T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 04-05-2011, n. 373 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato il 2 dicembre 2008 e depositato il 23 dicembre 2008, il sig. S.R. impugna il decreto del Prefetto di Reggio Calabria prot. n. 366 Sett. I Sez. I del 27 marzo 2002, di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il decreto del Dirigente del Commissariato di P.S. di Siderno prot. n. 2716 cat. 6F/2001 del 19 novembre 2001, di rigetto dell’istanza che Egli ha avanzato per ottenere il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia. Impugna altresì quest’ultimo decreto dirigenziale, che richiama l’informativa n. 11865/121 del 13 marzo 2001 della Stazione dei Carabinieri di Bovalino, la quale "esprime parere contrario al rilascio del titolo di Polizia, in quanto il richiedente il 13.10.92 veniva tratto in arresto per porto e detenzione di arma clandestina e che il 1.1.88 veniva denunciato per lancio di petardi ed esplosioni pericolose in concorso. Inoltre il padre convivente S.F. è stato condannato per porto e detenzione illegale di armi e munizioni, violazione delle norme di controllo delle armi e lesioni personale volontarie".

Deduce i seguenti motivi:

I) Violazione degli articoli 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere. Inesistenza di motivazione.

Il Prefetto ha deciso il ricorso gerarchico senza sentire il ricorrente, che pur ne aveva fatto espressa richiesta.

II) Violazione degli articoli 11 e 43 del R.D. n. 773/1931. Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto. Istruttoria carente. Difetto di motivazione. Genericità. Sviamento.

L’istruttoria compiuta dall’amministrazione sarebbe carente, in quanto non avrebbe evidenziato la complessiva condotta di vita del ricorrente, essendo riferita solo a due risalenti fatti di rilevanza penale (successivamente definiti in modo favorevole per l’interessato) e alla circostanza inesistente della convivenza con il padre, ritenuto persona inaffidabile.

Il ricorrente conclude, anche con successiva memoria, per l’accoglimento del gravame.

Per l’amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato ed ha sostenuto la legittimità del provvedimento impugnato, chiedendo la reiezione del ricorso.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 19 aprile 2011.

Il ricorso è infondato.

Con il I) motivo si lamenta l’omessa audizione personale del ricorrente – che ne aveva fatto espressa richiesta – da parte del Prefetto, durante l’istruttoria dell’impugnata decisione del ricorso gerarchico.

La lagnanza non può essere condivisa.

Ed invero, occorre rilevare, in primo luogo, che fra le prerogative concesse al destinatario del provvedimento dall’art. 10 della legge n. 241/1990 non vi è quella dell’audizione personale, essendo invece il contraddittorio garantito dalla possibilità di dedurre nel procedimento memorie scritte che consentono adeguatamente all’interessato di mettere in evidenza i suoi interessi e di illustrare in maniera compiuta le ragioni poste a sostegno delle proprie richieste (T.A.R. Lombardia, Milano, III, 1 giugno 2009, n. 3890).

In secondo luogo, comunque, il provvedimento con il quale si decide un ricorso gerarchico è l’espressione finale di un procedimento contenzioso amministrativo, disciplinato specificamente dal D.P.R. n. 1199/1971, che non prevede l’ audizione della parte, ma affida alle censure e memorie scritte la possibilità, per la medesima, di far valere le sue ragioni (T.A.R. Lazio, III, 12 maggio 2003, n. 4105; cfr. pure T.A.R. Liguria, II 24 aprile 2008 n. 766; C.S., comm. spec., 26 febbraio 2008, n. 2518).

Ne consegue che, nella fattispecie, la richiesta audizione non era dovuta né sulla base della normativa generale sul procedimento, peraltro inapplicabile data la presenza di puntuale normativa specifica, né sulla base di quella dettata per i ricorsi gerarchici dal D.P.R. n. 1199/1971.

Con il II) motivo si deduce il difetto di istruttoria, in particolare perché l’amministrazione si sarebbe limitata a considerare solo due risalenti fatti di rilevanza penale (successivamente definiti in modo favorevole per l’interessato) e la circostanza inesistente della convivenza del ricorrente con il padre, ritenuto persona inaffidabile.

Anche tali censure non possono accogliersi.

La legislazione affida all’autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore le eccezioni al divieto di circolare armati e, dunque, qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di rigetto della domanda di porto d’arma, onde prevenire la commissione di reati e, in genere, di fatti lesivi della pubblica sicurezza.

Ne consegue che, in base al quadro normativo di riferimento (articoli 11 e 43 del R.D. n. 773/1931), il titolare della licenza di porto di fucile, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (T.A.R. Liguria, II, 23 ottobre 2009, n. 2969).

Si tratta di valutazioni ampiamente discrezionali, rientranti nel merito dell’azione amministrativa e dunque sottratte, in linea di principio al sindacato del giudice della legittimità, salva l’ipotesi di manifesta illogicità o incongruenza delle determinazioni assunte (v. T.A.R. Emilia Romagna, I, 15 marzo 2010, n. 2224; C.S., V, 13 novembre 2009, n. 7107).

Nella fattispecie, le considerazioni svolte dall’amministrazione non risultano né illogiche, né incongrue, in quanto si fondano su elementi di fatto (il ricorrente è stato denunciato nel 1988 per lancio di petardi ed esplosioni pericolose e tratto in arresto nel 1992 per porto e detenzione di arma clandestina) dai quali l’amministrazione fa derivare un’esigenza di cautela del tutto ragionevole, specie alla luce della personalità del padre S.F. (condannato per porto e detenzione illegale di armi e munizioni, violazione delle norme sul controllo delle armi e lesioni personali volontarie).

Né colgono nel segno le contestazioni operate dal ricorrente, in quanto:

– il procedimento penale relativo al lancio di petardi si è effettivamente concluso con dichiarazione di non luogo a procedere, ma non con un accertamento di estraneità del ricorrente ai fatti, bensì per intervenuta prescrizione dei reati (v. sentenza del G.U.P. presso il Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria n. 249 del 27 ottobre 2000, in atti);

– l’archiviazione del procedimento penale per porto e detenzione di arma clandestina, disposta con decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Locri dell’8 luglio 1994 (proc. n. 760/92) – come pure la condanna per tali reati del padre S.F. – non elimina il fatto, e l’intrinseca esigenza di cautela che ne discende, che il ricorrente viaggiava in un’autovettura "a bordo della quale veniva rinvenuta, ben occultata, una pistola cal. 22 con matricola abrasa" (v. nota del Commissariato di P.S. di Siderno n. 385, senza data, pervenuta in Prefettura il 5 febbraio 2002, in atti);

– la convivenza del ricorrente con il predetto genitore è venuta meno, in base alle certificazioni anagrafiche in atti, solo il 2 novembre 2001, appena qualche giorno prima dell’adozione dell’impugnato provvedimento negativo del 19 novembre 2001 da parte del Commissariato di Siderno, quando dunque la relativa istruttoria era conclusa (l’informativa dei Carabinieri di Bovalino è del 13 marzo 2001).

D’altronde, l’interesse pubblico alla sicurezza dei cittadini va – nel dubbio – considerato prevalente rispetto al contrapposto interesse ludico – sportivo di cui è titolare colui che richiede la licenza di porto d’armi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 marzo 2007, n. 246).

In relazione a quanto precede, il ricorso in esame si appalesa infondato e va quindi rigettato.

Sussistono i presupposti di legge per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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