T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 03-05-2011, n. 720 Competenza esclusiva del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.I fatti di causa.

31 maggio 1999: il MAP approva il Patto territoriale del Basso Veronese e Bolognese con i decreti nn. 1068 e 1073. Al Patto aderisce anche la società ricorrente, ottenendo un contributo in conto capitale di Euro 365.982;

13 febbraio 2003: la società F. -che produce e commercia prodotti alimentari in genere, e può costruire e commerciare impianti per la produzione di prodotti alimentari- trasmette alla Provincia di Verona -quale soggetto responsabile del Patto- copia del verbale dell’assemblea dei soci del 30 gennaio 2003 nel corso della quale era stato:

– deliberato lo scioglimento della società;

– conferito al liquidatore l’incarico di concedere in affitto l’azienda, e ciò allo scopo di impedire un blocco immediato dell’attività che avrebbe disperso, con avviamento e clientela, i beni aziendali nel loro valore, a parte azioni di terzi per inadempimento;

– ed era stata fissata la sede della liquidazione presso la sede sociale in Legnago, via Maestri del Lavoro;

6 febbraio 2003: il liquidatore, in esecuzione dell’incarico ricevuto il 30 gennaio, concede in locazione l’azienda per un periodo di un anno;

8 luglio 2003: viene concesso alla ditta F. un ulteriore importo di euro 55.665 a seguito di un "errore nell’algoritmo di calcolo";

– 9 febbraio 2004: il Ministero, con il decreto in epigrafe:

– revoca – ai sensi dell’art. 12, comma 3, lettera b, del d. m. n. 320/00 "tenuto conto dello scioglimento anticipato della Ditta" – i decreti nn. 1068 e 1073 del 31/5/1999, nella parte in cui gli stessi concedevano il contributo in conto capitale di euro 365.982 alla società F., e il decreto n. 1539 dell’8 luglio 2003, di concessione dell’ulteriore importo di euro 55.665. Nelle premesse del decreto è richiamata una nota, pervenuta al MAP il 25 marzo 2003, con la quale il soggetto responsabile del Patto comunica l’avvenuto scioglimento anticipato della ditta, con contestuale nomina del liquidatore fatta con verbale di assemblea del 30 gennaio 2003;

– dispone la restituzione del contributo indebitamente percepito, di euro 88.984, " maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell’ordinativo di pagamento e di cinque punti percentuali, da calcolarsi decorrere da tale data fino alla data dell’effettivo versamento";

– giugno 2005: il Concessionario del servizio nazionale di riscossione per la Provincia di Verona trasmette alla società F. una cartella di pagamento di euro 96.332 avente a oggetto: "MAP -Revoca Contributi Patti Territoriali";

21 luglio 2005: l’assemblea straordinaria della società F. delibera:

– di revocare lo stato di liquidazione ai sensi dell’art. 2487 ter c. c.;

– di trasformare la società in srl e mutare la sede legale.

Avverso e per l’annullamento del d. d. g. 9 febbraio 2004 di revoca del contributo la società F., con ricorso notificato il 20 -22 settembre 2005 e depositato in Segreteria il successivo 4 ottobre, premessa la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia e premessa, altresì, la tempestività del ricorso, dato che il decreto di revoca non è mai stato comunicato e/o notificato alla società; ha dedotto tre censure, concernenti violazione degli articoli 7 e seguenti della l. n. 241/90, violazione dell’art. 12, comma 3, lett. B), del d. m. n. 320 del 2000 -difetto di istruttoria e di motivazione, errore di fatto, travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, censurando infine l’iscrizione a ruolo di un credito inesistente.

All’udienza camerale del 12 ottobre 2005 la sezione, con ordinanza n. 94/05, ha richiesto al MAP di depositare in giudizio i documenti del procedimento conclusosi con il decreto di revoca e ha rinviato la trattazione della domanda di misure cautelari alla camera di consiglio del 9 novembre 2005. In tale udienza camerale, preso atto che l’ordinanza istruttoria non era stata adempiuta, essendosi il MAP limitato a depositare un controricorso "di contenuto generico", il Collegio, sul presupposto che il ricorso presentato appariva sorretto da sufficiente "fumus boni iuris" e che l’attività esecutiva degli atti impugnati era sicuramente da ritenere produttiva di danno grave, ha accolto (v. ord. n. 899/05) la domanda cautelare relativamente all’attività esecutiva di cui alla cartella di pagamento emanata.

2.1.- Sulla giurisdizione.

Va rammentato che il decreto di revoca del contributo si fonda sull’art. 12, comma 3, lett. B) del d. m. 31 luglio 2000, n. 320 -previsione di penali e revoca delle agevolazioni, il quale dispone che il Ministero "provvede alla revoca delle agevolazioni alle imprese beneficiarie… b)qualora vengano distolte dall’uso previsto le immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione o acquisizione è stata oggetto dell’agevolazione, prima di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto; la revoca delle agevolazioni è totale se la distrazione dall’uso previsto delle immobilizzazioni agevolate prima dei cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto costituisca una variazione sostanziale del programma agevolato non autorizzata, determinando, di conseguenza, il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dell’iniziativa; altrimenti la revoca è parziale ed è effettuata in misura proporzionale alle spese ammesse alle agevolazioni afferenti, direttamente o indirettamente, l’immobilizzazione distratta ed al periodo di mancato utilizzo dell’immobilizzazione medesima con riferimento al prescritto quinquennio…".

Ora, di norma, "in tema di contributi, finanziamenti, provvidenze e sovvenzioni il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deriva dalle posizioni giuridiche soggettive del privato interessato prima e dopo la concessione del beneficio previsto dalla legge… a) nella fase procedimentale che precede l’emanazione del provvedimento favorevole, nella quale è ravvisabile unicamente una posizione di interesse legittimo, le controversie appartengono senz’altro alla giurisdizione amministrativa; b) in quella successiva, viceversa, la posizione soggettiva può assumere una duplice configurazione. Il privato è cioè titolare di diritti soggettivi, e spetta pertanto al giudice ordinario conoscere delle controversie instaurate, tanto per ottenere le somme assegnate, quanto per contrastare l’Amministrazione la quale, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo (cfr. Tar Veneto, III, sentenze nn. 1490/07, 2161/06, 1893/06 e 127/06; più di recente, sez. III, 134/10). Il privato conserva, invece, una posizione di interesse legittimo nei confronti del potere della pubblica amministrazione di ritirare, in via di autotutela, il provvedimento concessorio per vizi di legittimità ovvero per il suo contrasto, "ab origine", col pubblico interesse. Detto altrimenti, il riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni e contributi pubblici è regolato dai normali criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate. In base ai criteri di riparto di giurisdizione elaborati dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella fase "successiva" all’attribuzione del contributo il beneficiario risulta essere titolare di un diritto soggettivo. Pertanto, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione sulla scorta di un preteso "inadempimento" del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario anche se si faccia questione di atti denominati: revoca, decadenza, risoluzione ecc., purché essi si fondino sull’asserito "inadempimento" da parte del concessionario alle obbligazioni assunte a fronte della concessione del contributo. Il privato vanta, invece, una situazione soggettiva di interesse legittimo se la controversia riguarda una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio o se il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità sussistenti "ab origine" o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.

Ciò premesso in termini generali, guardando da vicino il caso di specie e seguendo i criteri "ordinari" di riparto della giurisdizione in materia, poiché nella controversia si fa questione di un asserito inadempimento di obblighi, da parte del soggetto beneficiario, posteriore al riconoscimento del contributo, dovrebbe essere declinata la giurisdizione (generale di legittimità) del Tar.

Sennonché, come correttamente rileva la difesa della ricorrente, la fattispecie oggetto del presente giudizio è peculiare, dal momento che si controverte sulla legittimità della revoca di un contributo accordato in esecuzione di un patto territoriale, "strumento di programmazione negoziata" che, coinvolgendo parti pubbliche e private, "unifica in sè, assommandole in una sorta di sintesi evolutiva, le diverse ipotesi di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 15" (v. Cass., 18630/08 e 6960/09), con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. art. 11, ultimo comma, l. n. 241/90 e, ora, art. 133, comma secondo, cod. proc. amm.). Più in particolare, ai fini della individuazione del giudice fornito di giurisdizione appare decisiva la natura dello strumento dal quale discende il riconoscimento del contributo poi revocato: infatti, il c.d. patto territoriale è pacificamente inquadrato dalla sopra menzionata giurisprudenza della Corte suprema di Cassazione nell’ambito degli accordi disciplinati dall’art. 11 della l. 241/90 il cui ultimo comma (ora trasfuso nell’art. 133 del cod. proc. amm.) devolve le relative controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (conf. sent. cit. n. 18630 del 2008 con cui le sezioni unite della Suprema Corte hanno statuito che "la cognizione della controversia relativa all’impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un "patto territoriale", costituente una delle possibili forme di programmazione negoziata tra parti pubbliche e parti private in cui è, tra l’altro, necessario definire gli accordi programmatici ai sensi dell’art. 27 della legge n. 142 del 1990 e individuare le convenzioni necessarie per l’attuazione di detti accordi, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui all’art. 11, ultimo comma, della legge n. 241 del 1990 che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica" (conf. Cass. 6960/09).

2.2.- Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto con riferimento ai profili di insufficiente istruttoria e carenza di motivazione puntualmente descritti ai punti 4. del ricorso introduttivo e della memoria in data 1° novembre 2005, in relazione al disposto di cui all’art. 12, comma 3, lettera b) del D. M. 31 luglio 2000, n. 320.

Premesso che alla base della disposta revoca del contributo da parte del MAP vi è l’assunto secondo cui lo scioglimento anticipato della società e la nomina del liquidatore integrerebbero, di per sé, una ipotesi di totale e definitiva distrazione dall’uso previsto delle immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione o acquisizione è stata oggetto di agevolazione, con ricaduta nell’ipotesi di cui all’art. 12/B) del d. m. n. 320/00, in modo plausibile la ricorrente osserva che il verificarsi di una causa di scioglimento anticipato della società e la nomina del liquidatore non determinano, di per sé e in modo inevitabile, la cessazione del rapporto sociale (e l’art. 12/B) del d. m. n. 320/00 presuppone che l’inadempimento degli obblighi connessi al beneficio accordato debba essere certo e irreversibile). Lo scioglimento anticipato dà luogo a una fase ulteriore nel corso della quale la società può cedere in godimento a terzi il complesso aziendale per conservarne l’integrità in vista della liquidazione. Nella specie la società F. non ha cessato di esistere ma, una volta revocato lo stato di liquidazione, si è trasformata in una società a responsabilità limitata e ha ripreso l’attività.

Dalle considerazioni su esposte discende l’illegittimità dell’impugnata revoca, decisa senza un’adeguata istruttoria né una motivazione congrua (cfr. pp. 4. ric. e mem. ric. 1.11.2005).

Assorbito ogni altro profilo di censura non esplicitamente trattato il ricorso va accolto e, per l’effetto, il decreto impugnato e gli atti consequenziali vanno annullati.

Considerate le peculiarità della controversia, spese e onorari possono essere integralmente compensati.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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