Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-04-2011) 05-05-2011, n. 17704

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.S., veniva sottoposto dal GIP presso il tribunale di Bologna, con ordinanza del 17 giugno 2010, confermato dal tribunale della stessa Città, alla misura cautelare della custodia in carcere ed estradato dagli Stati Uniti d’America, perchè indagato per violazioni fiscali, bancarotta di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 2, e art. 223, comma 2, nn. 1 e 2 in relazione al fallimento della POINT ONE spa, della quale era gestore di fatto oltre che fiduciario di P.P., altro amministratore di fatto della società, e violazione dell’art. 648-ter cod. pen., in relazione al reimpiego di danaro di provenienza delittuosa provento delle attività dell’associazione mafiosa denominata clan Arena, che aveva la sua base in (OMISSIS) e si avvaleva dell’opera dei fratelli G.F. e G.T. per la cura degli interessi economici del clan in provincia di Modena, reati aggravati dalla circostanza di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

L’istanza di revoca della misura cautelare nel frattempo proposta veniva rigettata dal GIP in data 10 novembre 2010; il tribunale del riesame di Bologna, con ordinanza del 20 dicembre 2010 rigettava l’appello del P..

Con il ricorso per cassazione avverso tale ultimo provvedimento P.S. deduceva, con riferimento alla pretesa sussistenza delle esigenze cautelari consistenti essenzialmente nel pericolo di recidiva, la violazione degli artt. 292, 274 e 275 cod. proc. pen. e la omessa motivazione risultante dal testo del provvedimento.

Con memoria difensiva depositata in data 11 aprile 2011 il difensore riproponeva le questioni poste con il ricorso e precisava che l’ordinanza del tribunale di Bologna, che aveva confermato quella impositiva della misura era stata annullata dalla Corte di Cassazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Con successiva nota depositata il 16 aprile 2011 il difensore che aveva firmato il ricorso rinunciava allo stesso perchè nelle more il tribunale di Bologna, quale giudice di rinvio, aveva escluso la citata circostanza aggravante, cosicchè P.S. era stato rimesso in libertà per essere scaduti i termini di custodia cautelare per i reati contestati.

La rinuncia al ricorso determina la inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 591 cod. proc. pen., lett. d).

Il ricorrente non va condannato al pagamento delle spese e di una somma alla cassa delle ammende perchè il ricorso verteva soltanto sulla sussistenza delle esigenze cautelari, cosicchè, essendo stato nelle more liberato il ricorrente, si è verificata una sopravvenuta carenza di interesse al ricorso stesso.

Dal momento che il ricorrente è stato liberato non sono necessari gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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