Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-05-2011, n. 2683 Equo indennizzo Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Il sig. F. M., assistente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, impugnava innanzi al TAR Abruzzo, sede di Pescara, il provvedimento del direttore generale della Polizia Penitenziaria del 19 novembre 2009 con il quale è stata esclusa la dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunziata, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, tenuto conto del parere vincolante espresso al riguardo dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio (di seguito CVCS) con propria deliberazione del 8 luglio 2008.

2. – Con sentenza n. 1164 del 18 ottobre 2010 il Giudice territoriale ha respinto il ricorso sulla base di motivazione che può essere così riassunta:

– è infondata la censura di violazione dell’art. 7 del d.P.R. n. 461 del 2001 in quanto i termini previsti da detta norma non hanno natura perentoria, ma sollecitatoria, come chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato;

– è insussistente il dedotto contrasto tra le date in cui sarebbe pervenuto al CVCS la richiesta del Ministero di parere a detto organo, in quanto, in disparte l’irrilevanza del fatto ai fini della verifica di legittimità dell’atto, la prima data è "…quella in cui si afferma che la richiesta è pervenuta al Comitato, la seconda è quella di sua adozione…";

– è errato sostenere che l’accertamento inizialmente effettuato dalla C.M.O. di dipendenza da causa di servizio dell’infermità in questione ("sindrome ansiosodepressiva") fosse definitivo anche ai fini dell’equo indennizzo, in quanto tale accertamento, anche ai sensi dell’art. 5bis del d.l. n. 387 del 1987, era, allora, demandato all’ex C.P.P.O., mentre, oggi al CVCS previsto dal d.P.R. n. 461 del 2001;

– è giurisprudenza pacifica del Giudice Amministrativo che, dopo la riforma operata nella materia de qua dal d.P.R. n. 461 del 2001, in presenza di pareri contrastanti della CMO e del CVCS, l’Amministrazione ha l’obbligo di conformarsi al parere di tale ultimo organo, senza necessità di ulteriore e specifica motivazione, avendo sostanziale natura vincolante il parere stesso; pertanto, la doglianza formulata al riguardo è infondata;

– priva di pregio è, infine, la censura che il CVCS non avrebbe considerato un elemento essenziale, quale l’evento traumatico subito dal ricorrente (aggressione e pestaggio subiti da un detenuto) in quanto, pur mancando effettivamente un riferimento specifico a tale episodio, ciò non implica che detto organo non ne abbia tenuto conto, visto che nel parere è stato espressamente chiarito di avere esaminato, previamente all’emanazione del parere stesso, "…tutti…" gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio prestato dal ricorrente e di "…tutti…" i precedenti di servizio.

3. – Con l’appello in epigrafe il sig. M. ha chiesto la riforma integrale della sentenza impugnata perché il Giudice di prime cure:

1)- avrebbe violato e falsamente applicato la norma dell’art. 7 il d.p.r. n. 461 del 2001, qualificando erroneamente come sollecitatori, e non anche perentori, i termini previsti da detta norma per trarne, poi, la conseguenza, altrettanto erronea, dell’ininfluenza del fatto che il procedimento non si sia concluso entro detti termini; avrebbe violato anche i principi di cui alla legge n. 241 del 1990 di conclusione del procedimento con provvedimento espresso ed in termine certo; avrebbe, infine, violato il dovere di motivare puntualmente le ragioni per le quali, in presenza di due pareri medicolegali discordanti, abbia deciso di adeguarsi a quello negativo della CVCS, in spregio ai principi di lealtà e di trasparenza dell’azione amministrativa;

2)- sarebbe incorso in manifesta illogicità e contraddittorietà laddove ha ritenuto ininfluente la discordanza tra le date indicate nel parere del CVCS e quelle indicate nel decreto impugnato poiché, come denunziato in prime cure, "tale difformità…"costituirebbe "…una causa di nullità del decreto…" anzidetto, nonché avrebbe comportato "…lesione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall’art. 24 della Costituzione, in quanto l’atto amministrativo ricevuto non presenta la dovuta certezza e determinatezza…";

3)- avrebbe erroneamente ed illegittimamente applicato il d.P.R. n. 461 del 2001 e l’art. 5bis del D.L. n. 387 del 1987, convertito nella legge n. 472 del 1987, in quanto, essendogli stata riconosciuta la causa di servizio in relazione all’istanza del 1999, si applicherebbe il regime al tempo vigente, e cioè quello anteriore al d.P.R. n. 461 del 2001, alla stregua del quale il parere (positivo) espresso (nel caso in esame) dalla C.M.O. sarebbe atto definitivo e, quindi, non più modificabile; peraltro, ciò non sarebbe in contrasto neppure con il citato d.P.R. n. 461 del 2001 poiché anche tale nuova normativa affermerebbe che il riconoscimento della causa di servizio dell’infermità "…costituisce accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico privilegiato…"; avrebbe, infine, anche violato il principio generale dell’affidamento;

4)- avrebbe assunto un falso presupposto, così travisando i fatti, a sostegno della motivazione di rigetto della censura concernente l’omessa considerazione dell’incidente di servizio causativo dell’infermità denunziata, in quanto, avuto presente che il parere del CMO prende espressamente in considerazione l’incidente di servizio occorso al militare, mentre "…il parere del Comitato di Verifica, invece, esclude l’esistenza di situazioni conflittuali relative al servizio idonee…", non avrebbe rilevato che, in tale situazione, andrebbe escluso che il CVCS abbia considerato tutti i precedenti di servizio dell’interessato; in sintesi, il TAR avrebbe obliterato proprio la rilevanza di quel "…nesso causale fra eventi di servizio e malattia…" che la giurisprudenza ritiene pacificamente essere l’elemento determinante per affermare la dipendenza da causa di servizio, mentre avrebbe dovuto rilevare che difetta ogni motivazione sul punto nel provvedimento impugnato e, quindi, annullarlo;

5)- avrebbe omesso ogni pronunzia sulla richiesta di C.T.U. formalmente avanzata in primo grado, onde provare la fondatezza delle proprie ragioni.

4. – Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia senza, però, rassegnare alcuna difesa scritta.

5. – Nella Camera di Consiglio del 22 febbraio 2011, convocata per la discussione dell’istanza cautelare proposta dal sig. M., l’appello è stato rimesso in decisione, avendo ritenuto il Collegio sussistenti i presupposti per la emanazione di una decisione definitiva direttamente nel merito.

6. – L’appello è infondato.

7. – Con il primo motivo di appello il sig. M. propone più profili di critica della sentenza impugnata. Nessuno di essi può essere condiviso per le seguenti considerazioni.

7.1 – Quanto alla natura dei termini previsti dall’art. 7 del d.P.R. n. 461 del 2001 ritiene il Collegio di poter confermare, anche nel caso in esame, l’avviso costante della Sezione (cfr. n. 3911 del 2007) circa la natura sollecitatoria di detti termini, ma non anche perentoria degli stessi, avuto presente che difetta nella norma ogni pur minima indicazione espressa che possa collegare al loro eventuale inutile decorso la sanzione della decadenza. Consegue l’infondatezza del relativo profilo di critica alla sentenza impugnata.

7.2 – Parimenti infondato è, poi, anche il rilievo di violazione dei principi della legge 241 del 1990 avuto presente che la certezza della conclusione del procedimento non è garantita soltanto se il termine è perentorio, specialmente allorquando, come nella specie, la disciplina concerne un sub procedimento interno al procedimento principale; tutto ciò in disparte la considerazione, già espressa nel capo di motivazione che precede, circa la necessità di una sanzione direttamente ed espressamente prevista dal legislatore per poter collegare al superamento del termine effetti decadenziali che, nella specie, non è ricavabile dalla formula dell’art. 7 su citato.

7.3 – Né, infine coglie nel segno l’appellante con il terzo profilo di critica del motivo in esame in quanto, a far data dall’entrata in vigore del d.P.R. n. 461 del 2001 (recante il nuovo regime di semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie) il parere del CVCS è vincolante, diversamente dal precedente parere soltanto obbligatorio del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (CPPO), come è reso palese dalla chiara formula al riguardo inserita nel testo dell’art. 14 di detto decreto presidenziale che dispone che L’Amministrazione si pronuncia "…su conforme parere del Comitato…".

Consegue che correttamente il Giudice territoriale ha escluso che vi fosse obbligo di allegare un’apposita motivazione che desse conto del perché l’Amministrazione non avesse invece aderito al parere (favorevole per l’interessato) della C.M.O., tenuto conto che, con la nuova disciplina delineata dal citato d.P.R. n. 461 del 2001, la procedura per il riconoscimento della causa di servizio è stata sostanzialmente riformata, in quanto la Commissione Medico Ospedaliera deve pronunciarsi solo sull’esistenza dell’infermità, mentre è il Comitato di verifica che deve esprimere un parere sulla dipendenza da cause di servizio al quale, a sua volta, l’Amministrazione è tenuta a conformarsi al detto parere, essendo esso vincolante, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere al detto Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi (cfr. tra le più recenti Consiglio Stato, sez. VI^, 31 marzo 2009, n. 1889).

8. – Non diversa sorte di segno negativo deve essere, poi, riservata al secondo motivo di appello potendosi pienamente condividere sul punto la motivazione del primo Giudice, sia circa l’ininfluenza della diversità, in sé e per sé, delle date inserite nel parere e nel decreto ad incidere sulla legittimità di entrambi detti atti, dipendendo essa da elementi sostanziali e non meramente formali, sia, in ogni caso, sulla piena computabilità di dette date con le risultanze del procedimento in questione, concernendo la prima, quella in cui si afferma che la richiesta è pervenuta al CVCS, e la seconda, quella di adozione del decreto.

E" da escludere, pertanto, non solo la sussistenza di una "…causa di nullità dell’atto…" per le ragioni testé espresse, ma anche la dedotta "…violazione del diritto di difesa…" in quanto nessuno degli elementi qui in considerazione ha valore e forza di impedimento del regolare e tempestivo esercizio di tale diritto.

9. – Privo di ogni pregio, già in punto di fatto, è il terzo motivo di appello tenuto conto che, come riferisce puntualmente lo stesso appellante nel proprio gravame, "…la domanda volta al riconoscimento dell’equo indennizzo è stata proposta il 5 luglio 2006, a seguito del verbale n. 1060137 della CMO di Chieti del 2 febbraio 2006…", e cioè in piena vigenza, già da molti anni, del nuovo regime, in materia, di cui al più volte citato d.P.R. n. 461 del 2001.

Non può avere alcun rilievo, pertanto, nella fattispecie, la domanda del 25 maggio 1999 poiché essa concerneva la distinta e diversa questione del riconoscimento della sola causa di servizio, come deducibile dal verbale ML/AB n. 6592 del 12 dicembre 2001 della I^ Commissione Medico Ospedaliera del Centro Militare di Medicina Legale di Chieti che dichiara le infermità riscontrate non ascrivibili ad alcuna categoria ai fini dell’equo indennizzo.

Consegue che nessun legittimo affidamento poteva sussistere in capo all’appellante per effetto di tale prima valutazione della CMO.

10. – Infine, ritiene il Collegio che neppure coglie nel segno la critica mossa con il quarto ed ultimo motivo di impugnazione poiché, come ben ha osservato il Giudice di prima istanza, alcun rilievo può avere il fatto che manchi nel parere del CVCS l’espressa e specifica indicazione dell’ episodio di servizio relativo all’aggressione subita dall’appellante da parte di detenuto.

Infatti, occorre tenere conto che la locuzione utilizzata dall’organo consultivo di avere visionato "…tutti…" gli atti di servizio e di carriera del militare non è -certamente nella specie- clausola di stile, ma fatto dimostrativo concreto di avere valutato i presupposti che avrebbero potuto far emergere il nesso di causalità necessaria tra l’evento anzidetto e l’infermità, avuto presente proprio quanto affermato dall’appellante nei suoi scritti difensivi, e cioè che l’evento anzidetto della subita "aggressione" era stato puntualmente indicato nel pregresso parere del CMO.

In breve, non essendo stato contestato che la CVSC abbia visto e considerato tale parere della CMO, non può contestarsi che il Comitato di Verifica non abbia avuto contezza di quanto contenuto nel parere della predetta Commissione Sanitaria.

11. – Parte appellante sostiene, da ultimo, che il TAR avrebbe omesso di pronunziarsi sulla sua richiesta di Consulenza Tecnica di Ufficio, così privandolo illegittimamente della possibilità di provare la correttezza delle proprie tesi difensive anche sotto un punto di vista tecnico.

Al riguardo, il Collegio osserva, consonando con la giurisprudenza già formatasi sul punto (cfr C.d.S., sez. VI^, 31 marzo 2009, n. 1889), come, sia nel regime regolato dal D.L. 21 settembre 1987 n. 387, convertito nella legge 20 novembre 1987 n. 472, sia nel vigente sistema delineato dal d.P.R. n. 461 del 2001, gli accertamenti svolti dalla CMO ed i pareri resi, prima dal CPPO ed oggi dal CVSC, rientrino sempre nella discrezionalità tecnica di detti organi consultivi, le cui valutazioni conclusive sono assunte sulla base di cognizioni della scienza medica e specialistica sulle quali non è ammesso un sindacato di merito del giudice amministrativo, ma soltanto quello di legittimità nelle ipotesi di evidenti e macroscopici vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati.

Orbene, non rinvenendosi nel caso in esame alcuna di dette ultime ipotesi, deve escludersi che il Giudice di prima istanza sia incorso in omissione di pronunzia sul punto poiché, a ben vedere, la richiesta istruttoria di parte, alla luce di tutta la motivazione allegata in sentenza, è stata sostanzialmente, quanto correttamente, rigettata.

12. – In conclusione l’appello è infondato e, quanto alle spese del presente grado di giudizio, può disporsi l’integrale compensazione delle stesse tra le parti, attesa la limitata attività difensiva svolta dall’Amministrazione.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 298 del 2011, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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