Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-08-2011, n. 17429

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ale.
Svolgimento del processo

Con atto del 1993, Lu., A. e L.L., premesso di essere comproprietari di due appezzamenti di terreno contigui, esponevano che A. e S.G., anni prima, nel realizzare la loro abitazione, avevano aperto delle vedute in violazione delle distanze legali; ed avevano inoltre realizzato un accesso alla casa predetta su di un loro terreno che avevano occupato per circa venti metri quadri: chiedevano pertanto al pretore di Leonforte l’eliminazione delle vedute, la chiusura dell’accesso e il rilascio del terreno occupato.

Si costituiva il solo S.A., il quale assumeva di avere acquistato un fondo che comprendeva la porzione di terreno in questione; in ogni caso, ove fosse emerso che la detta porzione non era ricompresa nel rogito, eccepiva di averla usucapita. Con sentenza del 1997, l’adito Pretore ritenuto che la decadenza del S. dalla prova richiesta dichiarata in un primo tempo era stata giustamente revocata e che le prove assunte avevano provato la fondatezza dell’eccezione riconvenzionale di usucapione, accoglieva la relativa domanda riconvenzionale. Avverso tale sentenza proponeva appello il L., cui resisteva il S.. Con sentenza in data 13.5/10.6.2005, il tribunale di Nicosia rigettava l’impugnazione e regolava le spese.

Osservava il Tribunale che i vizi relativi all’ammissione ed all’assunzione della prova testimoniale sono deducibili nella prima udienza successiva a quella in cui si sono verificati; tanto non era stato fatto e la decadenza doveva ritenersi sanata per acquiescenza, non essendo stata tempestivamente dedotta.

Non era fondata l’eccezione legata alla assunzione della prova per testi in loco ed alla contestuale ispezione dei luoghi, che può essere disposta dal giudice di ufficio. Il dedotto difetto di contraddittorio all’atto dell’assunzione della prova non sussisteva, essendo onere del procuratore, in caso di sopravvenuto impedimento, farne constare formalmente la sussistenza e chiedere rinvio, cosa questa non avvenuta.

Dagli atti risultava la infondatezza della difesa formulata in principalità dal S., donde la legittimità dell’esame della eccezione di usucapione.

Le risultanze probatorie nel loro complesso poi dimostravano la fondatezza della stessa, donde la correttezza della decisione adottata in prime cure.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di cinque motivi, i L.;

resiste con controricorso S.A., che ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato basato su di un solo motivo.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la stessa sentenza e vanno pertanto riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c..

Venendo all’esame del ricorso principale, nel primo motivo ci si duole di violazione dell’art. 244 c.p.c. e di vizio di motivazione in relazione alla ritenuta ammissibilità della prova richiesta in ordine all’avvenuta usucapione della porzione di terreno su cui si controverte.

Va premesso che la questione in argomento è stata oggetto di due contrastanti decisioni da parte del primo giudice, sia pure in persona di soggetti diversi, relativamente alla decadenza o meno dalla richiesta di assunzione della prova richiesta, atteso che, fissato un termine per la formulazione della stessa, erano stati richiesti più rinvii per tale incombente, salvo poi formulare la prova de qua.

La sentenza impugnata ha espressamente affermato che in occasione delle richieste di rinvio formulate dalla parte istante, la controparte non aveva eccepito la decadenza dal potere di formulare la prova stessa, limitandosi ad opporsi al rinvio, segnatamente rilevando che nell’ultima occasione, il rinvio dell’udienza era stato richiesto dalla controparte, con adesione dell’avversario.

Ciò posto, il motivo non può trovare accoglimento, atteso che l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata è categorica e induce a non poter dubitare che non vi sia stata proposizione dell’eccezione di decadenza, con la conseguenza che la stessa, che andava proposta immediatamente o nella prima udienza successiva a quella in cui il vizio si sia verificato (cons. Cass. n 6531 del 2003), sia stata proposta oltre il termine di legge e che quindi correttamente e non tardivamente la prova sia stata articolata.

Con il secondo motivo, si lamenta violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c. e vizio di motivazione, censurando il fatto che alla data fissata per l’escussione dei testi, il giudicante abbia differito di fatto tale incombente, ritirandosi nel suo studio senza stabilire l’ora di escussione dei testi e che il procuratore degli odierni ricorrenti non avesse potuto per precedenti impegni, presenziare all’incombente, svoltosi in loco, senza possibilità, data l’ora tarda, di farsi sostituire.

La doglianza non ha pregio; non risulta che il giudicante avesse dichiarato chiusa l’udienza e pertanto era onere del procuratore di presenziare a quanto sarebbe seguito; il non aver richiesto un rinvio, malgrado il protrarsi dell’ora e la impossibilità di una sostituzione, integra una situazione sgradevole, ma non tale da concretizzare alcuna violazione di legge, mentre l’aver disposto l’audizione dei testi in loco era facoltà del giudicante che legittimamente poteva essere assunta anche al momento.

Con il terzo mezzo si lamenta erronea valutazione delle prove e vizio di motivazione;

Con il quarto, la mancata applicazione degli artt. 437 e 356 c.p.c. e con il quinto,la mancata applicazione dell’art. 91 c.p.c..

Le doglianze afferenti alla valutazione delle prove, alla dedotta violazione dell’art. 356 c.p.c. e ad una francamente poco comprensibile violazione dell’art. 437 c.p.c., investono profili schiettamente di merito, che sono riservati istituzionalmente alla valutazione discrezionale del giudice del merito e che non possono pertanto costituire ragione di ricorso in sede di legittimità, afferendo a profili di fatto.

La valutazione delle risultanze della prova testimoniale, della attendibilità delle stesse, della riferibilità delle affermazioni alla situazione in concreto sottoposta all’esame del giudicante, competono al giudice del merito e pertanto possono essere oggetto di doglianza nella presente sede solo in caso di palese violazione di canoni logici o di evidente discrasia con risultanze oggetti ve, emergenze queste non riscontrabili nella specie.

Tale situazione, alla luce delle critiche svolte, non si configura quindi nel caso che ne occcupa, e, conseguentemente, il terzo ed il quarto motivo devono essere pertanto respinti.

Il quinto mezzo, afferente alla regolamentazione delle spese, è con ogni evidenza formulato nell’ipotesi di accoglimento del ricorso;

considerata la reiezione del ricorso principale, lo stesso non può trovare accoglimento.

Il ricorso incidentale, seppure dichiaratamente subordinato, deve essere comunque dichiarato inammissibile per non essere stato notificato a S.G., parte nel procedimento di secondo grado e non estromessa dal giudizio.

La reciproca soccombenza comporta la compensazione delle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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