenderà decaduta;

– con nota in data 11 giugno 2008 la società M. ha chiesto alla Regione procedente una proroga dei termini di legge per presentare le integrazioni richieste;

– la proroga è stata concessa dal Presidente della CR VIA con nota in data 18 giugno 2008;

– con nota del 24 ottobre 2008 la società M. ha presentato le integrazioni richieste qualificandole "modifiche al progetto -intervento alternativo -monoblocco unico";

– con DCC n. 42 del 27 novembre 2008 il Comune di Maser ha nuovamente espresso parere contrario alla realizzazione del progetto, così come rielaborato e depositato in Comune dalla società M. in data 24 ottobre 2008;

– con note del 7 ottobre 2009 e 16 ottobre 2009 il Comune di M. e la Provincia di Treviso hanno sollevato profili di criticità del procedimento e del progetto;

– la Conferenza di servizi, con il voto contrario di Provincia e Comune e con l’assenza dell’ARPAV, ha espresso parere positivo di compatibilità ambientale ex l. reg. n. 10/99, parere positivo alla approvazione del progetto ai sensi degli articoli 11 e 23 della l. reg. n. 10/99 e parere positivo al rilascio dell’AIA.

Sono quindi seguiti il parere n. 261/09 della CR VIA e l’impugnata DGRV n. 296/10.

Avverso e per l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe il Comune di M. ha formulato undici censure, concernenti violazione di legge con riferimento ad aspetti di natura procedurale e sostanziale, ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Nel costituirsi, la società M. ha eccepito il difetto di legittimazione a ricorrere del Comune atteso che il Comune non avrebbe dimostrato quale effettivo pregiudizio potrebbe derivare, alla comunità locale, dalla approvazione del progetto e dal rilascio dell’autorizzazione. Il Comune ricorrente si limiterebbe a far valere un generico interesse alla salvaguardia dell’ambiente. La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato esige che il Comune specifichi esattamente quale concreto pregiudizio, in termini ambientali, subirebbe il territorio amministrato dalla realizzazione dell’impianto avversato. Pregiudizio concreto che il ricorrente non avrebbe affatto specificato. Tutt’al più il Comune avrebbe indicato pregiudizi di natura urbanistica, ma non certo ambientale, sicché i motivi di ricorso per i quali il Comune avrebbe legittimazione sarebbero solo quelli di cui ai numeri da 10) a 12), poiché attinenti a questioni urbanistiche. Nel merito la controinteressata ha rilevato infondatezza della pretesa fatta valere dal ricorrente.

Anche la Regione si è costituita e ha insistito per il rigetto del ricorso.

Con atto di motivi aggiunti notificato il 23 ottobre 2010 e tempestivamente depositato in Segreteria il Comune di Maser ha chiesto l’annullamento del DSRAT n. 57/10, meglio in epigrafe specificato, deducendo vizi di invalidità derivata rispetto alla DGRV n. 296/10, oltre a vizi propri.

La società M. e la Regione hanno resistito insistendo per il rigetto anche dei motivi aggiunti.

2.1.- L’eccezione di difetto di legittimazione e interesse a ricorrere, sollevata dalla difesa della società M. muovendo dal rilievo secondo cui il Comune di Maser non avrebbe dimostrato quale effettivo pregiudizio potrebbe derivare, alla comunità locale, dalla approvazione del progetto e dal rilascio dell’autorizzazione, è infondata e va respinta.

Sul tema, simile a quello trattato nella controversia odierna, della impugnazione di provvedimenti di localizzazione di una discarica di rifiuti, la giurisprudenza (Cons. St., nn. 6657/02, 1797/02 (v. p. 2.1.), 5296/01 e -sez. V- 217/99; più di recente v. sent. nn. 5713/06 e 695/06, p. 3.) ha riconosciuto la legittimazione e l’interesse a ricorrere in capo al Comune nel cui territorio l’impianto dovrebbe essere collocato. Sussiste infatti "l’interesse a ricorrere degli enti locali quali ad es. "il comune nel cui territorio è localizzata una discarica di rifiuti, ai sensi dell’art. 3 bis l. 29 ottobre 1987 n.441"; in proposito si è affermato che "è titolare dell’interesse a ricorrere avverso la delibera di localizzazione, sia in quanto ente esponenziale dei residenti, sia in quanto titolare del potere di pianificazione urbanistica su cui incide il provvedimento di localizzazione, sia in quanto soggetto che per legge può partecipare al procedimento amministrativo e che in quanto tale può impugnarne il provvedimento conclusivo" (C. Stato, sez.V, 2.3.1999, n.217; in senso analogo CdS IV 6/10/2001 n.5296).

E’ del pari certo che non occorra provare l’esistenza di un danno concreto ed attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell’impianto, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare l’interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata (quali residenti o proprietari o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive rilevanti" -così CdS n. 6657/02 cit.).

Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui per riconoscere legittimazione e interesse a impugnare un provvedimento che autorizza l’avvio di una attività potenzialmente inquinante il ricorrente non è tenuto dimostrare che si è verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è invece sufficiente la ragionevole prospettazione di ripercussioni negative sul territorio entro il quale l’attività verrà a svolgersi.

Considerata l’affinità esistente tra le fattispecie sottoposte al vaglio della giurisprudenza e la fattispecie odierna, l’ eccezione sopra riassunta va respinta. Non senza, però, avere prima soggiunto, con riferimento al caso in esame, che la circostanza che l’approvazione di un progetto, come quello per cui è causa, diretto a incrementare la potenzialità annua del trattamento dei rifiuti dell’impianto, produca ricadute negative sull’ambiente e sulla qualità della vita nel territorio circostante l’impianto medesimo, costituisce un dato di comune esperienza, elemento che ben può essere fatto valere dal Comune nel cui territorio viene localizzato l’impianto.

2.2.Nel merito, assume carattere decisivo e assorbente l’esame della prima censura, con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 18 della l. reg. n. 10/99, secondo cui: (comma 1) "Entro centotrentacinque giorni dalla data della pubblicazione dell’ultimo annuncio di cui al comma 3 dell’articolo 14, la commissione VIA esprime il proprio parere sull’impatto ambientale dell’impianto, opera o intervento proposto…";

(comma 2) "Entro lo stesso termine di cui al comma 1 e per una sola volta, la struttura competente per la VIA richiede al soggetto proponente le integrazioni eventualmente necessarie; la richiesta sospende i termini del procedimento che ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste";

(comma 3) "Nel caso in cui, entro novanta giorni dalla richiesta, il soggetto proponente non produca le integrazioni di cui al comma 2, la domanda di VIA si intende decaduta. ".

In base al tenore inequivocabile del citato art. 18, l’Amministrazione procedente può richiedere integrazioni al progetto per una sola volta, e tali integrazioni devono essere presentate entro 90 giorni dalla richiesta, e ciò a pena di decadenza. E’ la legge regionale che sancisce sia il termine entro cui devono essere presentate le integrazioni, vale a dire 90 giorni dalla richiesta, sia la sanzione per l’ipotesi di inosservanza del termine suddetto, ossia la decadenza della domanda, e quindi dell’intero procedimento, che va archiviato, con la conseguenza che il proponente dovrà ripresentare la domanda. La legge, nell’individuare termine e sanzione, ha sottratto all’autorità amministrativa ogni discrezionalità sul punto, che non sia la facoltà di richiedere integrazioni. Detto altrimenti, la norma regionale non consente alla P. A. di disporre del termine prorogandolo ed eludendo l’esplicita sanzione di decadenza. Il termine è sottratto alla disponibilità delle parti. Nella specie la Regione avrebbe dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine e, una volta preso atto delle conseguenza che la legge regionale stabilisce per la suddetta ipotesi, disporre l’archiviazione del procedimento.

Nella specie:

con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto -Unità complessa VIA, aveva richiesto integrazioni e chiarimenti alla società M.;

con nota del 18 giugno 2008 il Presidente del CR VIA aveva concesso una proroga alla controinteressata stabilendo, quale termine ultimo per presentare la documentazione ulteriore, la data del 27 ottobre 2008;

la società M. risulta avere presentato le integrazioni richieste soltanto in data 24 ottobre 2008, vale a dire (nel rispetto del termine prorogato assegnatole ma) ben oltre il termine di 90 giorni stabilito dalla legge regionale.

Il Comune ricorrente conclude affermando che la proroga accordata è chiaramente illegittima e vizia l’intera procedura. La CR VIA ha travisato il proprio ruolo e, nel prorogare un termine fissato "ex lege" a pena di decadenza, ha erroneamente ritenuto che il suddetto termine fosse nella propria disponibilità. Del resto, la giurisprudenza è pacifica nel prevedere che quando una norma di legge stabilisce un termine e attribuisce allo stesso natura perentoria, non sussiste alcuna discrezionalità in capo alla P. A., salvo casi eccezionali di forza maggiore, da comprovare in modo rigoroso e nella specie non sussistenti. La proroga del termine di legge per la presentazione delle integrazioni deve ritenersi dunque illegittima poiché -nella specie- non consentita, e da ciò consegue che le integrazioni sono state depositate dalla società M. oltre il termine perentorio stabilito, a pena di decadenza della domanda, dall’art. 18, comma 3, della l. reg. n. 10/99.

Il Collegio condivide le argomentazioni svolte e le conclusioni formulate dal Comune di Maser. La Regione non avrebbe potuto accordare la proroga; avrebbe dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine del 90 giorni e, preso atto delle conseguenze che la legge stabilisce per tale ipotesi, disporre l’archiviazione del procedimento.

Sennonché, ad avviso della difesa della Regione il citato art. 18, ove correttamente interpretato, implica che l’omessa produzione delle integrazioni richieste entro il termine di 90 giorni non determina la decadenza della domanda di VIA qualora il richiedente adduca una ragione grave ed eccezionale a sostegno di una richiesta di proroga. Esigenze di celerità, economicità e non aggravamento del procedimento amministrativo imporrebbero all’Amministrazione di concedere la proroga del termine qualora il proponente, prima della scadenza, giustifichi l’istanza di proroga dichiarando di trovarsi nella impossibilità oggettiva di presentare le integrazioni entro il termine fissato, avuto riguardo al numero e alla natura delle integrazioni richieste. Inoltre, l’istanza di proroga è, adesso, disciplinata in modo esplicito dall’art. 26, comma 3, del t. u. n. 152/06 il quale, nel testo introdotto dall’art. 2, comma 22, lett. D) del d. lgs. n. 128/10 prevede che "l’autorità competente può richiedere al proponente entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all’articolo 24, comma 4, in un’unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l’indicazione di un termine per la risposta che non può superare i quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque giorni. L’autorità competente esprime il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati". La Regione contesta che si sia verificata una decadenza del procedimento per decorrenza del termine.

Anche la difesa della società M. ritiene che il termine di cui all’art. 18, comma 3, della l. reg. n. 10/99, poiché posto nell’interesse della P. A., sia prorogabile da parte di quest’ultima, qualora la stessa ravvisi un giustificato motivo per assentire la proroga. L’Amministrazione procedente avrebbe cioè la facoltà di assegnare, su domanda dell’interessato, un termine ulteriore, commisurato e idoneo alla complessità delle integrazioni richieste, in osservanza dei principi di buon andamento, efficacia e logicità dell’azione amministrativa. La "ratio" della previsione normativa di decadenza è infatti volta a sanzionare la sola inerzia del proponente, di fronte alle richieste di integrazioni, per non mantenere pendenti procedure per le quali nemmeno il proponente manifesta più interesse. Nel caso in esame, invece, il proponente si è attivato nel termine previsto, segnalando all’Amministrazione procedente come il termine di 90 giorni, considerato il numero e la tipologia delle integrazioni chieste, fosse insufficiente (basti pensare alla relazione geologica da presentare -cfr. nota Regione Veneto 22 maggio 2008, p. 7., in atti). Anche a voler considerare perentorio il termine dei 90 giorni di cui al citato art. 18, comma 3, nel caso di specie vi sarebbe (stata) una impossibilità oggettiva a soddisfare la richiesta di integrazione entro il termine previsto, rientrandosi quindi in un caso di forza maggiore, idoneo a giustificare la concessione di una proroga. Anche la difesa della società M. soggiunge che l’art. 26 del t. u. n. 152/06 prevede la prorogabilità del termine, e che l’art. 5 del d.P.R. 12 aprile 1996, nel testo allora vigente, contemplava, per l’ipotesi di richiesta di integrazioni, la concessione di un congruo termine. Qualora la disciplina legislativa regionale non consentisse, in spregio ai limiti imposti dalla normativa quadro di riferimento, la concessione di un termine congruo per presentare le chieste integrazioni, o comunque la possibilità di concedere una proroga, la disciplina stessa sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117 Cost., oltre che dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa ( art. 97 Cost.), con richiesta di rimessione della questione alla Corte costituzionale per la decisione di competenza.

Con memoria di replica in data 14 febbraio 2011 la difesa della società M. ha poi eccepito il difetto di interesse a proporre la censura sub 1), posto che solo la P. A. è titolare dell’interesse a tutela del quale viene sancita la decadenza dalla domanda, e quindi solo la P. A. sarebbe legittimata a far valere la decadenza suddetta.

Il Collegio ritiene che l’eccezione di difetto di interesse del Comune di Maser a far valere la censura sub 1) sia chiaramente infondata poiché appare manifesto che l’accoglimento della censura comporterebbe l’annullamento degli atti impugnati, e tanto basta, una volta riconosciuti al Comune legittimazione e interesse a ricorrere (v. "supra", p. 2.1.), per superare la specifica eccezione appena vista.

Ma anche i restanti rilievi della Regione Veneto e della società M. appaiono superabili.

Il richiamo fatto all’art. 26, comma 3, del t. u. n. 152/06 -disposizione, peraltro, non applicabile al caso di specie in forza della disciplina transitoria di cui all’art. 35, comma 2 ter, del medesimo decreto n. 152- non appare pertinente. In primo luogo l’art. 26 accorda alla P. A., da un lato, la facoltà di chiedere integrazioni al soggetto proponente, fissando un termine massimo, che attualmente è di 45 giorni, e dall’altro consente alla P. A. di prorogare il termine per un ulteriore periodo massimo (attualmente, di 45 giorni). L’art. 18, invece, prevede un termine fisso per produrre integrazioni, e la decadenza dalla domanda nel caso di mancato rispetto di detto termine, senza accordare alla P. A. facoltà alcuna in merito alla proroga del termine medesimo (che è di 90 giorni). Il termine di 90 giorni, assegnabile al proponente per produrre le integrazioni richieste, appare tutt’altro che incongruo (a ben guardare l’art. 26 del t. u. 152/06 attribuisce lo stesso termine, ma frazionato in due periodi: 45 + 45, e l’unica differenza è che solo il t. u. del 2006 accorda alla P. A. la facoltà di concedere una proroga), tenuto anche conto del fatto che il progetto dell’opera da realizzare, o da ampliare, deve essere documentato in modo completo. Non si ravvisano, insomma, compressioni nell’esercizio dei diritti del soggetto proponente; né si ravvisa alcun contrasto con l’atto di indirizzo e di coordinamento di cui al d.P.R. 12 aprile 1996. Tanto più che è in facoltà del soggetto proponente presentare una nuova domanda. Anche a voler tenere conto dell’art. 26 come "canone interpretativo" in materie, come quella in esame (su cui v. art. 117, comma 2, lett. S) Cost.; ma v. anche le connessioni con il governo del territorio -art. 117, comma 3), caratterizzate da un "intreccio", o comunque da un concorso tra diverse discipline e differenti competenze, dello Stato e della Regione, concorso che rende ammissibili interventi specifici del legislatore regionale (su una ricognizione dello stato della giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema della tutela dell’ambiente v. C. cost., n. 225/09, p. 4.); il Collegio non ritiene che la previsione della prorogabilità del termine ex art. 26, comma 3 cit. ricada tra i principi fondamentali, di cui all’art. 117, comma 3, ultimo periodo, Cost., ai quali il legislatore regionale è tenuto a prestare osservanza, a pena di illegittimità costituzionale della norma di legge regionale per contrasto con una disposizione statale recante, appunto, un principio fondamentale. Tanto più quando il termine assegnato al proponente per le integrazioni è oggettivamente congruo, il che consente di superare anche l’ipotizzato contrasto con l’art. 97 Cost..

Né, dagli atti di causa, emerge in modo adeguato una situazione di impossibilità oggettiva a presentare le integrazioni richieste entro il termine prefissato, o una ipotesi di forza maggiore che potrebbe, in astratto, consentire la proroga del termine..

L’accoglimento della censura su esposta ha carattere decisivo e natura assorbente.

Dall’illegittimità della disposta proroga discende l’illegittimità della intera procedura e del provvedimento finale (la DGRV n. 296/10), oltre che, per illegittimità derivata, del DSRAT n. 57/10.

Resta assorbita ogni altra censura.

Nonostante l’esito del ricorso, le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensati, attesa la novità della questione trattata.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente decidendo sul ricorso e sull’atto di motivi aggiunti proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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