T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 04-05-2011, n. 380 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti,comproprietari di alcuni appezzamenti di terreno siti nel Comune di Caulonia, nell’ambito di un’area individuata al foglio di mappa n. 117, presentavano un piano di lottizzazione finalizzato a costruzione di tre complessi residenziali per complessivi n.11 corpi di fabbrica.

Il piano di lottizzazione interessava un’area identificata nel vigente PRG quale ZTO (zone speciali)G3 – comparti turistici integrati e servizi per il tempo libero, per la quale le N.T.A. subordinavano la possibile trasformazione all’adozione di Piani Unitari di Comparto ad iniziativa privata, da sottoporsi all’approvazione del Consiglio comunale.

Sul piano si esprimeva preliminarmente l’ufficio tecnico del Comune di Caulonia giudicandolo conforme alla destinazione urbanistica ed agli indici dello strumento urbanistico, si pronunciava altresì la Regione Calabria che confermava la valutazione favorevole, subordinandola, tra l’altro, all’acquisizione di tutti i nulla osta relativi ai vincoli insistenti nell’area di piano, si pronunciava, in ordine a questi ultimi, la Provincia di Reggio Calabria che, in data 23 maggio 2008, rilasciava autorizzazione paesaggistica n. 119144, trasmettendo contestualmente gli atti alla competente Soprintendenza.

La Soprintendenza, tuttavia, considerato che "la proposizione progettuale riguarda opere che per tipologia costruttiva e composizione volumetrica, se realizzata verrebbe a determinare un consistente aggravio visivo, sconvolgendo in modo definitivo i pochi coni ottici ancora rimasti nell’area interessata", annullava l’autorizzazione paesaggistica poiché illegittima.

Avverso siffatto provvedimento, insorgono i ricorrenti, che deducono: 1) Violazione dell’art. 7 della l. n.241/90. Violazione delle norme e dei principi sul procedimento amministrativo. Eccesso di potere. Sarebbe violato l’art. 7 della L. n. 241/90 che fa obbligo all’amministrazione di dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto nei confronti del quale il provvedimento finale è destinato a produrre effetti;

2) Illegittimità della "verifica" e di ogni altro atto della Soprintendenza della Calabria. Violazione ed errata applicazione dell’art. 1 l. n. 431/85 e del codice dei Beni Culturali. Eccesso di potere in genere e sotto i profili della inesistenza dei presupposti. incompetenza dell’autorità statale a valutare e/o a controlli di merito. Violazione del procedimento. Decisiva ai fini dell’esecuzione del progetto, avrebbe dovuto ritenersi soltanto l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia (quale soggetto delegato dalla Regione) con la conseguenza che l’intervento dello Stato non poteva spingersi sino ad un annullamento per motivi di merito, qual è quello, nel caso di specie pronunciato;

3) Violazione ed errata applicazione della l. n. 431/85 e del Codice dei Beni Culturali. Violazione del procedimento. Violazione dei limiti al potere di annullamento. Violazione delle competenze regionali. Eccesso di potere. Il controllo della Soprintendenza avrebbe dovuto essere di mera legittimità ed interessare esclusivamente l’osservanza della procedura sotto il profilo formale;

4) Eccesso di potere. Difetto di motivazione. Contrasto con le valutazioni della provincia. illogicitàmanifesta. Erroneità" e/o inesistenza dei presupposti. Violazione del procedimento. L’istruttoria, compiutamente eseguita dalla Provincia e motivata con riferimento a specifici documenti e accertamenti della complessiva situazione giuridica della zona e dell’intervento, sarebbe stata disattesa dalla Soprintendenza senza un’adeguata motivazione. Il riferimento ai "coni ottici", compiuto dalla stessa al fine di giustificare le proprie conclusioni, sarebbe generico e privo di supporti concreti. Inoltre, dal confronto tra le foto dello stato dei luoghi prima dell’intervento e la simulazione che riporta il rendering della progettazione sulla stessa foto, sarebbe agevole evincere che l’edificazione appare ben inserita nel paesaggio preesistente e tale da provocare un impatto minimo senza per nulla sconvolgere i coni ottici rispetto delle viste attuali;

5) Violazione della l. n. 431/85 e del codice dei Beni Culturali. Incompetenza dell’Autorità statale. Inesistenza dei presupposti. Erroneità" della motivazione. L’amministrazione periferica dello Stato avrebbe ritenuto, all’esito della sub fase procedimentale di competenza, che le opere oggetto del nulla osta provinciale non sono compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e di conservazione dei valori paesistici tutelati, con ciò adottando una decisione da ascriversi al novero degli interventi annullatori incidenti sul merito del provvedimento, non consentiti dall’ordinamento normativo vigente.

Costituitasi in giudizio, l’amministrazione ha escluso la violazione dell’art. 7 della legge 241/90 avendo la Provincia inviato il provvedimento autorizzatorio alla Soprintendenza per il controllo di cui all’art. 159 del D. L.vo 42/2004, e contestualmente dato la relativa comunicazione anche alla ditta richiedente, con ciò consentendo la conoscenza sia del rilascio della chiesta autorizzazione, sia dell’invio dell’autorizzazione alla Soprintendenza per la successiva fase del controllo; nel merito ha evidenziato come l’annullamento non abbia sconfinato nel merito, avendo rilevato e stigmatizzato un difetto di motivazione in ordine all’impatto visivo delle opere progettare, ossia un vizio di legittimità sebbene intrinseca, consentito dall’ordinamento. In proposito, il progettista ed i ricorrente avrebbero erroneamente individuato "la vista del mare" quale caratteristica determinante la tutela di quell’area (tra l’altro non visibile a prescindere dall’intervento, neanche da un punto di osservazione più elevato), mentre, oggetto di tutela sarebbe il paesaggio quasi incontaminato posto entro 300 metri dalla battigia, questo sì sottoposto ad un aggravio visivo dal progettato intervento edilizio.

Con memoria non notificata, i ricorrenti, in vista dell’udienza di discussione, hanno dedotto la sopravvenuta impossibilità della proposta lottizzazione in forza dello ius supeveniens, ed in ispecie degli effetti collegati, dall’art. 65 della legge regionale 19/02, all’avvio delle procedure per la redazione del PSC (nuovo strumento urbanistico sostitutivo del PRG), ossia la decadenza delle previsioni del PRG legittimanti il piano proposto. Tale sarebbe la ragione per la quale la ditta (GFG immobiliare) che si era impegnata all’acquisto delle aree di proprietà dei ricorrenti, avrebbe considerato risolto il relativo contratto preliminare di compravendita e chiesto la restituzione della caparra, con conseguente ingente danno patrimoniale per i ricorrenti.

La causa, alla pubblica udienza del 6 aprile 2011 è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

In particolari sono fondati i motivi a mezzo dei quali i ricorrenti sostengono che l’amministrazione statale ha esorbitato dalle sue attribuzioni provvedendo ad un riesame nel merito della valutazione paesaggistica.

Non essendovi dubbio – nel sistema attuale – che l’autorità investita della tutela dei valori paesistici nell’esercizio del potere autorizzatorio si identifica nell’Amministrazione locale delegata, cui spetta in via esclusiva di effettuare la valutazione di compatibilità, l’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 deve essere inteso nel senso che esso non attribuisce all’Amministrazione centrale un potere di annullamento del nullaosta paesaggistico tale da consentirle di sovrapporre una propria valutazione a quella del soggetto che ha rilasciato il titolo autorizzativo, ma riconosce ad essa un controllo di mera legittimità che, peraltro, può riguardare tutti i possibili vizi, tra cui anche l’eccesso di potere (Cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 23/02/2009, n. 1050).

La Soprintendenza può solo verificare che tale valutazione di compatibilità non sia manifestamente illogica o irrazionale, sia basata su un’istruttoria sufficiente e completa, sia sorretta da motivazione sufficiente, congrua, razionale e non contraddittoria ed, in genere, che siano osservate le regole che sovrintendono all’esercizio della funzione tecnico – discrezionale e le norme che disciplinano la funzione stessa, ma non può sostituire i suoi apprezzamenti sulla compatibilità ambientale a quelli espressi dall’Ente locale (Cfr. da ultimo T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I 20/05/2010 n. 798; in tal senso, in precedenza T.A.R. Toscana Firenze sez. III 16 marzo 2009 n. 427; Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2009, n. 1050; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 19 febbraio 2009, n. 978; Cons. St., sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4311; T.A.R Puglia Lecce, sez. I, 17 luglio 2008, n. 2213; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 17 aprile 2008, n. 1141; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 05 febbraio 2008, n. 551).

Nel caso di specie, la Provincia di Reggio Calabria aveva rilevato che: a)il dimensionamento e la configurazione architettonica relativa al progetto di realizzazione risultava compatibile con le condizioni geomorfologiche – ambientali del territorio; b) la consistenza delle opere proposte, non alterava l’attuale valore paesaggistico dei luoghi, né comprometteva le esistenti condizioni di fruibilità visiva.

La Soprintendenza, lungi dall’evidenziare analiticamente le eventuali insufficienze o incongruità dell’istruttoria, od anche, della motivazione in relazione alle risultanze istruttorie acquisite, ha riformulato la valutazione di compatibilità paesaggistica affermando (unicamente) che "la proposizione progettuale se realizzata, verrebbe a determinare un consistente aggravio visivo, sconvolgendo in modo definitivo i pochi coni ottici ancora rimasti nell’area interessata".

In sintesi, le conseguenze dell’opera sulla fruibilità visiva sono state diversamente valutate dalla Provincia e della Soprintendenza, è ciò ha indotto quest’ultima a disporre l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dalla prima.

Così procedendo la Soprintendenza ha però sostanzialmente rivalutato il "merito" della compatibilità paesaggistica, inammissibilmente sostituendo la propria valutazione a quella della Provincia.

Né varrebbe sostenere che un siffatto modus procedendi null’altro sarebbe che la formulazione in positivo di un rilevato difetto di motivazione (in questa chiave di lettura i motivi per il diniego evidenzierebbero, cioè, l’erroneità della motivazione della pregressa autorizzazione), poiché così argomentando si accoglierebbe una nozione di motivazione così lata e generica da farle perdere qualsiasi connotazione e valenza qualificante in punto di rapporto tra legittimità e merito.

In realtà, la valutazione rimane nell’alveo della legittimità soltanto ove, il difetto, l’insufficienza o l’incongruità della motivazione siano sostenute in rapporto agli analitici esiti delle risultanze istruttorie, o siano l’effetto di una carenza istruttoria analiticamente dimostrata. Solo in questi ristretti limiti la compatibilità paesaggistica può essere oggetto di "riesame", id est nei limiti delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere.

Le considerazioni svolte dall’Avvocatura Distrettuale in ordine ai coni visivi ed al loro possibile oggetto, sia pur pregevoli, non sono in grado di restituire, ex post, razionalità e validità alle laconiche e perentorie affermazioni contenute nel corpo motivazionale dell’atto gravato, vieppiù ove si consideri che è proprio quest’ultimo ad individuare erroneamente i presupposti legittimanti l’intervento annullatorio, nella funzione di non consentire "deroghe" al vincolo paesaggistico per contro autorizzate in sede locale (cfr. il settimo e l’ottavo "considerato"). Di deroghe evidentemente non trattavasi, quanto di valutazioni di compatibilità censurabili nei limiti del sindacato sull’eccesso di potere, secondo quanto innanzi chiarito.

L’accoglimento delle descritte censure rende ultroneo l’esame di quelle, ulteriori, di natura procedimentale e formale. La domanda di annullamento deve dunque essere accolta e l’atto annullato.

Inammissibile risulta invece la domanda risarcitoria, formulata con memoria non notificata nell’imminenza dell’udienza di discussione. La giurisprudenza ha chiarito che la domanda risarcitoria proposta durante il giudizio anche con semplice memoria, è ammissibile solo se notificata alle controparti, adempimento che nel caso di specie non è stato eseguito.

L’esito del giudizio giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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