T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 04-05-2011, n. 372 Comunicazione o notificazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato l’1 febbraio 2007 e depositato l’8 febbraio 2007, la S.E. s.a.s. impugna la nota n. 63957 del 15 novembre 2006, con cui la Prefettura di Reggio Calabria ha rilasciato all’A. s.p.a. informazioni antimafia a suo carico (c.d. informativa "atipica"). Impugna altresì la nota prot. del 22 dicembre 2006, con cui l’A. ha invitato "la T.I. s.p.a., nella qualità di capogruppo / mandataria dell’ATI costituita con le mandanti P.I. R. s.p.a. – S.I.G. s.r.l. – T. s.p.a., a disporre l’allontanamento dai cantieri relativi ai lavori in oggetto della subappaltatrice S.E. s.a.s.", nonché la nota prot. n. 20065 del 22 dicembre 2006, con la quale la T.I. s.p.a. ha comunicato al Consorzio M.G. s.r.l. "l’assoluto divieto all’esecuzione dei lavori relativi alla commessa in oggetto per il tramite della ditta citata" S.E. s.a.s., e la nota prot. n. 2006 del 22 dicembre 2006, con cui la T.I. s.p.a. ha comunicato all’A. s.p.a. l’avvenuto adempimento dell’ordine di esclusione dal cantiere della ricorrente.

Con successivi motivi aggiunti, notificati il 14 marzo 2007 e depositati il 23 marzo 2007, la S.E. impugna, poi, la nota del Reparto operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria n. 02369334 dell’1 marzo 2006, con cui è stato comunicato alla Prefettura di Reggio Calabria l’esito delle "informazioni antimafia ex art. 10 D.P.R. n. 252/98 sul conto degli appartenenti alla Società denominata "S.E. di T.F. (del 1968) & c." s.a.s." e la nota del 18 gennaio 2007, con cui la società consortile M.G. s.r.l. ha comunicato alla ricorrente la volontà di risolvere i rapporti consortili ".

La S.E. chiede inoltre – sia con il ricorso principale, sia con i motivi aggiunti – il risarcimento dei danni subiti in conseguenza degli atti impugnati.

La ricorrente fa presente di far parte del Consorzio "M.G. s.r.l.", impegnato nei lavori di costruzione dei tronchi IV e IV bis della S.S. n. 182 "Trasversale delle Serre", quale subappaltatore dell’A.T.I. T.I. s.p.a. (mandataria) – P.I. R. s.p.a. – S.I.G. s.r.l. – T. s.p.a., giusta autorizzazione dell’A. (nota prot. n. CCZ00112540P del 16 maggio 2006).

A seguito dell’informativa antimafia atipica resa nei riguardi della S.E. dalla Prefettura di Reggio Calabria, l’A. ha revocato la predetta autorizzazione al subappalto e l’A.T.I. T. ha disposto nei confronti del Consorzio M.G. "l’assoluto divieto all’esecuzione dei lavori per il tramite della ditta citata" e la sostituzione di questa con altra impresa consorziata.

Avverso tali provvedimenti, la ricorrente fa valere i seguenti motivi di censura:

I) Violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione e illogicità.

L’informativa prefettizia avrebbe dovuto essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento alla ricorrente.

II) Violazione dell’art. 1 septies del D.L. n. 629/1982, dell’art. 4 del D.Lg.vo n. 490/1994 e dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998. Eccesso di potere per omissione di motivazione. Violazione del principio di legalità e tipicità degli atti amministrativi, nonché della normativa e dei principi comunitari del settore dei pubblici appalti.

La revoca dell’autorizzazione al subappalto già rilasciata dall’A. con riguardo alla ricorrente sarebbe illegittima per violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, in quanto l’art. 1 septies del D.L. n. 629/1982 non prevederebbe per le informative "atipiche" tale possibilità, contemplata invece dall’art. 11 del D.P.R. n. 252/1998 in conseguenza delle informative "tipiche". Le informative atipiche sarebbero ammesse solo nella fase di scelta del contraente e non legittimerebbero la revoca di autorizzazioni al subappalto già rilasciate, che costituirebbe anche violazione delle norme comunitarie di settore ( direttiva 2004/18/CE). In ogni caso, una siffatta revoca richiederebbe adeguata motivazione. Se così non fosse si creerebbe di fatto una seconda tipologia di informativa interdittiva, basata su elementi ancora meno significativi di quelli prescritti per le informative "tipiche".

III) Violazione dell’art. 1 septies del D.L. n. 629/1982, dell’art. 4 del D.Lg.vo n. 490/1994 e dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998. Violazione della circolare del Ministero dell’interno n. 559/1998. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, irragionevolezza e omessa motivazione.

L’impugnata informativa non sarebbe fondata su idonei e specifici elementi di fatto, ma su sospetti e congetture.

IV) Eccesso di potere per insufficiente motivazione e carenza di istruttoria.

L’informativa prefettizia si risolverebbe in una mera petizione di principio, priva di riscontri di fatto e degli elementi sintomatici di obiettiva gravità, indicati dalle circolari ministeriali del 14 dicembre 1994 e dell’8 gennaio 1996.

Con i motivi aggiunti la ricorrente ribadisce ed amplia, con riferimento al rapporto dei Carabinieri sul quale si fonda l’impugnata informativa prefettizia, le censure di assenza di elementi oggettivi, anche meramente indiziari, e di insufficienza dell’istruttoria.

La ricorrente conclude per l’accoglimento del gravame.

Si sono costituite in giudizio, con separate memorie dell’Avvocatura dello Stato, sia l’amministrazione dell’interno, sia l’A., chiedendo la reiezione del ricorso.

In particolare, l’amministrazione dell’interno ha sostenuto la sua estraneità al ricorso "che riguarda provvedimento adottato nell’ambito del potere discrezionale di altra amministrazione, rispetto al quale la certificazione prefettizia ha natura di atto endoprocedimentale, privo di autonomia propria", mentre l’A. ha eccepito "la carenza di legittimazione attiva in testa alla ricorrente e comunque la prestata acquiescenza da parte dell’A.T.I.".

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 6 aprile 2011.

In via preliminare, il collegio ritiene che – contrariamente a quanto affermato dal Consiglio di Stato con ordinanza VI, n. 4064/2007, in sede di appello cautelare avverso l’ordinanza di questo Tribunale n. 155/2007 – la controversia in esame rientri per intero nella giurisdizione del giudice amministrativo, ivi incluso il recesso dal contratto di sub appalto – posto in essere dall’A.T.I. T. a seguito dell’informativa prefettizia. A tale recesso non può, invero, attribuirsi natura privatistica e negoziale, in quanto esso è conseguenza diretta di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, che attiene alla scelta del contraente. Detto potere è estraneo alla sfera del diritto privato, a differenza del recesso previsto dalla legge n. 2248/1865, art. 345, all. F, (in relazione al quale spetta al giudice ordinario verificarne la sussistenza dei presupposti: Cass. n. 10160/2003). Il recesso di cui si tratta, in altri termini, non trova fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma è consequenziale all’informativa del Prefetto e alla revoca da parte dell’A. dell’autorizzazione al subappalto, sicché deve ritenersi espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica diretto a soddisfare l’esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con soggetti e imprese nei confronti dei quali emergono sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata. Ne consegue la giurisdizione del giudice amministrativo, del resto affermata ormai unanimemente dalla giurisprudenza più recente, cui questo Tribunale si è adeguato (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 1 febbraio 2011, n. 77; T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 24 giugno 2010, n. 2519; T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 15 febbraio 2010, n. 1866; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 8 febbraio 2010, n. 98; Cass. SS.UU., 28 novembre 2008, n. 28345; C.S., VI, 17 luglio 2008, n. 3603).

Ancora in via preliminare, occorre prendere in considerazione l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’amministrazione dell’interno

L’eccezione non ha pregio.

E’ ben vero che, secondo l’interpretazione dominante, l’informativa prefettizia "atipica" – resa cioè ai sensi dell’art. 1 septies del D.L. n. 629/1982, conv. con modif. dalla legge n. n. 726/1982, come successivamente integrato dalla legge n. 486/1988 – ha un valore meramente endoprocedimentale, circoscritto all’amministrazione cui è indirizzata (TAR Lazio, I, 23 marzo 2011, n. 2567; Id., 9 luglio 2008, n. 6487), ed è pertanto inidonea, come tale, a formare oggetto di impugnazione giurisdizionale in via autonoma (TAR Campania, Napoli, I, 11 dicembre 2007, n. 16110).

Ciò non toglie, tuttavia, che quando, come avviene nel caso di specie, l’informativa prefettizia atipica viene impugnata dall’impresa interessata insieme alla conseguente determinazione della stazione appaltante di revocare l’autorizzazione al subappalto in precedenza rilasciata a suo favore, la Prefettura sia a pieno titolo parte nel relativo giudizio (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, I, 9 giugno 2010, n. 13340). Basta in proposito rilevare che, come meglio si vedrà più avanti, nella trattazione del II) motivo, in realtà gli elementi che costituiscono espressione tipica di attività di polizia non possono essere oggetto di autonoma valutazione da parte di altro soggetto pubblico, il quale può giungere a diverse determinazioni solo sulla base di altri elementi (stato di esecuzione del contratto, implicazioni temporali della risoluzione, ecc.) e con puntuale motivazione (T.A.R. Campania, Napoli, I, 5 maggio 2006, n. 3975). Ne discende che l’informativa atipica configura un provvedimento di contenuto lesivo specifico, pur se eventuale e differito, che gli interessati hanno l’onere di impugnare insieme al provvedimento consequenziale che ne abbia concretizzata l’attitudine lesiva, chiamando in giudizio pure l’amministrazione dell’interno (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 18 gennaio 2011, n. 14).

Sempre in via preliminare, bisogna affrontare l’eccezione dell’A., di difetto di legittimazione attiva della ricorrente e di intervenuta acquiescenza dell’A.T.I. T..

Anche questa eccezione non merita favorevole considerazione.

Essa si pone, infatti, sul piano meramente formale, rilevando che l’informativa prefettizia ha determinato la revoca dell’autorizzazione A. al subappalto, cui l’A.T.I. T. e lo stesso Consorzio M.G. hanno fatto acquiescenza. In realtà, sul piano sostanziale, il soggetto effettivamente inciso dall’informativa in questione e da tutti gli atti che ne sono derivati è, con ogni evidenza, proprio e solo la ricorrente, cui non può sicuramente negarsi, ad avviso del collegio, la più ampia legittimazione a far valere in giudizio le sue ragioni, anche in applicazione dell’art. 24 della Costituzione.

Nel merito, il ricorso è, quanto alla sua parte impugnatoria, fondato.

Con il I) motivo si deduce che l’informativa prefettizia impugnata avrebbe dovuto essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento.

La doglianza non può essere accolta.

E’ invero consolidato, sul punto, l’orientamento ermeneutico in base al quale nel caso delle informative antimafia non si applica l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, con la connessa partecipazione procedimentale, poiché il carattere spiccatamente cautelare della misura in parola, nella quale sfocia l’accertamento indagatorio in tema di collegamenti con la criminalità organizzata, in uno con i particolari interessi pubblici coinvolti e la connessa riservatezza, consentono di ravvisare in re ipsa quelle esigenze di celerità che giustificano l’omissione della comunicazione ai sensi del primo comma del cit. art. 7 (T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 9 marzo 2011, n. 416; C.S., VI, 18 agosto 2010, n. 5879; C.S., VI, 21 aprile 2010, n. 2223; C..S., V, 23 giugno 2008, n. 3090; C.S., VI, 23 giugno 2008, n. 3155; C.S., VI, 29 febbraio 2008, n. 756; C.S., VI, 5 giugno 2006, n. 3337).

Né la ricorrente censura il mancato avviso di avvio del procedimento da parte dell’A., ai fini della revoca dell’autorizzazione al subappalto, che – trattandosi di informativa atipica – sarebbe invece stato dovuto, come riconosciuto dalla stessa Prefettura di Reggio Calabria nella nota n. 20798 del 29 marzo 2007 (depositata in atti dall’Avvocatura dello Stato), secondo cui "la stazione appaltante che ha ricevuto l’informativa atipica, deve effettuare, in contraddittorio con la parte interessata, una rinnovata valutazione discrezionale circa l’incidenza della informazione fornita da questa Prefettura sulla perdurante sussistenza dei requisiti soggettivi necessari ai fini del mantenimento del contratto in questione".

Con il II) motivo si sostiene, poi, che la revoca dell’autorizzazione al subappalto, in precedenza rilasciata dall’A. con riguardo alla ricorrente, sarebbe illegittima per violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, in quanto le informative atipiche sarebbero ammesse solo nella fase di scelta del contraente e non legittimerebbero la revoca di autorizzazioni al subappalto già rilasciate, che costituirebbe anche violazione delle norme comunitarie di settore ( direttiva 2004/18/CE). In ogni caso, una siffatta revoca richiederebbe adeguata motivazione.

Anche queste doglianze sono inaccoglibili, alla luce della consolidata giurisprudenza in materia, che ritiene le facoltà di revoca e recesso dettate dall’art. 11, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 252/1998 applicabili pure nel caso di informativa atipica sopraggiunta, ai fini della revoca dell’autorizzazione al subappalto (v., da ultimo, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila n. 14/2011), considerando irrilevante, all’uopo, la distinzione tra informative tipiche e atipiche (v. T.A.R. Lombardia, Milano, 14 gennaio 2011, n. 67). Né, d’altra parte, la stazione appaltante, in presenza di un’informativa atipica, ha il potere o l’onere di verificare la portata o i presupposti dell’informativa antimafia. Ciò comporta che il provvedimento di diniego di stipula del contratto o di prosecuzione del rapporto può ritenersi sufficientemente motivato anche per relationem – come avvenuto nel caso in esame – essendo riservato alla stazione appaltante un margine assai ristretto di valutazione discrezionale, mentre il dovere di ampia motivazione sussiste solo nel caso della scelta della prosecuzione del rapporto per inderogabili ed indeclinabili necessità della prestazione, non altrimenti assicurabile (T.A.R. Lazio, Roma, III, 12 maggio 2008, n. 3832; C.S., VI, 3 maggio 2007, n. 1948; C.S., VI, 17 maggio 2006 n. 2882; T.A.R. Lazio, II, 20 aprile 2006, n. 2876; C.S., IV, 30 maggio 2005, n. 2770; C.S., IV, 14 febbraio 2005, n. 435; C.S., V, 20 ottobre 2004, n. 6814; C.S., VI, 25 settembre 2002, n. 4879).

Con il III) e il IV) motivo, la ricorrente sostiene che l’impugnata informativa non sarebbe fondata su idonei e specifici elementi di fatto, ma su sospetti e congetture, risolvendosi in una mera petizione di principio, priva di riscontri e degli elementi sintomatici di obiettiva gravità, indicati dalle circolari ministeriali del 14 dicembre 1994 e dell’8 gennaio 1996.

Tali censure sono fondate.

Secondo il Consiglio di Stato (v. ad esempio, da ultimo, C.S., VI, 20 gennaio 2011, n. 396), le c.d. informazioni prefettizie (da acquisire dalla stazione appaltante, dopo l’aggiudicazione provvisoria di appalto di lavori e ai fini dell’esercizio di eventuali atti di autotutela della p.a.) possono essere ricondotte a tre tipi:

– quelle "ricognitive" di cause di per sé interdittive di cui all’art. 4, comma 4, del D.Lg.vo n. 490/1994;

– quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del prefetto;

– quelle "supplementari" (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’amministrazione destinataria dell’informativa prevista dall’art. 1 septies, del D.L. n. 629/1982, conv. in legge dalla legge n. 726/1982, come integrato dall’art. 2 della legge n. 486/1988.

Il criterio distintivo si rinviene nella circostanza che, diversamente dall’informativa tipica che ha carattere interdittivo di ulteriori rapporti negoziali con le amministrazioni appaltanti una volta presenti i presupposti previsti dall’art. 4 del D.Lg.vo n. 490/1994 (sussistenza di cause di divieto o di sospensione – tentativi di infiltrazione tendenti a condizionare le scelte della società o dell’impresa), la c.d. informativa atipica non ha carattere di per sé interdittivo, ma consente l’attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l’avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la p.a.

Pertanto, essa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso e si basa su elementi, anche indiziari, ottenuti con l’ausilio di particolari indagini che possono risalire anche a eventi verificatisi a distanza di tempo (cfr. C.S., V, 31 dicembre 2007, n. 6902).

E’ pacifica la natura "atipica" dell’informativa per cui è causa, sicché occorre puntualizzare che le informative "atipiche" rappresentano una sensibile anticipazione della soglia dell’autotutela amministrativa in correlazione a possibili ingerenze criminali: esse costituiscono espressione della esigenza, valutata dal legislatore, di anticipare la soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto con la criminalità organizzata e possono anche non essere basate sulle rilevanze probatorie tipiche del diritto penale (cfr. C.S., VI, 17 maggio 2006, n. 2867; C.S., IV, 1 marzo 2001, n. 1148).

Infatti, tali atti si possono basare anche su elementi che costituiscono solo indizi (che comunque non devono costituire semplici sospetti o congetture privi di riscontri fattuali) del rischio di coinvolgimento associativo con la criminalità organizzata delle imprese che abbiano partecipato al procedimento di evidenza pubblica. (cfr. C.S., VI, 2 ottobre 2007, n. 5069; C.S., VI, 17 luglio 2006, n. 4574).

Ciò posto, occorre osservare che, nella fattispecie, l’informativa è stata resa dalla Prefettura di Reggio Calabria, con nota indirizzata all’A. n. 63957 del 15 novembre 2006, nei seguenti termini testuali:

"Con riferimento alla richiesta sopradistinta si informa che nei confronti del soggetto sopraindicato e dei familiari conviventi non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione indicate dall’art. 10 della legge 31 maggio 1965 n. 575 e successive modifiche.

Inoltre, dalle informazioni assunte, allo stato, non sono emersi tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società interessata.

Tuttavia si comunica, per l’esercizio di ogni eventuale potere discrezionale da parte di codesto Ente, ai sensi dell’art. 1 septies D.L. 629/82 come successivamente convertito e modificato, che, pur in assenza di adeguati elementi di fatto obiettivamente sintomatici di pericolo di infiltrazioni mafiose, dalle informazioni in atti risulta che il socio accomandatario ed un parente prossimo sono ritenuti vicini a cosca mafiosa operante in questa provincia".

A seguito del deposito in giudizio di copia della nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria n. 236934 dell’1 marzo 2006, è emerso che le predette "informazioni in atti" consistono nelle seguenti considerazioni:

"Sul conto dei predetti e dei rispettivi congiunti conviventi, non risultano:

– presso gli Uffici Giudiziari di Palmi (RC), condanne e/o procedimenti openali pendenti per i reati contemplati dall’art. 10 comma 7 D.P.R. 252/98;

– adottati o proposti provvedimenti ostativi al rilascio del certificato antimafia previsto dall’art. 10 legge 575/65;

– agli atti delle Forze di Polizia della Provincia, collegamenti con la criminalità organizzata operante in questa Provincia, tendenti a condizionare le scelte e/o gli indirizzi della Società in questione.

Tuttavia, per una migliore valutazione da parte di codesta Prefettura, si comunica che T.F. ed il padre Pasquale, quest’ultimo già diffidato e sorvegliato speciale di P.S. (riabilitato il 27.4.1992), pur non sussistendo, agli atti di quest’Ufficio e della Questura, elementi oggettivamente riscontrabili, ad eccezione di qualche datata frequentazione da parte di entrambi nonché qualche offerta di lavoro sottoscritta dal T.F. a favore di detenuti, sono ritenuti "vicinì alla criminalità organizzata di Castellace di Oppido Mamertino e della frazione Piminoro".

Il collegio rileva che, per espressa ammissione delle stesse forze di polizia, nella fattispecie mancano significativi elementi "oggettivamente riscontrabili", anche solo indiziari, che rendano plausibile un collegamento tra la società ricorrente e la criminalità organizzata. Ed invero, detto collegamento è "riferito" dal rapporto dei Carabinieri in modo impersonale ("sono ritenuti vicini") e con l’espressa precisazione della mancanza "agli atti" di ogni elemento di riscontro oggettivo. In sostanza detto collegamento risulta dichiaratamente solo frutto proprio di quei "semplici sospetti o congetture privi di riscontri fattuali" che la giurisprudenza sopra richiamata considera inidonei a supportare le informative anche se atipiche, "essendo pur sempre richiesta l’indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di connessioni o collegamenti" con le associazioni criminali (C.S., VI, n. 4574/2006, cit.).

Ne deriva che non sussistevano nel caso in esame i presupposti di legge per l’informativa atipica e che, dunque, illegittimamente la Prefettura di Reggio Calabria si è determinata in tal senso.

Il ricorso in esame va quindi accolto, nella sua parte impugnatoria, con annullamento sia dell’informativa prefettizia, sia della conseguente revoca da parte dell’A. dell’autorizzazione al subappalto, sia dei rimanenti atti impugnati, che estromettono la ricorrente dal subappalto in parola.

Non può invece trovare accoglimento la domanda risarcitoria, perché questo Tribunale ha tempestivamente disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati e, comunque, la parte non ha fornito prova dell’effettiva sussistenza e dell’ammontare del danno lamentato.

Sussistono i presupposti di legge per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nella sua parte impugnatoria e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, ai sensi di cui in motivazione.

Rigetta la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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