Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-04-2011) 05-05-2011, n. 17318 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza impugnata, il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice del riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal PM di quel Tribunale avverso l’ordinanza con cui il Gip del tribunale di Verona aveva concesso la misura degli arresti domiciliari a S. L., indagato per numerose violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ripristinava la misura custodiale massima, sotto il profilo che permanevano esigenze cautelari stante la gravita dei fatti, non attenuate nè dalla asserita collaborazione alle indagini da parte dello S., poichè priva di riscontri, nè dal tempo trascorso in regime cautelare.

2. Ricorre lo S. e reitera la eccezione di inammissibilità o nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c dell’appello del PM, non essendo stata notificata al ricorrente ed ai suoi difensori, nè la ordinanza ammissiva del regime dei domiciliari, nè l’appello del PM. Rileva che la sola comunicazione dell’udienza fissata per l’appello non può essere equiparata all’adempimento di cui all’art. 584 c.p.p., la cui omissione ha determinato comunque un vulnus della difesa tecnica dell’indagato;

3. Con il secondo motivo di ricorso, è denunciata inosservanza di legge ed erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., lett. b), in quanto non si era tenuto conto dell’effettivo affievolimento della esigenza cautelare, determinato dal comportamento resipiscente e collaborativo e dal trascorrere del tempo e valorizzato esclusivamente l’assenza di riscontri in ordine alla chiamata in correità.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta erronea applicazione dell’art. 275 c.p.p., commi 1 e 3, in relazione alla omessa motivazione sulla idoneità della misura domiciliare a scongiurare il pericolo di recidivanza e di fuga.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

2. E’ stato affermato con uniformità di arresti, recentemente ribaditi dalla sezioni unite, con sentenza n. 1235 del 28/10/2010, che la norma che prevede la notifica dell’avvenuta impugnazione alle altre parti ( art. 584 cod. proc. pen.) non trova applicazione nell’ambito dei procedimenti "de libertate", dato che essa è funzionale alla facoltà di proposizione dell’appello incidentale, estraneo al sistema delle impugnazioni in materia cautelare.

3. Relativamente a tali gravami, infatti, la regolarità della procedura risulta assicurata dall’avviso ex art. 127 cod. proc. pen., notificato al difensore di fiducia a norma dell’art. 613 cod. proc. pen., essendo così garantito il diritto di difesa dello indagato, secondo quanto precisato in materia di giudizi "de libertate" dal codice di rito.

4. Non ha dunque il ricorrente ragioni di dolersi della omessa applicazione del disposto dell’invocato art. 584 c.p.p., tanto più che egli è stato adeguatamente rappresentato dal suo difensore innanzi al tribunale della libertà, sicchè nemmeno può profilarsi un vizio relativo alla sua difesa.

5. Sono fondati i due rimanenti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto inerenti al difetto di motivazione in ordine alle ragioni della inadeguatezza della misura cautelare disposta dal Gip in luogo della custodia in carcere.

6. Il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento.

7. Ora, considerato che le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), possono essere correttamente dedotte anche dalle sole specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’agente, è da osservare che nessun profilo di illegittimità può fondatamente essere colto nell’ordinanza impugnata laddove i giudici del riesame, sulla base dell’inserimento risalente nel tempo dello S. nella rete distributiva dello stupefacente e nell’elevato disvalore della sua condotta di detenzione di una quantità reputata elevata di cocaina, hanno ravvisato un concreto pericolo di recidivanza, essendo le argomentazioni adottate in linea con i principi in materia ed adeguatamente esposte con valutazioni di merito che si sottraggono al sindacato di legittimità. 8. La motivazione dell’ordinanza impugnata si rivela, invece, insufficiente ed incongrua, relativamente al giudizio di esclusiva adeguatezza della misura applicata della custodia cautelare in carcere. Infatti l’art. 275 c.p.p., comma 3, prima parte, prevede che "la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata" e quindi va ribadito il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari, l’adeguatezza esclusiva della custodia cautelare in carcere, per quanto specificamente riguarda le esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura.

9. Nel caso in esame, tale giudizio è stato affidato dai giudici di merito a considerazioni assolutamente non spiegate e d’altronde illogiche, posto che, se da un canto la assenza di riscontri alle propalazioni eteroaccusatorie dell’indagato non incide sulla possibile ripetizione delle sue condotte criminali, ma solo sulla inconsistenza della sua collaborazione, dall’altro non risulta collegamento tra la insufficienza dei dati forniti e la inadeguatezza della misura domiciliare, nè come la permanenza in detto regime possa costituire occasione per riallacciare i contatti con ambienti criminali e come possa fondatamente desumersi, dalla conoscenza del mercato della droga e dei suoi meccanismi, anche una effettiva propensione all’inosservanza degli obblighi connessi all’applicazione di una diversa misura cautelare.

10. S’impone pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al giudizio di adeguatezza della misura, con rinvio degli atti al Tribunale di Venezia per un nuovo esame sul punto.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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