Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-05-2011, n. 2663 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ldi, Paoletti, Piacenza e Coronas, su delega di Pesavento;
Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, i signori V. W. e P. R. appellano la sentenza 12 febbraio 2003 n. 200, con la quale il TAR Piemonte, sez. I, ha dichiarato irricevibile il loro ricorso per motivi aggiunti ed ha respinto il loro ricorso introduttivo del giudizio di I grado (nonchè un primo ricorso per motivi aggiunti).

Oggetto del giudizio di I grado erano i seguenti atti (il primo impugnato con il ricorso principale, gli altri con ricorsi per motivi aggiunti), dei quali si chiedeva l’annullamento:

– deliberazione 28 febbraio 2001 n. 13, con la quale il Consiglio comunale di Chivasso ha approvato il "PEC S. s.r.l. zona B3 – Via Rondissone";

– la concessione edilizia n. 116/2002 del 9 agosto 2002, rilasciata in esecuzione del suddetto PEC, per la realizzazione di costruzione residenziale a due piani in via Rondissone (confinante con proprietà dei ricorrenti e con una striscia di terreno gravata, fin dal 1959, da una servitù di passaggio in loro favore);

– infine, l’art. 22, comma 6, delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore di Chivasso, nel punto in cui si prevede che "agli effetti delle distanze dai confini, non si considerano le scale a giorno ed i balconi (compresi i pilastri di sostegno) sino ad un aggetto di m. 2".

Il giudice di I grado ha rigettato il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti, ritenendo infondati i motivi proposti, e precisamente:

a) quanto alla asserita usucapione maturata in favore dei ricorrenti sulla strada (oggetto invece di dismissione da parte della controinteressata sig.ra V.), si è affermato che "la P.A. non è tenuta – in ossequio al generale canone di buon andamento – ad indagare autonomamente circa l’eventuale esistenza di altrui pretese sul diritto dedotto in via negoziale… in aperto contrasto con le risultanze pubblicodocumentali acquisite"; né i ricorrenti "hanno mai proposto una conforme azione di accertamento"; né, infine, incidentalmente, risultano sussistenti i presupposti dell’usucapione. Inoltre, quanto alla circostanza che via Rondissone (anch’essa oggetto di cessione), sarebbe già pubblica, per un verso, non vi è corrispondenza tra la maggiore lunghezza di tale via e la minore estensione di essa soggetta all’uso pubblico; per altro verso, "l’inserimento di una strada nell’elenco a suo tempo previsto dalla l. n. 126/1958 non privava i proprietari del loro diritto dominicale, atteso che l’atto di classificazione di una via come comunale non era destinato ad incidere sul regime di appartenenza del bene";

b) quanto ai motivi con i quali si è contestato "l’esercizio, ampiamente discrezionale, della potestà pianificatoria dell’amministrazione comunale, essi risultano "formulati in modo ipotetico", né l’attività amministrativa sconfina nella manifesta illogicità o plateale arbitrarietà "attesa la minima entità delle unità abitative (in numero di nove) servite dalle vie in questione e considerata l’opportuna previsione, nel progetto assentito, della realizzazione di posti auto ad uso pubblico e di un’autorimessa privata";

c) quanto al contestato difetto delle distanze, non risultano applicabili al caso di specie l’art. 21 NTA del Piano regolatore ("per mancanza del requisito della minima confrontanza") e l’art. 23 (per "assenza nelle cartografie di piano – circostanza non contestata dai ricorrenti – dell’indicazione dei fili dei fabbricati e delle sedi stradali esistenti costituenti il presupposto applicativo della disposizione");

d) infine, non sussistono le dedotte violazioni dei principi partecipativi al procedimento, posto che "i confinanti non possono considerarsi interventori necessari nel rilascio di concessione edilizia".

Da ultimo, la sentenza appellata ha dichiarato irricevibile per tardività il secondo ricorso per motivi aggiunti, posto che con esso si è impugnata una norma di piano "la cui ipotetica illegittimità risultava pienamente conoscibile e lesiva già all’epoca della proposizione del ricorso introduttivo".

Avverso la sentenza di I grado, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) violazione di legge con riferimento all’art. 65 R.D. n. 642/1907, nonché all’art. 132 c.p.c.; violazione art. 3 l. n. 241/1990; poiché "la sentenza risulta depositata in cancelleria il giorno precedente a quello della camera di consiglio in cui il ricorso è stato deciso"; infatti, "la stessa reca la data della camera di consiglio del 13 febbraio 2003 nel mentre risulta essere stata depositata in data 12 febbraio 2003"; inoltre, il Tribunale ha deciso di provvedere con sentenza immediata, senza considerare che la causa non era di pronta soluzione;

b) in ordine al I motivo di ricorso: violazione artt. 43 e 45 l. reg. n. 56/1977; art. 3 l. n. 205/2000; art. 24 Cost.; art. 27.2 del PRG; eccesso di potere per contraddittorietà; per irragionevolezza; carenza di presupposti di fatto e di diritto; erronea considerazione di circostanze essenziali; travisamento dei fatti; ingiustizia grave e manifesta; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; violazione art. 3 l. n. 241/1990; poiché la via Rondissone è demaniale, come si evince dalla circostanza che il Comune la ha dotata di pubblica illuminazione, vi ha apposto numerazione civica e provvede alla manutenzione; conseguentemente, la "proprietà V. non può vantare quel diritto pieno ed esclusivo che ne legittimerebbe… la dismissione nell’ambito di PEC";

c) quanto al secondo motivo di ricorso: erroneità della sentenza "allorchè ha ritenuto di modesta portata l’intervento edificatorio previsto con il PEC in questione senza farsi carico se la valutazione dell’intervento fosse avvenuta individuando e puntualizzando corretti parametri di giudizio", posto che la via Rondissone "per le sue caratteristiche è inadeguata a sopportare un incremento di abitanti e conseguente passaggio di veicoli che si verrebbe a determinare con la creazione… di ulteriori nove nuovi alloggi";

d) con riferimento al terzo motivo di ricorso, relativo alla violazione degli artt. 21 e 23 PRG di Chivasso, la sentenza non ha considerato le risultanze della perizia di parte depositata dai ricorrenti, attestante "che il nuovo fabbricato verrebbe a trovarsi ad una distanza di m. 6,40 dall’opposto ciglio stradale";

e) con riferimento alle esigenze partecipative al procedimento di rilascio della concessione edilizia, la sentenza ha omesso di considerare che "gli odierni appellanti sono proprietari frontisti" e "l’amministrazione comunale era perfettamente a conoscenza del nocumento che agli stessi sarebbe derivato dal rilascio della richiesta concessione edilizia";

f) tempestività dei motivi aggiunti proposti, dato che la lesione derivante dalla impugnata norma di piano "si è verificata solo al momento del rilascio della concessione edilizia"

Si è costituito in giudizio il Comune di Chivasso, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello.

Si sono altresì costituiti la società S. s.r.l. e la sig.ra V. M., che hanno anch’essi concluso richiedendo il rigetto del ricorso in appello.

Con ordinanza n. 3484/2003, pronunciata all’udienza del 30 luglio 2003, questo Collegio ha respinto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

Con successiva sentenza 15 settembre 2010 n. 6859, sono stati disposti incombenti istruttori.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

E’, innanzi tutto, infondato il primo motivo di appello, con il quale si assume che "la sentenza risulta depositata in cancelleria il giorno precedente a quello della camera di consiglio in cui il ricorso è stato deciso".

Anche all’esito della disposta istruttoria, risulta, infatti, che l’udienza si è svolta il 12 febbraio 2003, data che coincide con quella di deposito della sentenza appellata. A fronte di ciò, evidentemente per mero errore materiale, nella medesima sentenza è riportata, quale data dell’udienza in camera di consiglio, quella del 13 febbraio 2003.

Quanto alla censura rivolta avverso la decisione assunta dal Tribunale di adottare sentenza immediata, ai sensi dell’art. 3 l. n. 205/2000, senza invece verificare "l’incontrovertibile carenza istruttoria da cui erano affetti i provvedimenti impugnati" e disattendendo immotivatamente le richieste istruttorie avanzate dai ricorrenti, occorre osservare che rientra nei poteri del giudice valutare se la causa possa (o meno) essere decisa con sentenza immediata, ai sensi degli artt. 21 e 26 l. n. 1034/1971.

Tale decisione non risulta censurabile in sé (lamentandosene, come implicitamente nel caso di specie, una illogicità), né sindacabile come tale dal giudice d’appello, posto che le statuizioni della sentenza – anche così pronunciata – possono naturalmente essere oggetto di censura attraverso i normali mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento processuale.

E" del tutto evidente, infatti, che laddove il giudice di I grado abbia ritenuto la manifesta fondatezza o la manifesta infondatezza del ricorso, così pronunciando sentenza immediata, è la decisione assunta nel merito che costituisce, se del caso, oggetto di impugnazione, non già il rito e la forma della sentenza prescelti.

Anche gli ulteriori motivi di appello risultano infondati.

Quanto alle censure avanzate alla sentenza, con riferimento alla parte della medesima dove si rigetta il primo motivo di ricorso, occorre osservare che, rispetto all’originario motivo, gli appellanti rinunciano sostanzialmente a coltivare quella parte del medesimo fondata sull’asserito acquisto per usucapione.

Peraltro, occorre osservare come il Comune di Chivasso, nella propria memoria di costituzione, abbia ribadito che "il PEC, come emerge dalla tavola 1 di progetto, non prevede la dismissione della strada ubicata a sud dell’erigendo fabbricato", cioè la strada che si assume usucapita.

Quanto, invece, alla pretesa proprietà pubblica di via Rondissone, per un verso, gli elementi addotti (e sopra riportati), onde dedurne la demanialità, non costituiscono affatto prova della medesima; per altro verso, tale supposta proprietà comunale non risulta rivendicata come tale nemmeno dallo stesso Comune (v. pag. 3 memoria), né, infine, risulta censurata l’argomentazione della sentenza di I grado circa una non corrispondenza tra l’intero tracciato di via Rondissone e l’inferiore parte di essa soggetta all’uso pubblico.

Quanto alla lamentata erroneità della sentenza "allorchè ha ritenuto di modesta portata l’intervento edificatorio previsto con il PEC in questione senza farsi carico se la valutazione dell’intervento fosse avvenuta individuando e puntualizzando corretti parametri di giudizio", occorre osservare che rettamente il giudice di I grado ha ritenuto come "formulati in modo ipotetico" i relativi motivi di ricorso.

Ed infatti anche nella presente sede, i ricorrenti ribadiscono censure avverso l’esercizio ampiamente discrezionale della potestà pianificatoria dell’amministrazione del tutto generiche, senza evidenziare, cioè, né specifiche prescrizioni di natura urbanistica ed edilizia eventualmente violate, né argomenti volti a palesare la pur lamentata illegittimità degli atti per eccesso di potere.

Altrettanto esente da censure risulta la determinazione della sentenza di I grado, relativamente alla inapplicabilità al caso di specie degli artt. 21 e 23 delle NTA del Piano regolatore di Chivasso. Ed infatti:

– l’art. 21, comma 2, prevede che i limiti "si applicano anche quando una sola parete sia finestrata nel caso che gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12", laddove, nel caso di specie, la confrontanza è inferiore;

– l’art. 23 presuppone, per la applicazione delle distanze ivi previste, indicazioni specifiche nella cartografia di PRG, che invece mancano.

E" infondato anche il motivo di appello con il quale si censura la sentenza di I grado, per non aver rettamente considerato la violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo, stante l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ai controinteressati (attuali appellanti, già ricorrenti in I grado).

Nel caso di specie, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 21octies, comma 2, l. n. 241/1990, occorre rilevare che l’eventuale partecipazione degli attuali appellanti a detto procedimento non avrebbe potuto condurre ad un esito diverso, stante la corrispondenza del titolo edilizio all’assetto urbanisticoedilizio, come determinato anche dal presupposto strumento attuativo PEC.

Infine, quanto all’ultimo motivo di gravame, occorre rilevare che l’impugnazione dell’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del PRG è stata proposta con il secondo ricorso per motivi aggiunti, di modo che appare corretta la statuizione della impugnata sentenza, che ne ha rilevato l’irricevibilità.

Ed infatti, la (presunta) lesività di tale disposizione era rilevabile dagli appellanti fin dal ricorso introduttivo. Né vale affermare che la suddetta lesività è venuta in evidenza solo con il rilascio del permesso di costruire (peraltro già impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti)

Infatti, per un verso, la (presunta) lesività della disposizione era già del tutto evidente fi dall’approvazione del PEC; per altro verso, qualora si intendesse accedere alla tesi degli appellanti, ne conseguirebbe che o sarebbe inammissibile per difetto di interesse il ricorso principale (in quanto le previsioni contenute nel PEC non sarebbero tali da fondare una lesione attuale di interesse legittimo), ovvero è tardiva (così come rilevato dal TAR) la proposta impugnazione dell’art. 22, comma 6, delle norme tecniche di attuazione

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da V. W. e P. R. (n. 5831/2003 r.g.,), lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento, in favore di ciascuna delle parti costituite in appello, delle spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) per ciascuna di esse, oltre accessori come previsti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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