Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-03-2011) 04-05-2011, n. 17261

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8 aprile 2010, la Corte d’Appello di Napoli, 1^ sezione penale, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere appellata dagli imputati D.M. e D.V.P. e dal Pubblico Ministero nei confronti di D.C.G., assolveva D. dal reato di cui al capo j) perchè il fatto non sussiste e determinava la pena nei suoi confronti per i residui reati in quattro anni quattro mesi di reclusione e 1500 Euro di multa; riduceva la pena inflitta a D. V. a tre anni otto mesi di reclusione e 1400 Euro di multa;

confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale D.C. era stato assolto dai reati a lui ascritti ai capi f) e g) per non aver commesso il fatto e D. e D.V. erano stati dichiarati colpevoli di concorso nei delitti di rapina aggravata in danno di S.M. (capo a), porto e detenzione di una pistola di marca e calibro imprecisati (capi b e c), resistenza e lesioni volontarie aggravate in danno dei Carabinieri C.P. e Ci.Gi. (capi d ed e), con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La Corte territoriale:

– relativamente alla posizione di D. riteneva insussistente la prova per il delitto di detenzione di pistola cal. 22 di cui al capo j) non essendo sufficiente il brano di conversazione oggetto di intercettazione ambientale; l’offerta di risarcimento a S. appariva inadeguata e non sussistevano i presupposti per ritenerlo meritevole delle attenuanti generiche per la gravità dei fatti e per la contiguità a consorteria criminale dedita a rapine con armi. La pena andava ridotta per effetto dell’assoluzione dal capo j);

– relativamente alla posizione di D.V. riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta della sua presenza a bordo del veicolo su cui si trovavano gli altri due complici e del contenuto delle conversazioni in carcere tra D. e V. che davano certezza della sua partecipazione alla rapina commessa con arma vera. Quanto alla resistenza e alle lesioni in danno dei Carabinieri, l’essersi dato alla fuga dopo l’urto dimostrava la sua consapevolezza e non si conciliava con la tesi difensiva. Non ricorrevano i presupposti dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. per avere fornito ai complici l’auto e le armi e non era meritevole delle attenuanti generiche per le stesse ragioni per le quali erano state negate a D..

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) D.V.P.: – violazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, art. 61 c.p., n. 2, L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 14, artt. 337, 582, 585 e 576 c.p. per essere stato il suo concorso nei delitti indicati ai capi a), b), c), d) ed e) desunto sulla base di mere presunzioni prive dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, in quanto della conversazione oggetto di intercettazione ambientale non si è tenuto conto della frase in cui i dialoganti riconoscevano che "quello giustamente la rapina non l’ha fatta" mentre si sono valorizzate le altre considerazioni senza avere accertato che si riferissero al D.V.. Anche per i delitti di cui ai capi d) ed e) non si è accertato quale sia stato il contributo prestato; – violazione dell’art. 606 c.p.p., commi 1, lett. b) ed e) in relazione agli artt. 114 e 62-bis c.p. perchè non si è tenuto conto del valore marginale del suo eventuale contributo e del suo stato di incensuratezza, sicchè la sua posizione non poteva essere equiparata a quella di D.;

2) D.M.: vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) per avere la sentenza impugnata ha "fornito una motivazione nella parte finale del provvedimento manifestamente illogica" perchè "non risulta evidenziato l’iter argomentativo seguito dal Giudicante per pervenire alla decisione adottata.
Motivi della decisione

1. Ricorso nell’interesse di D.V.P..

1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1.1. perchè i giudici di merito hanno valutato il compendio indiziario costituito dal dato certo che l’imputato venne sorpreso in compagnia degli altri due complici a distanza di poche ore dalla rapina e che assieme a loro si diede alla fuga anche dopo l’impatto del veicolo inseguito in maniera rocambolesca dai carabinieri e alla resistenza attiva dispiegata nei confronti di questi ultimi; dato al quale si è aggiunta la valutazione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione ambientale all’interno del carcere tra gli altri due complici, che ragionavano sull’opportunità di chiedere aiuto a chi, pur avendo fornito auto ed arma ed avendo beneficiato della spartizione del compendio della rapina, se ne stava fuori. La frase "quello giustamente la rapina non l’ha fatta" era stata compiutamente valutata già dal primo Giudice. Del resto anche la Corte territoriale ha escluso la partecipazione materiale all’azione delittuosa, ma ha valorizzato le circostanze che l’autovettura era effettivamente intestata a D.V.; che effettivamente D. dinanzi a GIP scagionò il cugino, dati questi coincidenti con i riferimenti oggetto della conversazione intercettata, sicchè in maniera non manifestamente illogica la sentenza impugnata ne ha tratto la conclusione che la persona della quale gli altri due complici parlavano non poteva che essere il D.V.;

1.1.2. perchè, relativamente ai delitti di porto e detenzione di pistola di cui ai capi b) e c), la Corte territoriale non ha operato la denunciata inversione dell’onere della prova, ma ha valutato in maniera non manifestamente illogica gli elementi indiziari costituiti dalla disponibilità da parte degli esecutori materiali della rapina di una pistola a tamburo ben descritta nelle sue caratteristiche dalla vittima; dalle conversazioni degli stessi, oggetto di intercettazione, in occasione delle quali si parla di armi fornite dalla persona individuata nel D.V.; dalle ammissioni di D. di aver gettato l’arma dopo la rapina;

1.1.3. perchè, relativamente ai delitti di resistenza e lesioni, il suo concorso è stato desunto dal complesso delle circostanze sopra indicate e dal fatto che egli si dette alla fuga al pari degli altri due complici, con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

1.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato quanto alle doglianze mosse in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. perchè il convincimento della insussistenza dei presupporti per ritenere la sua partecipazione di minima importanza è stata congruamente giustificata al rilievo che egli aveva fornito l’autovettura e l’arma, cioè i mezzi materiali per consentirne l’esecuzione.

2. Il ricorso nell’interesse di D.M. è inammissibile per genericità, perchè non è dato neppure comprendere quale sia "la parte finale del provvedimento manifestamente illogica" in relazione alla quale "non risulta evidenziato l’iter argomentativo seguito dal Giudicante per pervenire alla decisione adottata" dal momento che la decisione in relazione alla posizione del D. è stata di accoglimento dell’appello per quel che concerne l’assoluzione dal delitto di cui al capo J); di rigetto per quel che attiene la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche.

Proprio la riduzione della pena (per effetto dell’accoglimento parziale dell’appello, cioè l’assoluzione) costituisce la parte finale della motivazione. Non è dato quindi comprendere quale sia l’interesse del ricorrente a dolersi della motivazione.

Se invece ha inteso riferirsi alla parte della motivazione che ha giustificato il mancato accoglimento della richiesta di concessione delle attenuanti generiche, deve osservarsi che, a fronte della motivazione che ha valutato la gravità dei fatti e la contiguità con ambienti criminali, la doglianza è comunque generica perchè è posta in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

3. In conseguenza entrambi gli imputati vanno condannati al pagamento delle spese processuali e D. anche al versamento in favore della Cassa delle Ammende di somma che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate ragioni di inammissibilità, si stima equo quantificare in mille/00 Euro.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso di D.V.P.; dichiara inammissibile il ricorso di D.M.; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e il solo D. anche della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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