Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-08-2011, n. 17410 Pensione

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Termini Imerese rigettava la domanda proposta da B.A. nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, negandole il diritto all’assegno di invalidità civile per mancata dimostrazione del possesso del requisito reddituale e di quello della in collocazione al lavoro.

In riforma della decisione di primo grado, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo ha accolto la domanda, osservando, in particolare, che il requisito reddituale era stato provato dall’appellante con la documentazione (certificazione dell’Agenzia delle entrate prodotta in primo grado il 20 marzo 2007), mentre non era più richiesta la condizione dell’iscrizione nell’elenco dei disabili (c.d. incollocazione al lavoro), prevedendo la L. n. 118 del 1971, art. 3, nel testo sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, l’attribuzione dell’assegno agli invalidi civili "che non svolgono attività lavorativa"; requisito, quest’ultimo, che l’appellante aveva correttamente dimostrato con la produzione dell’autocertificazione resa annualmente all’INPS ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su due motivi. B.A. resiste con controricorso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA.
Motivi della decisione

1. Il controricorso, notificato a mezzo del servizio postale, è inammissibile non risultando allegato all’originale dell’atto l’avviso di ricevimento della raccomandata.

2. Nel primo motivo di ricorso l’INPS deduce violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, della L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, e dell’art. 11 preleggi, censurando la sentenza d’appello per aver attribuito efficacia retroattiva alla L. n. 247 del 2007 e, in ogni caso, per aver ritenuto la prodotta autocertificazione prova sufficiente della sussistenza del requisito della mancanza di attività lavorativa da parte dell’appellante.

2. Nel secondo motivo, con denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 345,414 e 437 c.p.c., l’INPS, sempre con riferimento all’autocertificazione, contesta alla Corte di merito di aver preso in esame il documento in questione, nonostante la sua (tardiva) produzione solamente in grado di appello.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato con evidente assorbimento del secondo motivo.

4. Il requisito della incollocazione al lavoro – e, attualmente, il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa, previsto dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 35 che ha sostituito il testo della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13 – rappresenta, al pari del requisito della ridotta capacità lavorativa e del requisito reddituale, un elemento costitutivo del diritto all’assegno di invalidità civile, la cui prova è a carico del soggetto richiedente il beneficio assistenziale (cfr. Cass. sent. n. 13279 del 2003).

5. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, nei giudizi relativi a prestazioni assistenziali, la prova dell’incollocamento al lavoro e del requisito reddituale non può essere data mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, essendo questa rilevante nei soli rapporti amministrativi ed invece priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale (cfr. Cass. Sez un. n. 5167 del 2003, e, tra tante, Cass. n. 16457 del 2003, n. 15486 del 2007).

6. Questo principio deve ritenersi valido anche ai fini dell’applicazione del nuovo testo della L. n. 118 del 1971, art. 13 per come sostituito della L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, in quanto la previsione, da parte della suddetta disposizione normativa, di una dichiarazione sostitutiva di tipo autocertificatorio che il richiedente l’assegno di invalidità civile deve rendere annualmente all’INPS, ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 per attestare il mancato svolgimento di attività lavorativa, non evidenzia una deroga circa la rilevanza di dichiarazioni di questo genere solo nell’ambito amministrativo, restando impregiudicati i principi sulla prova operanti nei giudizi civili (cfr., in termini, Cass. n. 25800 del 2010, n. 11106 del 2011).

7. Ne deriva, nel caso di specie, che l’autocertificazione prodotta dalla B. è inidonea a provare il requisito di legge in parola, sia che sia abbia riguardo all’"incollocamento al lavoro", di cui al testo originario della L. n. 118 del 1971, art. 13 sia che si faccia riferimento "al mancato svolgimento di attività lavorativa" di cui al nuovo testo della stessa disposizione. Il requisito per cui è controversia deve, pertanto, ritenersi insussistente.

8. Per tutte le considerazioni su esposte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa direttamente da questa Corte nel merito ( art. 384 c.p.c.) nel senso del rigetto della domanda di B.A..

9. La particolarità della questione trattata e il diverso esito dei giudizi di merito giustificano la compensazione, tra tutte le parti, delle relative spese; mentre l’odierna intimata è condannata al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, ai sensi dell’art. 152 disp att. c.p.c., nel testo sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 convertito dalla L. n. 326 del 2003, tenuto conto che il giudizio di primo grado è stato: instaurato in data 9.1.2007 (dunque nella vigenza della nuova disciplina) e che mancano attestazioni sui redditi della intimata medesima. Nulla, invece, deve disporsi per le spese del presente giudizio nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in difetto di una sua qualunque attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; assorbito il secondo motivo del ricorso stesso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di B.A.. Compensa tra tutte le parti le spese dei giudizi di merito e condanna l’odierna intimata al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 45,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge. Nulla per le spese del presente giudizio nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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