Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-04-2011) 05-05-2011, n. 17314 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.G. ricorre, a mezzo del suo difensore, deducendo vizi e violazioni nella motivazione della decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati, avverso l’ordinanza 11 gennaio 2011 del Tribunale del riesame di Catania, che ha rigettato l’appello, proposto avverso le ordinanze 17 novembre e 6 dicembre 2010 della Corte di appello di Catania, le quali hanno respinto l’istanza di revoca della misura cautelare, richiesta ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 89, comma 2. 1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

S.G. si trova attualmente sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere a far data dal 17/12/2009 per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per il quale è stato condannato in primo grado dal GUP del Tribunale di Catania alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 20.000 di multa.

La difesa del S. ha presentato alla Corte di Appello istanza di sostituzione della misura coercitiva con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari presso la Comunità Terapeutica "Madre Speranza" sita in (OMISSIS), la quale aveva manifestato la disponibilità ad accogliere l’imputato nel proprio programma terapeutico di riabilitazione della tossicodipendenza D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 89, comma 2.

La Corte di Appello di Catania con l’ordinanza 17 novembre 2010 ha rigettato l’istanza presentata, ritenendo le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza ed ha altresì respinto, con la successiva ordinanza del 6 dicembre 2010, la seconda identica istanza presentata, considerata sostanzialmente ripetitiva della precedente.

Il Tribunale del riesame ha ritenuto l’appello privo di fondamento, richiamando in proposito una massima di questa stessa sezione, e rilevando – in adesione ad essa – che la revoca della misura cautelare, richiesta ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 89, comma 2, nei confronti del tossicodipendente sottoposto a custodia cautelare in carcere, che abbia scelto di sottoporsi ad un programma terapeutico di recupero, è subordinata alla valutazione del giudice che escluda la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Siffatte esigenze non coincidono infatti con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in una esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità (Cass. pen. sez. 6, 10329/2008 Rv. 238928.

Massime precedenti Conformi: N. 13302 del 2Q04 Rv. 228037. N. 34218 del 2005 Rv. 232233, N. 33807 del 2007 Rv. 237420).

Il difensore con un unico motivo di impugnazione richiama – a contrario – la stessa massima utilizzata dal Tribunale del riesame, rilevando vizio di motivazione e sostenendo l’assenza di una giustificazione su cui fondare l’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari.

Ritiene il Collegio, in adesione alla regola di giudizio – prospettata concordemente, ma con esiti interpretativi diversi dal Tribunale del riesame e dal difensore – che nella specie la motivazione del giudice cautelare sia priva di vizi logici-giuridici od invalidità apprezzabili in questa sede.

Nel caso di specie il Tribunale del riesame ha considerato "effettivamente straordinaria" l’intensità delle esigenze del pericolo di reiterazione criminosa, a prescindere dalla mancanza di precedenti penali a carico del S..

Tale conclusione è stata criticamente supportata dalle lineari argomentazioni che seguono:

a) dal ruolo di corriere della droga, svolto dall’imputato e dal quale emergono, da un lato, notevoli doti di spregiudicatezza e capacità criminale, e dall’altro, livelli di rapporti fiduciari con persone inserite nel traffico delle sostanze stupefacenti, per conto delle quali il trasporto della droga è stato effettuato;

b) dal consistente quantitativo e dalla qualità (cocaina) della droga, custodita e trasportata dall’imputato (6,5 Kg tale da ricavarne ben 7.691 dosi medie singole efficaci);

c) dalle modalità di conservazione e custodia della sostanza medesima (una busta di oltre 1 Kg all’interno della sua abitazione ed altri cinque panetti, in pietra, occultati all’interno della sua autovettura nella ruota di scorta): elementi ritenuti come deponenti per un giudizio di straordinaria pericolosità dell’imputato, in quanto segnali inequivoci di rapporti già consolidati, diretti od indiretti, con i fornitori ed un numero elevato di possibili acquirenti, tant’è che è stata ritenuta sussistente l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 (seppure ritenuta dal G.U.P., nel giudizio di bilanciamento delle circostanze, equivalente alle attenuanti generiche riconosciute per lo stato di incensuratezza dell’imputato).

Da ciò la coerente conclusione del giudice cautelare circa la permanenza di eccezionali esigenze cautelari, non coincidenti con una normale situazione di pericolosità della persona, ma idonee a causare "un’accentuata e singolare esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività".

Trattasi di un compendio di variabili di alta dissocialità, da valutarsi in un’ottica comparativa, e di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale, rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, anche in termini di probabilità.

Il ricorso pertanto non può essere accolto, qui ulteriormente osservandosi che il giudizio complessivo sulla "rilevanza eccezionale delle esigenze cautelari", agli effetti dell’applicazione del disposto dell’art. 89 citato, integra un giudizio di fatto, il quale, non è censurabile in sede di legittimità, tutte le volte in cui, come nella specie, esso sia condotto e sviluppato nel rispetto delle regole che presiedono la logica dell’argomentare, e sia altresì fondato su una serie coerente di ragionevoli letture della realtà, secondo massime di comune esperienza ed in relazione all’id quod plerumque accidit.

Inoltre, a tale profilo di inaccoglibilità si accompagna l’ulteriore causa ostativa data dalla circostanza che nella specie risulta contestato il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 il quale – pur bilanciato dal G.U.P. ex art. 69 cod. pen. – mantiene intatta la sua forza preclusiva in relazione al disposto della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4 con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, comma 4. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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