Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 04-05-2011, n. 17237 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con ordinanza del 1 giugno 2010, la Corte d’Appello di Ancona, in applicazione del disposto di cui all’art. 314 cod. proc. pen., liquidava a F.L., a titolo di equa riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta, in regime carcerario, dal 25 al 30 settembre 2003 ed in regime domiciliare dal 30 settembre al 30 ottobre 2003, la somma di Euro 3.500,00.

La corte territoriale, accertato, quanto al diritto all’indennizzo, che il ricorrente non aveva in alcun modo contribuito, nè prima nè dopo la perdita della libertà personale, a determinare, con una condotta caratterizzata da dolo o colpa grave, l’adozione del provvedimento restrittivo, liquidava in via equitativa, preso atto del protrarsi della detenzione, delle modalità della stessa e delle conseguenze che ne erano conseguite, la somma sopra specificata, indicando in Euro 150,00 la somma liquidabile per ogni giornata di detenzione carceraria, ridotta di un terzo per la detenzione domiciliare.

Avverso tale decisione ricorre, per il tramite del difensore, il F. che deduce violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in relazione ai criteri utilizzati per la determinazione dell’indennizzo nonchè all’entità della somma liquidata, inferiore a quella che, alla stregua del criterio nummario, avrebbe dovuto essere corrisposta.

-2- Il ricorso è infondato.

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, in particolare, di individuazione dei criteri da seguire nella determinazione dell’equo indennizzo, questa Corte ne ha costantemente individuato il carattere indennitario e non risarcitorio, affermando che la liquidazione dello stesso si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto sia della durata della custodia cautelare sia, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà. Con riferimento alla durata della carcerazione, il criterio di riferimento per il calcolo dell’indennizzo è stato individuato in quello aritmetico, che tiene conto della durata della carcerazione ed è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2, e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303, comma 4, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita. Calcolo grazie al quale si perviene alla individuazione della somma liquidabile di circa 235,00 Euro per ogni giorno di detenzione in carcere, comprensiva di tutte le negative conseguenze generalmente derivanti dalla carcerazione, ridotta alla metà nel caso di arresti domiciliari in vista della loro minore afflittività rispetto alla detenzione in carcere. Detto criterio, che risponde all’esigenza di garantire, nei diversi contesti territoriali, un trattamento tendenzialmente uniforme, non esime, tuttavia, il giudice dall’obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e, quindi, dall’integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione il più equa possibile e rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame. La Corte di legittimità ha ulteriormente chiarito "che il giudice è assolutamente libero anche di andare al di là del parametro aritmetico allorchè le conseguenze personali e familiari si rivelino tali – nonostante la modesta durata della privazione della libertà – da meritare un indennizzo senza confini, se non il confine del tetto massimo disponibile", ed ancora che "i parametri aritmetici individuano soltanto di norma o, se si vuole, soltanto tendenzialmente il massimo indennizzo liquidabile relativamente a tutte le conseguenze personali e familiari patibili per ogni giorno di ingiusta detenzione, libero essendo il giudice di discostarsene, sia in meno sia in più, e non solo marginalmente,…dando, però, di quel discostarsi….congrua motivazione (Cass. 8.7.05 sez. 4^).

Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è sostanzialmente attenuta la corte territoriale che, richiamato il parametro aritmetico, ha lievemente ridotto l’importo giornaliero liquidabile avendo ritenuto, alla stregua di una valutazione complessiva dei fatti e delle conseguenze derivate dalla detenzione, che la somma di Euro 3.500,00, che non si discosta in maniera significativa dalla cifra liquidabile in base al mero calcolo matematico, fosse idonea, in via equitativa, ad indennizzare il richiedente delle conseguenze della sofferta detenzione.

L’ordinanza impugnata non si presenta, dunque, affetta da vizi, di guisa che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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