T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 04-05-2011, n. 3862 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Che il ricorso in epigrafe è volto all’annullamento della determinazione dirigenziale n. 865 del 14/5/2002, con la quale veniva intimata la demolizione o la rimozione delle opere asseritamente abusive, eseguite sul terreno sito in Roma, Via Siderno senza n.c. angolo Viale Appio Claudio senza n.c.

– Che questo Tribunale ha già accolto il separato ricorso promosso dai medesimi ricorrenti contro i successivi provvedimenti sanzionatori, sul presupposto della loro mancata sospensione fino alla preventiva definizione della domanda di condono edilizio presentata dai ricorrenti (sentenza n. 1434/1999), ed in data 4/9/2002 ha emesso l’ordinanza n. 5308/02 con la quale ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

– Che con il ricorso in epigrafe gli interessati deducono la sussistenza dei vizi di violazione della legge n. 47/85, nonché di eccesso di potere per presupposto erroneo, contraddittorietà, motivazione insufficiente;

– Che a loro giudizio l’illegittimità della determinazione impugnata discende dalla carenza dei presupposti di legge, stante la natura del bene oggetto dell’ordine di demolizione e rimozione, costituito da un carrozzone, ossia un bene amovibile, e che pertanto, non può trovare applicazione la legge invocata dal Comune, che prevede la demolizione dei soli organismi edilizi, costruiti in assenza o in totale difformità della concessione amministrativa;

– Che, aggiungono i ricorrenti, peraltro il bene in questione è stato oggetto della richiesta di autorizzazione in sanatoria, inoltrata dai ricorrenti e documentata all’ atto del deposito del ricorso, per la quale è ampiamente decorso il termine di legge, affinchè si configuri il silenzio assenso da parte dell’amministrazione, con conseguente concessione in sanatoria del bene di cui è causa;

– Che infine, secondo i ricorrenti, detto carrozzone è stato realizzato in epoca precedente all’entrata in vigore della legge erroneamente invocata dal Comune a fondamento dell’ordine di demolizione impugnato.

– Che il Comune di Roma si è costituito in giudizio, sostenendo la legittimità del provvedimento impugnato e chiedendo la reiezione dell’avverso ricorso;

– Che il Comune riferisce, in particolare, che secondo quanto risulta dalla relazione redatta dal X Gruppo della Polizia Municipale (prot. n. 22939/2002, depositata in atti) all’interno di un terreno recintato con paletti di legno e rete metallica i ricorrenti hanno collocato un fatiscente carrozzone ad uso abitativo ancorato al suolo mediante sostegni in muratura ed ampliato su un lato con un manufatto di lamiera e legno e su un altro lato con una baracca e da due tettoie;

– Che secondo il Comune risultano inoltre assolutamente contraddittorie le argomentazioni dei ricorrenti nella parte in cui, da un lato sostengono che il manufatto non integri le ipotesi di cui all’art. 7 della l. n. 47/1985 (in quanto esso sarebbe un bene mobile e amovibile), e dall’altro dichiarano di aver presentato un’istanza di autorizzazione edilizia in sanatoria per le opere abusive contestate, fermo restando che tale istanza di autorizzazione edilizia in sanatoria è stata ritenuta incongruente da parte del Dipartimento VI -Politiche della Programmazione e Pianificazione del Territorio -Ufficio Condono Edilizio, poiché è stata riscontrata una discrasia tra ciò che è stato dichiarato dai ricorrenti nell’istanza e quanto descritto nella D.D. di acquisizione n. 1990/1994 (nota prot. n. 163203 del 5 novembre 2002, parimenti depositata in atti);

– Che, osserva il Collegio, se è vero che le descritte caratteristiche della situazione dei luoghi depongono per l’esistenza di un manufatto stabilmente infisso al suolo ed adibito ad uso abitativo, e quindi in astratto suscettibile di ordine di demolizione e rimozione, è altrettanto vero che gli interessati, proprio su tale presupposto, hanno ritualmente presentato domanda di condono edilizio, e che sulla stessa, non avendo il Comune allegato la presenza di particolari vincoli di area, risulta ormai perfezionato il silenzioassenso, non essendo evidentemente sufficiente, al fine di impedirlo, una tardiva e perplessa nota dell’amministrazione (Ufficio condono) che si limita ad eccepire (ma non a definire) la difformità fra l’opera a suo tempo sottoposta a condono e quella oggetto della solo successiva acquisizione al patrimonio comunale, peraltro annullata da questo Tribunale;

– Che il ricorso risulta quindi fondato sotto il predetto profilo, discendendone l’illegittimità e quindi l’annullamento del provvedimento, adottato prima della definizione della pratica di condono, nonché la piena e definitiva legittimità dell’opera, come individuata dalla domanda di condono su cui si è ormai da tempo perfezionato il silenzioassenso;

– Che il ricorso deve quindi essere accolto ai predetti fini, non potendosi ritenere cessata la materia del contendere alla stregua delle deduzioni svolte dalla difesa comunale, e che le spese possono essere compensate;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *