Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-03-2011) 04-05-2011, n. 17264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha personalmente proposto ricorso per cassazione S.M., avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 19.7.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 12.1.12010, per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (capo A della rubrica accusatoria), ritenuto commesso in forma consumata in luogo della forma tentata oggetto di contestazione, e per i delitti di rapina e lesioni personali volontarie (capi C) e D), fatti tutti commessi secondo l’accusa con il concorso di più persone in danno di L.A., quelli di cui ai capi C) e D) aggravati ex art. 61 c.p., n. 2, e il delitto di rapina, inoltre, aggravato ex art. 628 c.p., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all’art. 84 c.p., per non avere ritenuto l’assorbimento "del danneggiamento" nell’aggravante speciale della violenza sulle cose prevista dall’art. 392 c.p., comma 2; con il secondo motivo l’analogo vizio di legittimità in relazione alla ritenuta aggravante del nesso teleologico per i reati di cui ai capi C) e D), deducendo l’incompatibilità dell’aggravante con la figura del reato continuato; con l’ultimo motivo, infine, il difetto di motivazione della sentenza sulla quantificazione del danno e sulla concessione della provvisoria esecutività delle statuizioni civili. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il primo motivo non è nemmeno comprensibile, dal momento che non risulta che il ricorrente abbia riportato condanna per il reato di cui all’art. 635 c.p., ed essendo del resto la censura della violazione della disciplina del reato complesso espressamente riferita al capo C) dell’imputazione, attinente però al delitto di rapina, non ad un presunto fatto di danneggiamento.

Quanto all’aggravante teleologica, il vincolo della continuazione è compatibile con l’aggravante del nesso teleologico, in quanto il primo agisce sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso, mentre il secondo e1 connotato dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro, alla cui esecuzione o al cui occultamento èpreordinato (ex plurimis, Corte di Cassazione Nr. 46270 del 03/11/2004 SEZ. 1 Dellagaren; lo stesso ricorrente riconosce peraltro che la giurisprudenza sul punto è consolidata nel senso della compatibilità).

Per il resto, basta ricordare che, come bene notano i giudici di appello, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la violenza alle persone che ecceda i limiti del delitto di percosse e produca lesioni personali, dà luogo ad altro reato autonomo, concorrente con quello di cui all’art. 393 c.p., e che è inoltre configurabile l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2 nell’ipotesi in cui le lesioni siano provocate nello esplicarsi della violenza posta in essere per commettere il reato di cui all’art. 393 c.p. (cfr Corte di Cassazione nr 09532 del 06/05/1985 Sez. 2 Fontanot; vedi, anche Corte di Cassazione nr 29486 del 19/05/2009 Sez. 2 Kotbani), dove la precisazione che la circostanza aggravante del nesso teleologico è configuratale indipendentemente dalla unicità o pluralità delle condotte criminose, o dalla contestualità di queste ultime, essendo sufficiente che la volontà del soggetto agente sia diretta alla commissione del reato-fine e che a tale scopo egli si sia servito del reato-mezzo).

Infine, la decisione sulla provvisionale non è censurabile in sede di legittimità, dal momento che la relativa pronuncia in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare della provvisionale è rimessa alla discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto (Cass Sez. 5, Sentenza n. 40410 del 18/03/2004, Farina ed altri; dove l’ulteriore precisazione che il provvedimento in questione, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato, è destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento).

In ogni caso, la Corte territoriale, contrariamente all’assunto del ricorrente, ha ampiamente motivato sul quantum, in riferimento agli esiti di una consulenza medica attestante le conseguenze invalidanti delle lesioni riportate dalla persona offesa, con valutazioni che comportano l’implicita confutazione delle contrarie deduzioni difensive, riproposte sostanzialmente, in questa sede di legittimità, alla stregua di inammissibili prospettazioni di merito alternative.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *